di Mauro Baldrati
Non è un testo di narrativa, ma un memoriale tecnico, che si attiene ai fatti, che sono sempre documentati e verificabili. È lo stile di un ex maresciallo capo della Guardia di Finanza del Nucleo Operativo Antidroga, abituato a redigere rapporti esatti. Il capitolo iniziale, benché redatto col linguaggio essenziale del poliziotto, potrebbe essere utile allo scrittore di gialli o di serie poliziesche.
L’attività nella Guardia di Finanza è stata prevalentemente svolta presso importanti sedi operative, come ad esempio Roma e Napoli.
Napoli, in particolar modo, è un reparto a intensa attività operativa e controllo del territorio come perquisizioni, arresti, sequestri di ogni genere di merce, attività antidroga, appostamenti presso i luoghi di sbarco delle sigarette, inseguimenti in auto, appostamenti in luoghi di fortuna e durante le più diverse situazioni climatiche, nonché tantissime ore in macchina a pattugliare tutta la Campania.
A Roma, presso il Nucleo Centrale di Polizia Tributaria, fui assegnato al Gruppo Operativo Antidroga (G.O.A.). Una regola del servizio operativo è che si conosce l’ora di inizio del turno, ma non si è mai certi di finire all’ora prevista, perché accade spesso di protrarre l’orario per imprevisti o altri improcrastinabili motivi.
Prestare servizio al G.O.A. di Roma, con autonoma competenza operativa su tutto il territorio nazionale, vuol dire che non esistono regole. Da Roma, infatti, è possibile esercitare attività operativa in qualunque altra Regione d’Italia, in ragione delle indagini in corso, senza alcuna autorizzazione.
L’attività investigativa si coordina anche con paesi esteri, ove esistono sinergici accordi di cooperazione Interpol, al contrasto del traffico di sostanze stupefacenti.
Ognuno fa parte di una precisa squadra operativa che segue le indagini con ogni mezzo: intercettazioni, pedinamenti, appostamenti e qualsiasi altra utile azione. La squadra operativa che segue l’indagine si alterna negli appostamenti, nelle intercettazioni, nei pedinamenti e deve tempestivamente essere sempre pronta a qualsiasi evenienza, anche nell’affrontare subitanei viaggi, qualora l’attività operativa lo richiedesse.
Un esempio: pedinamenti da Roma a Milano e poi da Milano a Siracusa, poi chissà dove e, nel frattempo, se i pedinati, si avviano in percorsi con separate destinazioni, anche la pattuglia deve essere tempestivamente pronta a garantire il continuo monitoraggio degli indagati.
Le organizzazioni criminali, per ovvi motivi, si muovono senza preavviso. Possono capitare settimane o mesi di appostamenti. Può capitare di monitorare uno o più soggetti per lunghi periodi, e intercettare in tempo reale le conversazioni, e quindi bisogna sempre essere immediatamente pronti a tutto, secondo quanto carpito dall’intercettazione o da quello che avviene.
Non esiste vita privata. Si saltano i pasti, si dorme spesso in macchina, si effettuano estenuanti turni di servizio a prescindere dal clima o dalle stagioni.
Non esiste vita privata. Forse per questo quando arriva la mazzata si trova completamente solo, a parte la madre e la sorella che lo considerano impazzito? I dolori alla cervicale, intensi e continui, iniziano nel 2001. Le visite all’ospedale militare danno un responso preciso: artrosi, generata e complicata dal servizio. Da qui parte la spirale. I dolori aumentano progressivamente, finché nel 2007 viene messo in congedo, imbottito di farmaci oppiacei. E qui la lingua chirurgica, legalistica, scende nel privato di un malato sofferente confinato in un isolamento totale:
Impossibile dormire, percepivo sempre dolore e mi sentivo sempre più intossicato.
