Recentemente, su Repubblica è apparso un articolo che denuncia il progressivo smantellamento dei consultori in Italia a causa di tagli, “ristrutturazioni”, “riorganizzazioni” e “razionalizzazioni”. Nonostante la legge 34/1996 ponga un obiettivo di un consultorio ogni 20.000 abitanti, il numero medio di consultori in rapporto alla popolazione è di oltre 1/30.000 circa (dati 2022).
I consultori, istituti gradualmente nelle regioni italiane a partire dal 1975, sono uno strumento fondamentale di tutela della salute fisica e psicologica della donna (e non solo). Centri di ascolto e di trasmissione di informazioni e formazione sui temi della salute riproduttiva, gravidanza, allattamento, maternità e paternità che accompagnano le donne, e in generale le famiglie, in momenti estremamente delicati dell’esistenza, e che diventano cruciali specialmente per chi non può contare su reti familiari e sociali efficaci di protezione.
Tra le funzioni essenziali dei consultori vi è anche la facilitazione di percorsi informativi consapevoli che rendano effettivo il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza e ne definiscano bene i percorsi attuativi in ambienti psicologicamente protetti, allo stesso tempo prevenendo, tramite informazione ed educazione sessuale, le gravidanze indesiderate. La riduzione dei consultori o della loro capacità di accoglienza rischia quindi di minare, tra i vari diritti relativi alla salute riproduttiva e alla maternità della donna, anche il diritto ad un aborto consapevole. Del resto il diritto ad un aborto consapevole, protetto e accessibile è spesso in Italia nella pratica reso estremamente complesso da un altro noto fenomeno: quello degli obiettori di coscienza, ovvero quei medici che per vari motivi rifiutano di praticare l’interruzione di gravidanza: nel 2020 circa il 65% dei ginecologi italiani si dichiarava obiettore di coscienza. Si tratta peraltro di un dato medio che non tiene conto di situazioni territoriali ben più critiche: in altre parole se in alcune zone del paese la situazione è migliore, in altre è ben peggiore. In alcune distretti territoriali si arriva fino al 100% di obiettori rendendo di fatto inapplicato il diritto all’aborto territoriale e costringendo molte persone a spostamenti molto difficili. Considerando la distribuzione territoriale della popolazione e dei ginecologi, nonché la situazione generale disastrata della sanità pubblica italiana, praticamente in molte regioni di fatto il diritto all’aborto non è garantito o si può esercitare con enormi difficoltà.
Nonostante un crescente consenso popolare verso le tematiche di genere e la condizione sociale della donna, la classe politica italiana non è mai andata oltre le belle parole e le dichiarazioni di principio, affossando di fatto i diritti delle donne nel più generale attacco ai diritti sociali scatenato sotto la scure delle politiche di austerità e dei tagli. In particolare, i tagli alla sanità (in termini reali) per i prossimi anni previsti dal Governo Meloni in continuità con il decennio pre-pandemia non possono che riverberarsi sulla tutela collettiva della salute colpendo in primo luogo i gruppi sociali più fragili.
Di fronte ad una macelleria sociale meticolosamente programmata per gli anni avvenire e scolpita nella pietra dal nuovo patto di stabilità europeo, un beffardo dettaglio rivela con chiarezza (se ancora ce ne fosse bisogno) l’ipocrisia del mantra della scarsità delle risorse: le spese militari sono e saranno escluse nei prossimi anni dal computo dei limiti della spesa pubblica. Non la sanità (nonostante le decine di migliaia di morti della pandemia, le liste di attesa chilometriche e la degradazione del servizio pubblico), non l’ambiente (malgrado le urgenze poste dalla crisi climatica), non i diritti delle donne (di cui ci si riempie la bocca a parole), non l’istruzione (fondamentale per il futuro del paese), non il lavoro (che accomuna la stragrande maggioranza della popolazione che vive del proprio lavoro), ma le armi.
Del resto le pressanti richieste da parte della NATO di essere sempre più coinvolti nella guerra contro la Russia e l’interventismo in medio-oriente al fianco di Israele costano e ciò non collima con i dogmi del pareggio di bilancio. E così si ammette senza problemi o dibattiti l’eccezione a questi dogmi. Todo modo para buscar la voluntad divina. È difficile immaginare qualcosa di più disgustoso.
In definitiva si ammette che la teoria economica (sbagliata) che impone pareggi di bilancio, tagli e austerità si può tranquillamente mettere da parte quando gli interessi di lor signori lo vogliono, si ammette candidamente che non è una teoria economica, ma poco più di un nuovo latinorum per colpire le classi subalterne.
Emerge così con chiarezza la disumanità di un sistema economico che, per sopravvivere, necessita di sfruttamento e subordinazione e che per perpetrare la macchina dello sfruttamento si affida a diktat teorici funzionali a sforzi di sfruttamento supplementare diretti contro i più deboli. In questo quadro la battaglia per una sanità pubblica universale – entro cui si iscrive la battaglia per consultori diffusi e accessibili – è un passaggio necessario della lotta di chi rifiuta la logica della disumanizzazione e dello sfruttamento degli ultimi.
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