Come minimo deve avere un po’ di confusione in testa Marcello Degni il giudice della corte dei Conti che sui social critica l’opposizione per non aver costretto il governo di centrodestra all’esercizio provvisorio e che ora rischia sanzioni da parte dei colleghi.
Nelle sue esternazioni da un lato evoca Francesco Saverio Borrelli che alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario nel gennaio del 2002 pronunciò il famoso triplice “resistere” con riferimento al governo Berlusconi e dall’altro lato posta elogiando la prima pagina del Manifesto in morte di Toni Negri “maestro attivo”.
Poi cita il filosofo padovano sul “comunismo come manifestazione gioiosa collettiva etica e politica che combatte contro la trinità della proprietà dei confini e della politica”.
Per Degni Toni Negri è un intellettuale raffinatissimo. La contraddizione nell’elogiare sia Borrelli sia Negri.
Il carceriere e il carcerato si potrebbe osservare, ricordando per esempio che Borrelli da giudice condannava per terrorismo senza prove “perché non poteva non sapere considerando la sua statura intellettuale” l’avvocato comunista Sergio Spazzali.
Il comportamento del giudice Degni ricorda l’indicazione di voto che diede Rossana Rossanda alle elezioni del 1984, “Toni Negri alla Camera e Pci al Senato”.
In quel caso la contraddizione era ancora più evidente perché eravamo nel pieno delle polemiche sul caso “7 aprile” con il pm Piero Calogero che aveva preparato i testimoni nei locali della federazione padovana del partito comunista italiano.
Ancora Degni dice che quando passa in via Fatebenefratelli pensa sempre a Pinelli voltato dalla finestra, alla ballata che recita “Calabresi e Guida assassini che un compagno avete ammazzato quella lotta non avete fermato la vendetta più dura sarà”.
Impossibile non domandarsi se questo giudice più che maggiorenne e vaccinato ormai alla soglia della pensione si renda conto della confusione che fa sulla storia politica del paese nel tentare di mantenere insieme i suoi miti.
Con le sue esternazioni di oggi è ancora di più con quelle passate che riemergono riesce a togliere dall’imbarazzo (eufemismo al massimo grado) il governo per il “botto” di Capodanno nel biellese.
Insomma il giudice Marcello Degni avrebbe bisogno di riflettere, di studiare, di informarsi e soprattutto di pensare a quello che dice perché non se la può certo cavare spiegando che quanto afferma sui social sarebbero pensieri personali i quali non c’entrano con l’attività di giudice.
La toppa è peggio del buco.
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