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02/10/2022

La fine dell'illusione delle banche centrali

di Guido Salerno Aletta

In troppi si sono illusi della onnipotenza delle Banche Centrali, capaci di creare moneta dal nulla, solo liquidità, semplice strumento: non è Ricchezza, e meno ancora è Capitale in grado di produrne.

Comprando titoli di Stato già circolanti sul mercato, oppure prestando nuova moneta a medio termine al sistema bancario, come ha fatto la BCE con i T-LTRO, le banche Centrali hanno solo offerto strumenti idonei a tramutarsi in nuovi investimenti, oppure in nuovo credito. La nuova liquidità, altrimenti, sarebbe rimasta inoperosa, come spesso è rimasta ferma, a ciondolare tra un deposito e l'altro.

Al collasso della fiducia derivante dalla Grande Crisi Finanziaria Americana del 2008, prontamente doppiata a partire dal 2010 dai default bancari e dei debiti sovrani in Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, si è risposto con immissioni di nuova moneta, che consentiva di aumentare la domanda degli asset caduti a valori irrisori per via delle vendite sui mercati.

Si pompava liquidità, si dava valore con questa nuova domanda, ad asset già esistenti. E, naturalmente, si creava l'opportunità di investimenti.

L'acquisto dei titoli di Stato da parte delle Banche Centrali, per importi ampiamente superiori alle nuove emissioni nette di debito, ha creato una pressione inverosimile sui rendimenti, portandoli in Europa a tassi anche nominali negativi.

La pandemia ha fatto replicare, nel biennio 2020-2021, lo stesso paradigma: liquidità a manetta, che ha vagato inoperosa in attesa di occasioni di lucro. I tassi di interesse sono rimasti a livelli infimi.

La repressione finanziaria che ne è derivata azzerando i rendimenti o rendendoli negativi in termini reali per oltre un decennio, dal 2008 al 2020, ha favorito i debitori a discapito degli investitori, rallentando però anche il ciclo degli investimenti produttivi. Questo è stato il primo inconveniente: la liquidità ha preso decisamente la strada della speculazione, comprando futures di materie prime, di prodotti agricoli, di prodotti energetici.

Alla ripresa, nei primi mesi del 2021, i nodi sono venuti al pettine: il risparmio accumulato inoperosamente si è tramutato in nuova domanda e l'offerta ha catturato il mercato aumentando i prezzi. L'onda lunga dei sostegni pubblici precedenti, volti a far superare la crisi economica derivante dalla epidemia, ha contribuito a sostenere la domanda e a far aumentare i prezzi.

La Federal Reserve americana, per contrastare l'inflazione interna, ha preceduto tutte le altre banche centrali aumentando i tassi di interesse: questa decisione ha avuto una immediata ripercussione negativa sul mercato dei capitali, attratti dagli impieghi in dollari, e dunque su quello dei cambi mandando a picco l'Euro, lo Yen e la Sterlina, tanto per citare le valute principali. Un meno 20% in un anno rispetto al dollaro, a cominciare dalla primavera del 2021, ha creato enormi problemi in termini di inflazione imbarcata per via dei maggiori costi all'importazione.

Alzare i tassi di interesse è difficile, tanto in Europa che in Giappone e pure in Inghilterra: ma se non si alzano, i capitali fuggono verso il dollaro.

Come se non bastasse, la crisi energetica in Europa, e le prospettive di un inverno durissimo, hanno indotto il governo britannico a varare un piano monstre di sostegno all'economia: tutto finanziato a debito. Gli spread sui titoli di Stato britannici rispetto ai Bund tedeschi hanno superato quelli di Italia e Grecia, imponendo alla BoE di intervenire, comprando titoli sul mercato, per evitare un tracollo. E, nel frattempo, la sterlina era già caduta ai minimi storici rispetto al dollaro, come l'euro che ormai quota attorno a 0,96 quando era stato stabilmente attorno ad 1,20 per un decennio.

Alzare i tassi di interesse e drenare liquidità non serve a molto: i problemi dell'inflazione da prezzi all'importazione sono incontrollabili, i rapporti di cambio verso il dollaro collassano, i tassi di interesse sui debiti pubblici si impennano, la recessione si preannuncia sempre più pesante.

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