di Francesco Dall'Aglio
Un’estensione di quanto scritto ieri, e l’occasione di tornare, spero per l’ultima volta, su una questione che viene continuamente sollevata: le perdite russe.
Per vendere un conflitto futuro (indipendentemente dal fatto che ci sarà o meno, naturalmente) alla propria popolazione la paura non basta: occorre anche la promessa che sarà vittorioso, e senza nemmeno troppi problemi.
Sì, dovremo ripensare integralmente la nostra società, rinunciare ai nostri privilegi e alle nostre sicurezze, ma alla fine la guerra sarà vinta e riprenderemo a godere di tutte queste belle cose. Un piccolo sacrificio adesso per grandi vantaggi in futuro.
E quindi la Russia è certamente temibile e minacciosa, ma al tempo stesso il suo esercito può essere tranquillamente sconfitto dalla nostra superiore tecnologia e dalle nostre superiori tattiche.
La prova di questo, ci dicono, sono le perdite catastrofiche che i russi stanno subendo, sia in uomini che in materiali, dovute alla nostra superiorità tecnologica, alla tattica dell’ondata umana, l’unica che i comandanti post-sovietici conoscono (che poi non sia vero e non lo sia mai stato poco conta: chi andrà a leggersi qualcosa sulla “battaglia in profondità” sovietica? Ondate umane, terra bruciata, un fucile ogni due soldati e generale inverno, quest’è), e una generale inferiorità intellettiva e fisica che non voglio definire razziale perché qui siamo tutti liberal, ma che bene o male va in quella direzione.
E così ogni giorno pubblichiamo il bollettino delle perdite russe a cura del Ministero della Difesa ucraino e crediamo, per i motivi di cui sopra, che i numeri che ci forniscono siano corretti. Magari un filino esagerati, ma comunque ci siamo.
Va bene, vediamo se ci siamo.
Oggi saremmo arrivati a 375.000 morti russi. Non “perdite”, proprio morti. Facendo quindi il solito calcolo a spanne per il quale, più o meno, il rapporto tra morti e feriti/incapacitati è 1:3 o 1:4, avremmo un totale di perdite totali stimabile tra il milione e mezzo e il milione e ottocentomila.
Lasciamo perdere il fatto che non si ha alcuna evidenza di una situazione del genere, né dal punto di vista dei necrologi né dei funerali: la Russia, si sa, è una dittatura, i morti vengono sepolti in segreto, anzi ci sono i crematori mobili e le “macchine che li trasformano in cubi” (googlate, vi divertirete), nessuno sa davvero cosa succede eccetera.
Facciamo finta di crederci, e che davvero un milione e mezzo di russi siano o morti o cionchi. Una unità militare che perde il 25% dei suoi effettivi non è più in grado di portare a termine compiti operativi, può limitarsi solo a mantenere le posizioni; se perde il 50% degli effettivi sostanzialmente cessa di esistere come forza combattente.
Questo vorrebbe dire che le truppe russe al fronte sono in grado di assorbire più di un milione e mezzo di perdite senza arrivare al 25% dei loro effettivi: ovvero, se 1.500.000 è, diciamo, il 20% del totale, che la Russia ha al fronte 7.500.000 uomini – sette milioni e cinquecentomila – con i quali, tra l’altro, visto che non riesce ad avere ragione dell’Ucraina, non si vede come possa prepararsi a invadere il resto dell’Europa.
Mi fa specie che nessuno dei nostri Iacoboni abbia mai fatto un calcolo del genere, che è piuttosto semplice.
Certo, Iacoboni può ipotizzare che le unità russe al fronte siano sostanzialmente finite e che non ci siano più riserve, anche se allora non si capirebbe come mai gli ucraini (che pare non abbiano perso nessuno) non sfondino su tutto il fronte.
Ma incredibilmente qui mi viene in soccorso, tra tutti, proprio l’Institute for the Study of War, che il 12 gennaio scriveva, in un preoccupato thread su Twitter, che i russi hanno al fronte un totale di 462.000 uomini, che le loro unità sono al 95% dei loro effettivi, e non hanno problemi con la rotazione degli uomini al fronte – e queste informazioni sono state fornite dal generale Vadym Skibitskyi, vicecomandante dell’intelligence militare ucraina.
Tertium non datur, come al solito: o hanno al fronte sette milioni e mezzo di uomini, giustificando i 375.000 morti, o ne hanno 462.000, ne hanno persi incomparabilmente di meno e non hanno problemi a rimpiazzare le perdite. Giudicate qual è l’opzione più probabile.
EDIT - Mi viene fatta un’obiezione sensata: le perdite sono totali e vanno spalmate su due anni di guerra, mentre i 462.000 sono gli uomini al fronte adesso. Questo è certamente giusto, ma il computo totale non cambia: per quel ritmo di perdite dovremmo comunque avere 3.750.000 uomini al fronte ogni anno.
Inoltre il numero dei soldati al fronte ora, 462.000, è il più alto dall’inizio della guerra.
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