Mi alzavo durante la notte con crisi di tosse, senso di nausea e vertigini, erano crisi fuori controllo. Questa era diventata la mia vita: notti insonni, dolori, tosse, vertigini, depressione e solitudine. La mattina mi alzavo dal letto incordato e intorpidito non solo nei movimenti, ma anche nei pensieri. Tutto troppo faticoso da accettare e da gestire. Ogni giorno che passava, la mia salute peggiorava.Con la mente intorpidita dai farmaci oppiacei e il fisico distrutto dal dolore, non riuscivo a svolgere la minima attività motoria, come ad esempio fare una passeggiata di poche centinaia di metri.
Intanto si sta diffondendo la notizia che la cannabis è un potente antidolorifico. E soprattutto non produce gli effetti collaterale degli oppiacei. L’autore fa capire che, col suo mestiere, la conosceva già, al di là del tremendo pregiudizio proibizionista diffuso tra la popolazione ma soprattutto tra la casta politica. Così, nel 2013, decide di sperimentarla. Ne parla con la madre e con la sorella, che è pure medico, le quali vanno fuori di testa: Ma come! Un finanziere che vuole farsi le canne?
Questa infatti è l’unica modalità a disposizione: comprare l’erba dai pusher di strada, a Catania, dove vive, e fumarla.
Nel frattempo, in rete, acquisivo straordinarie notizie sulla sua potenzialità terapeutiche e, guidato dallo spirito di sopravvivenza, a prescindere da tutto e tutti, mi convinsi a rinnovare l’esperienza. Accantonai i farmaci oppiacei e iniziai a consumare cannabis acquistata attraverso il mercato nero.
Non avevo alternative. Sei anni di oppiacei avevano solo intossicato il corpo e la mente, senza riuscire, anche minimamente, ad alienare il dolore.
Scopre che, oltre ad alleviare il dolore, è anche un ottimo antidepressivo, migliora l’umore, scaccia i pensieri neri e l’immobilismo degli oppiacei. L’operazione Black Market va avanti fino al 2021, narrata in un efficace reportage, sempre con lo stile giuridico-chirurgico, sui costi che prosciugavano la sua pensione, i disagi per trovare un pusher, il terrore di restare senza roba, lo sregolamento mentale derivante dal suo passato di persecutore passato consumatore, quando finalmente una USL siciliana, quella di Messina, tra enormi difficoltà e disinformazione diffusa (la cannabis come porta di accesso all’eroina e alla cocaina), decide di applicare la legge che risale addirittura al 2007 sull’uso della cannabis terapeutica, in seguito all’entrata in vigore della legge n. 172 del 2017, che autorizza l’Istituto Farmaceutico Militare a produrre la cannabis per uso terapeutico. Precedentemente infatti la materia prima era di difficile reperimento, comprata dall’Olanda e dispersa nello stagno della completa disinformazione dei medici e delle unità sanitarie.
Anche qui la vita è dura. È sempre dura quando si tratta di applicare un po’ di giustizia. Deve ottenere un piano terapeutico semestrale dal medico specializzato di un centro antidolore e portarlo al suo medico di base. Il quale rimane addirittura scioccato, non sa nulla di nulla della materia e si rifiuta indignato di rilasciare la prescrizione. Sarà la sorella medico, nel frattempo passata dalla sua parte, a intervenire e spiegare al medico di base la legislazione vigente.
Ma la vita continua a essere dura. La sua Usl di Catania non si muove, per cui è costretto a percorre 180 chilometri da Catania a Messina e ritorno per consegnare il piano terapeutico e poi una volta al mese di nuovo per ritirare la roba, che viene fornita in dosi mensili.
La vita è sempre dura, ma decisamente migliore. Tra indignate e condivisibili riflessioni sull’ipocrisia imperante, la mancata informazione sui benefici della cannabis terapeutica, la speculazione senza scrupoli della Destra che cavalca l’immarcescibile pregiudizio della droga, gli enormi profitti della criminalità grazie all’arcaico, barbarico proibizionismo, il nostro ex Maresciallo Capo del NOA è rinato. Ha cacciato la pinguedine e la depressione provocata dagli oppiacei, fa attività fisica ed è diventato un attivista a favore della legalizzazione della cannabis. Che, si può dire a voce alta, gli ha salvato la vita.
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