Il governo Meloni ha ufficialmente presentato il “Piano Mattei per l’Africa” nella giornata di ieri a Roma. “Il Piano Mattei può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti operazioni a dono e garanzie”, ha detto la premier Giorgia Meloni, aprendo la conferenza Italia-Africa nell’Aula del Senato. Meloni ha aggiunto che dei 5,5 miliardi, “circa 3 miliardi arriveranno dal fondo italiano per il clima e circa 2,5 miliardi dalle risorse della cooperazione allo sviluppo. Certo, non basta – ha aggiunto – per questo vogliamo coinvolgere le istituzioni internazionali e altri stati donatori”.
Si può ben dire che se l’intenzione è buona, la dotazione economica che lo sostiene appare piuttosto gracile, ed anche lo standard di credibilità politica dell’Italia in Africa non è più quello di trenta anni fa. Non solo. Neanche l’Africa è più quella di tre-cinque anni fa. L’Italia quindi non ha rendite di posizione da sfruttare, tutt’altro.
Secondo il quotidiano francese Le Monde, espressione di uno storico competitore dell’Italia in Africa, “a differenza della Francia, che si ritira sul continente, Roma, che vi considera intatta la sua immagine, è lieta di sfuggire alle accuse di neocolonialismo, e si atteggia quindi a facilitatore delle relazioni euro-africane. Per Meloni, sia la geografia che la politica predispongono la penisola italiana a diventare un ponte tra i due continenti. A questa idea si affianca un’aspirazione molto concreta a fare dell’Italia un hub tra le risorse energetiche africane e i mercati europei”.
Diversamente il giornale Politico scrive che “vista l’ambizione del progetto, Meloni sta facendo una scommessa significativa. Il successo potrebbe fornire il riconoscimento mainstream che brama come statista conservatrice internazionale; ma l’Africa è un luogo enorme e complesso, e il frutto della sua strategia, se ce ne sarà, potrebbe richiedere anni se non decenni per maturare”. Il giornale statunitense aggiunge che “il piano di Meloni contiene molte potenziali insidie, dicono i critici, a partire dal fatto che i leader africani compreranno ciò che il leader italiano sta vendendo”.
Al vertice di Roma hanno partecipato i rappresentanti di 45 paesi africani tra cui i presidenti di Comore, Congo, Eritrea, Ghana, Guinea Bissau, Kenya, Mauritania, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Senegal, Somalia, Tunisia, Zimbabwe; i vicepresidenti di Benin, Burundi, Costa d’Avorio, Gambia, Guinea Equatoriale, i primi ministri di Cabo Verde, Eswatini, Etiopia, Gibuti, Libia, Marocco, Sao Tomé e Principe, Uganda; i ministri degli Esteri di Algeria, Angola, Congo, Ciad, Egitto, Malawi, Madagascar, Ruanda, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania, Togo, Zambia, Sud Africa; gli ambasciatori di Botswana, Camerun, Mauritius, Lesotho, Namibia, Seychelles.
Diversi presidenti africani hanno preferito rimanere nel continente per seguire le partite delle varie nazionali nella Coppa d’Africa.
Presenti al vertice anche il presidente dell’Unione africana Azali Assoumani e il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki. Quest’ultimo ha gelato la Meloni quando nel suo intervento ha sottolineato che l’Unione Africana non era stata consultata per la convocazione del vertice in Italia. Ma a molti sarà anche tornata in mente l’imitazione dello stesso Faki da parte di due comici russi che ingannarono in uno scherzo telefonico proprio la Meloni alcuni mesi fa.
A presentare “i pennacchi” si sono precipitate a Roma anche le massime autorità europee come la Von Der Leyen, Michel e la Metsola. E fin troppo spesso le foto immagini del vertice hanno visto più primi piani degli invitati europei piuttosto che di quelli africani.
Il governo Meloni spera dunque di lasciare un’impronta sul piano dell’iniziativa internazionale e si dice pronto a investire in Africa per avere in cambio un forte contenimento dei flussi migratori.
Il piano Mattei è sotto il controllo diretto della Meloni e con una cabina di regia composta dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e dal ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Collaborano all’iniziativa anche la Conferenza delle regioni, l’Agenzia italiana per la cooperazione e quella per l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ma soprattutto Cassa Depositi e Prestiti, la Sace, e la Simest che supporta la presenza internazionale delle imprese italiane.
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