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30/01/2024

Francia - La rabbia degli agricoltori “assedia” la capitale

A partire dalle ore 14 di lunedì pomeriggio, la FNSEA – la maggiore organizzazione degli agricoltori francesi e i Giovani Agricoltori del Grand Bassin parigino – ha previsto otto “punti di blocco” sulle autostrade a qualche chilometro, o ad alcune decine, dalla périfephérique, il principale raccordo esterno che circonda la capitale.

La loro parola d’ordine è l’“assedio” della capitale, senza aver posto limiti temporali alla propria azione.

Si tratta di un “salto di qualità” di questo movimento di agricoltori, il cui malessere – a livello europeo – si è espresso in precedenza in tutto il Nord ed Est Europa (Polonia e Romania), in ultimo in Germania, e che sta in parte cambiando la geografia politica in alcuni paesi come è avvenuto in Olanda.

Anche in Italia, negli ultimi giorni, abbiamo visto il blocco del casello di Orte, punto di collegamento tra l’A1 e la superstrada per Ravenna; nonché alcuni blocchi stradali in Calabria.

Domenica sera il ministro dell’interno Gérald Darmanin ha annunciato il dispiegamento di 15mila uomini delle forze dell’ordine per impedire che i trattori entrino nella capitale e nelle grandi città della Francia, arrivando a bloccare il nevralgico centro della logistica alimentare sito a Rungis, nella periferia sud di Parigi – come una parte degli agricoltori aveva annunciato – così come degli aeroporti della zona attorno alla capitale.

Finora il nuovo governo del Primo Ministro Gabriel Attal ha scelto una linea piuttosto interlocutoria con il variegato mondo degli agricoltori francesi – che va dal vero e proprio agro-business ai piccoli coltivatori diretti – e delle assai differenti sigle che lo rappresentano.

Lo stesso Darmanin, caratterizzatosi per il “pugno duro” nei confronti delle proteste contro la riforma pensionistica ed ancora di più di quelle successive all’uccisione del giovane Nahel a Nanterre, ha invitato le forze dell’ordine alla moderazione, affermando che “non dovranno intervenire nei blocchi”, ma solamente “metterli in sicurezza”.

L’“assedio” a Parigi non è l’unica azione che la categoria sta mettendo a segno, dopo aver scelto il blocco degli accessi autostradali come forma di protesta.

Proprio il capo dell’esecutivo si è recato questa domenica mattina in visita ad una exploitation maraichère nella Indre-et-Loire prendendosela con le “ingiunzioni contraddittorie” che sono a suo parere imposte al mondo agricolo.

«Si lascia ancora troppo spazio ai discorsi che non considerano gli agricoltori, che li fanno passare per dei banditi, per coloro che inquinano», ha affermato Attal, aggiungendo che «la loro considerazione è assolutamente necessaria».

Il capo dell’esecutivo ha rivendicato con fierezza il settore agricolo come parte dell’identità francese, rimarcando il fatto che ciò che è in gioco «è anche l’indipendenza e la sovranità. Vogliamo dipendere di meno dagli altri e più da noi stessi».

Il governo intende quindi incanalare le proteste all’interno di questo binario, scegliendo la via del dialogo con la maggiore coalizione di forze del settore per limitare il più possibile l’impatto dell’azione degli agricoltori; anche per togliere spazio al possibile sfruttamento della protesta, in chiave elettorale, da parte dell’estrema-destra.

Anche la Presidente del gruppo parlamentare del RN (ex-FN) e tre volte candidata alla presidenza Marine Le Pen si è recata in un’azienda agricola nel Nord (Radinghem-en-Wappes) ed ha esortato il governo a «mettere in piedi un grande piano di salvataggio dell’agricoltura» e a far «uscire l’agricoltura dagli accordi di libero scambio»

Domenica, sul canale televisivo BFM-TV, il ministro dell’agricoltura, Marc Fesneau ha annunciato delle “misure complementari” a quelle per ora annunciate da Gabriel Attal ma che saranno rivelate dall’esecutivo “da martedì”.

Lunedì mattina, poi, su France 2, Fesneau ha di fatto affermato che l’annuncio delle misure sarà anticipato per «dare prova della volontà del governo di uscire dalla crisi, ma soprattutto di portare delle risposte concrete».

