di Guido Salerno Aletta
Siamo stati abituati a considerare l'inflazione come un fenomeno che ha due possibili cause: o l'aumento eccessivo della domanda a cui non corrisponde una offerta adeguata, ovvero l'aumento dei costi di produzione che vengono scaricati sui prezzi.
L'inflazione può dipendere ovviamente anche da aumento della circolazione monetaria: in questo caso è la moneta che si svaluta rispetto alla merce.
Il violento aumento dei prezzi cui si assiste dalla primavera del 2021 deriva da una serie di cause, non ultima la pesante caduta della attività economica registrata a causa della pandemia. L'aumento delle materie prime all'importazione, in particolare i prodotti energetici come il gas acquistato sui mercati spot, ha determinato un aumento dei costi per le imprese e per i cittadini.
Le Banche centrali sono intervenute per abbattere l'inflazione, riducendo drasticamente la liquidità ed aumentando i tassi di interesse: ciò determina da una parte la rarefazione del nuovo credito che influisce sulla crescita economica, e dall'altra maggiori costi per il servizio del debito già contratto a tassi variabili o che è da rinnovare comunque alla scadenza, come accade per il debito pubblico.
In realtà, non essendoci stata una pressione eccessiva da parte della domanda, i prezzi al consumo sono aumentati per compensare i costi delle imprese.
Il Governatore della Banca d'Italia Visco ha infatti sostenuto di recente che: "Abbiamo effettuato delle analisi, e c'è anche un lavoro pubblicato da cui emerge che i margini di profitto non sono saliti nel 2022". Quindi, l'aumento dei prezzi, nella maggior parte dei casi, sarebbe servito semplicemente a compensare il costo più elevato dei beni energetici, a cominciare dal gas, e non a realizzare utili di bilancio.
Il problema viene adesso, ha aggiunto Visco, che il costo dell'energia scende: se i prezzi finali non tenessero conto della discesa, di fatto calando pure loro, "i margini possono effettivamente salire".
Sappiamo bene che esiste una forte vischiosità dei prezzi al ribasso. Nel caso dei carburanti automobilistici è stata una questione sollevata spesso dalle associazioni dei consumatori: quando il prezzo del barile di petrolio sale, il prezzo alla pompa della benzina cresce immediatamente; mentre quando scende il prezzo delle benzina cala assai più lentamente.
C'è un problema più generale: in ogni azienda, il budget dell'anno si fa cominciando dal margine di profitto atteso dagli azionisti. A cascata, sulla base dei costi, si decidono i prezzi da praticare alla clientela.
Qui sta il punto, oggi: l'aumento dei tassi di interesse ha un effetto sulla dinamica economica, che tende a rallentare. Ma se la domanda di mercato non cresce, o addirittura si riduce, si determina una pressione al ribasso sui fatturati delle imprese, che si vedono erodere il margine di profitto. E dunque, in queste condizioni, le imprese sarebbero estremamente restie a ridurre i prezzi di vendita anche se i loro costi diminuiscono.
In pratica, ha già ragionato così l'Arabia Saudita che ha deciso di prolungare anche al 2024 il taglio alla produzione di petrolio decisa per quest'anno: la flessione del prezzo del barile, determinata dal rallentamento delle economie dei Paesi importatori, faceva diminuire i suoi margini di profitto.
Il paradosso, dunque, oggi è questo: visto che i consumi di petrolio calano per la politica monetaria restrittiva, e che il prezzo del barile era sceso conseguentemente per la minore domanda, i produttori di petrolio decidono di tagliare la produzione per mantenere alti i prezzi. Anzi, per farli risalire. A costo di creare un ulteriore contraccolpo sui consumi dei Paesi consumatori, riducendoli ancora.
È facile prevedere che si comporteranno così anche le imprese: una contrazione della domanda dei consumatori, pur a fronte di una riduzione dei costi di produzione, non porterà ad una riduzione dei prezzi.
D'altra parte, anche il profitto di impresa, inteso come remunerazione del capitale investito, è un elemento essenziale in una economia di mercato: se aumenta il costo del capitale preso a prestito, per via dell'aumento dei tassi di interesse, anche il profitto deve adeguarsi.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento