C’era una volta Limes, autorevole rivista di geopolitica. Il servizio realizzato dalla stessa a proposito dell’assalto bolsonarista alle istituzioni brasiliane costituisce infatti quanto di peggio ci si potrebbe aspettare in termini di analisi obiettiva della situazione e di contributo scientifico a chiarire cause e prospettive di quanto sta avvenendo in Brasile, confermando il pregiudizio, vivo nei più, che la scienza politica in realtà ha ben poco di scienza e molto di politica, e spesso di politica di bassa lega. Colpevole ne è in prima istanza tale, Carlo Cauti, docente di geopolitica all'Ibmec (Instituto Brasileiro de Mercado de Capitais (IBMEC), l’Università gestita, a detta dell’intervistatore, dalla Confindustria brasiliana o “qualcosa del genere”. Ma colpevole pure, se non altro per piatta accondiscendenza nei confronti delle castronerie snocciolate a ripetizione dal suddetto professore confindustriale, la stessa Limes. Il che indubbiamente dispiace, data la meritata reputazione di serietà scientifica del suo direttore Lucio Caracciolo.
Fra tali castronerie c’è addirittura una sorta di riesumazione postuma del complotto del giudice Moro, il quale secondo l’esperto di faccende brasiliane interpellato da Limes avrebbe avuto sostanzialmente ragione, tanto è vero che le condanne contro Lula sarebbero state a suo dire arbitrariamente annullate da un giudice della Corte suprema che avrebbe agito a titolo individuale su diretta ispirazione del P.T. Non ci resta che consigliare a Cauti qualche salutare e formativa lettura in materia, tra le quali il libro Fare la guerra con il diritto. Introduzione al Lawfare - Versione Brossura (librerie.coop), scritto da Cristiano Zanin Martins, Waleska Teixeira Zanin Martins e dall’accademico Rafael Valim (recentemente tradotto in italiano dal Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia /Gruppo d’intervento giuridico internazionale) che fra le altre cose contiene un resoconto dettagliato e preciso della persecuzione giudiziaria contro Lula.
L’altro inaccettabile sfondone, visibile fin dal titolo dato al “servizio” consiste nel prefigurare una guerra civile imminente che sprofonderebbe nell’abisso il grande Paese latinoamericano, che l’esperto parrebbe vaticinare come possibile o addirittura probabile dato l’esiguo scarto tra i votanti che si è registrato in occasione delle ultime presidenziali. Democrazia e sue regole non pervenute, considerando che si tratterebbe di democrazia ancora “giovane” e in sostanza primitiva e selvatica. Fra le righe si intravvede una, neanche tanto dissimulata, simpatia e comprensione profonda per Bolsonaro e i suoi boys, con tanto di lamentele in classico stile fascioleghista sul “parassitismo” dei poveri.
Tutto il mondo è Paese, pare di dover concludere, e quindi non sarebbe certo casuale se, per sottrarsi ai giusti e inevitabili rigori della legge brasiliana, a norma della quale dovrà essere presto giudicato per innumerevoli misfatti, da ultimo quelli associati a questo assalto a metà strada tra il tentato golpe e la pantomima pagliaccesca di quanto avvenuto negli Stati Uniti nel gennaio 2021, Bolsonaro e famiglia chiedessero asilo politico in Italia, dove si affidano alla comprensione di Meloni, Salvini & C..
Ma guai a relegare le fanfaluche del professore tra mere dimostrazioni di inadeguatezza scientifica e accademica. Appare velenosa, tra una balla e l’altra, l’evocazione del colpo di Stato vero, ad esempio laddove ci informa, probabilmente sulla scorta di sue esperienze e frequentazioni personali, che l’avversione nei confronti di Lula è alle stelle non solo fra gli altri gradi militari, alcuni dei quali si sarebbero dimessi pur di non dovergli giurare obbedienza, ma in seno alla truppa non solo delle Forze armate ma della Polizia, compresa la potentissima Polizia militare.
Tutto diventa più chiaro, del resto, alla luce di un sia pure sommario esame del curriculum vitae di Cauti, il quale risulta essersi candidato, senza venir eletto, con il Partido Novo, il partito più spietatamente neoliberista del Brasile, al punto di considerare Bolsonaro un traditore dei "valori di mercato". Un’ennesima conferma dell’elementare verità che neoliberismo e golpismo, sulla scorta del luminoso e storico esempio offerto da Pinochet quasi cinquant’anni fa, vanno d’amore e d’accordo. E del resto, se la maggioranza degli elettori non vuole convincersi della necessità di accordare supremazia incontrastata al “mercato”, sarà pure lecito farli rinsavire a suon di bastonate e colpi d’arma da fuoco.
Non è del resto la prima volta che improbabili analisti politici e strategici si lanciano in spericolate previsioni sulla prossima catastrofe di questo o quel Paese latinoamericano. Ricordiamo qualche anno fa un ricercatore, che scriveva per l’Istituto affari internazionali, profetizzare l’imminente “sirianizzazione” del Venezuela. Oggi tocca al Brasile e l’intollerabile sciatteria di un ricercatore coi suoi forti pregiudizi politici, precipita oniricamente anche il grande Brasile nella disgrazia e nella guerra civile. Ma ad affondare davvero, dopo lo IAI, è oggi anche Limes. Peccato davvero.
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