Il governo aveva annunciato alcune misure “tampone” come quella di soprassedere all’innalzamento della tassa sul gasolio agricolo (GNR), di disporre gli aiuti d’emergenza agli allevatori di bovini toccati per una malattia emorragica (MHE) – il cosiddetto “Covid delle vacche” – semplificare le procedure burocratiche e fare applicare la legge EGalim, destinata ad assicurare degli introiti decente agli agricoltori.

La FNSEA, che è la principale associazione di categoria degli agricoltori, chiede tra l’altro, la soppressione delle zone di divieto di trattamento ai prodotti fitosanitari (le ZNT), che fissa delle distanze di sicurezza in prossimità delle abitazioni per l’impiego di certi pesticidi.

Allo stesso tempo si oppone alla restrizione dell’uso di alcuni pesticidi e alcuni divieti di impiego di prodotti fitosanitari che sono in corso di discussione nel quadro del rinnovamento del piano Ecophyto.

Chiedono che la Francia porti a Bruxelles l’opposizione alla misura prevista dalla nuova politica agricola comune del mettere a riposo il 4% delle terre coltivabili. Una misura che riguarda soprattutto le aziende delle grandi culture cerealicole e non solo.

La FNSEA, fondata nel 1946 e comprendente la Federazione di allevatori dei bovini (FNB), punta il dito particolarmente contro gli accordi di libero-scambio e rappresenta quella parte del mondo agricolo più afferente all’agro-business ed ad un’agricoltura ad alto impatto ambientale e dei “grandi allevatori”.

È la prima organizzazione ad avere incontrato il nuovo capo dell’esecutivo, inviando lo scorso martedì un centinaio di richieste al governo, insieme ai Jeunes Agriculteurs, giovani sotto i 35 anni che hanno una azienda agricola che si dicono “apolitici ed indipendenti”, con cui costituisce la coalizione più forte.

Il loro principale rivale è la Coordination Rurale, fondata nel 1992 da agricoltori che si opponevano alla politica agricola comune in sede UE, e si collocano per così dire più “a destra” della FNSEA. Sono molto presenti ai blocchi, sono principalmente sostenuti dall’estrema destra.

La Confédération paysanne, fondata nel 1987, ha un orientamento decisamente più progressista ed è attenta ai temi ambientali, anche se condivide una parte delle richieste della FNSEA.

Integra la protesta e fa della giusta remunerazione uno degli assi centrali delle proprie rivendicazioni, in attesa di misure strutturali «con dei prezzi minimi garantiti, la regolazione dei mercati (compreso in Europa) e della gestione dei volumi».

Si lamenta dell’ascolto da parte del governo delle istanze “produttiviste” della FNSEA che «vanno a indebolire le norme e accelerare la concorrenza tra agricoltori», favorendo di fatto l’agro-business a discapito dei più piccoli coltivatori diretti.

Certamente è favorevole ad un alleggerimento dei carichi amministrativi, ma «senza che questo metta in discussione le norme che proteggono la nostra salute, i nostri diritti sociali ed il nostro pianeta».

Il movimento, partito di fatto il 18 gennaio sulla base del malessere a lungo inascoltata dello stratificato mondo rurale, è un “campo di battaglia” per le stesse associazioni di categoria che rappresentano porzioni e spaccati diversi dell’universo agricolo francese, già in parte emerso durante il movimento dei giletes jaunes.

Il tasso di povertà tra i contadini/allevatori è del 17%, più elevato che quello tra impiegati ed operai e comunque “il doppio” di quello della popolazione generale.

Una situazione aggravata recentemente dall’inflazione che ha aumentato il costo dell’energia, in particolare per ciò che concerne il “gasolio agricolo”.

Secondo uno studio, ogni giorno due agricoltori in Francia si toglierebbero la vita.

La concorrenza è sempre più pesante, aggravata dalle politiche decise dalla UE nel giugno 2022 di sostegno ai prodotti alimentari ucraini a cui sono stati temporaneamente sospese le tasse doganali nonostante non faccia parte dell’Unione e non è sottoposta alle normative vigenti per i produttori agricoli degli stati membri.

Questo combinato disposto ha prodotto una frustrazione crescente che si esprime in questo variegato movimento, la prima crisi politica del nuovo governo del Presidente Macron a qualche mese dalle elezioni europee.

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