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12/10/2022

Non “giornate dei morti su lavoro” ma mai più giorni in cui si muoia di lavoro

Quanta vuota retorica nella “Giornata nazionale morti sul lavoro”: in 9 mesi 800 vittime, 3 al giorno. Lasciando perdere le parole assolutamente inutili e fumose di Mattarella, prendo ad esempio il discorso tutta aria fritta dell’ancora in carica ministro del lavoro, Andrea Orlando (PD) fresco di sfilata in prima fila alla manifestazione nazionale della CGIL di sabato scorso:

“Quello che ho imparato in questa esperienza, è che per quanto si agisca sul piano normativo, repressivo, dei controlli, questo è solo un fronte della battaglia. Un secondo piano, altrettanto importante, è quello culturale, della consapevolezza sia delle imprese che dei lavoratori. Proprio per questo ripeto che serve un grande patto sociale e culturale per riconoscere ai lavoratori la giusta dignità, i giusti trattamenti economici e di welfare, i diritti e standard adeguati di sicurezza”.

“Piano normativo“? “piano repressivo“? “piano culturale“, “nuovo patto sociale“? Ancora un altro “patto”(ne hanno collezionati a decine, uno più inutile dell’altro)?

Ma la perla che supera tutte è “la consapevolezza della imprese“. Povere imprese che, al vaglio dei (pochi) controlli dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nel 2021, sono risultare irregolari al 62%.

Insomma, al solito, nemmeno mezza parola sul famigerato “jobs act”. Una legge criminale che hanno votato tutti, Orlando compreso, e che, avendo abrogato l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (1970), ha fatto scivolare ogni lavoratore in una condizione di ricattabilità e subordinazione estrema nei confronti del padrone al punto che la stragrande maggioranza di loro preferisce tacere sui fattori di rischio per la propria sicurezza e salute pur di non di perdere il posto di lavoro.

Questo è. Tutto il resto è fuffa buttata lì per evitare di parlare di questa porcata fatta si da Renzi ma che tutti quelli venuti dopo di lui si sono tenuti ben stretta con l’avallo dei soliti sindacati complici.

Sappiamo che quasi mai si tratta di “tragici e sfortunati incidenti”. Queste morti sono il frutto di un sistema infernale tutto orientato al massimo profitto e all’aumento esponenziale dei tassi di sfruttamento dei lavoratori reso ancora più feroce proprio dall’introduzione e dall’uso massiccio delle nuove tecnologie digitali e dei dispositivi per il controllo a distanza dei lavoratori che impone ritmi di lavoro massacranti e, per ciò stesso, li espone ad un aumentato rischio di errori ed incidenti anche mortali oltre che ad una serie infinita di patologie più o meno gravi.

Un sistema che uccide anche durante i percorsi di formazione scolastica, come dimostrano le morti degli studenti in alternanza scuola-lavoro. E non dimentichiamo nemmeno i tanti morti in itinere, ovvero, quei lavoratori deceduti nel tragitto da o verso il luogo di lavoro.

Sono decessi che avvengono a causa di ritmi ed orari di lavoro insostenibili, come quelli dei riders che, pagati a cottimo, sono costretti a fare più consegne nel minor tempo per guadagnare somme che rimangono irrisorie.

La verità è che i padroni continuano a vedere le norme e le misure a tutela della sicurezza di chi lavora come un costo inutile, da evitare perché intacca i profitti. E allora, sic stantibus rebus, soltanto l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro può essere un deterrente reale contro gli omicidi – perché di questo si tratta – sul lavoro.

Non c’è alternativa: per fermare questa orrenda carneficina quotidiana di lavoratori ci vuole una legge seria che introduca il reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro.

Insomma, il tempo delle chiacchiere vuote ed inutili è finito perché nonostante tutte le buone intenzioni di cui sono generalmente lastricate le strade del paradiso, di lavoro si continua a morire, ogni giorno, grazie a lorsignori.

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