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14/01/2024

Il giorno di Israele alla Corte Internazionale di Giustizia

Dopo la prima udienza tenutasi davanti alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), durante la quale il Sudafrica ha motivato le ragioni per le quali chiede alla Corte di condannare Israele per il crimine di genocidio a Gaza, venerdì è stato il turno del team di difensori di Israele.

La difesa ha chiesto alla ICJ di fare cadere le accuse contro Israele perché infondate. Hamas è stato indicato come il responsabile unico di quanto sta avvenendo a Gaza. La reazione di Israele è stata presentata come un atto di autodifesa, conseguente agli attacchi dello scorso 7 ottobre.

I difensori hanno accusato il Sudafrica di riportare a caso le citazioni di ministri israeliani, che invocano e auspicano la distruzione di Gaza e dei palestinesi, che non avrebbero alcun ruolo nelle decisioni, perché queste vengono assunte dal gabinetto di guerra, di cui loro non fanno parte.

Le truppe israeliane, hanno proseguito gli avvocati, dietro ordine del Governo, starebbero facendo del loro meglio per assumere tutte le misure necessarie per ridurre i danni ai civili nella Striscia e si comporterebbero in conformità al diritto internazionale in caso di guerra.

Se il diritto internazionale in caso di guerra consente a uno stato di radere al suolo il territorio su cui vive un popolo, sia esso riconosciuto internazionalmente come stato oppure no, mietendo un numero di vittime elevatissimo, ferendone e mutilando una quantità di persone enorme, in un periodo di tempo molto ristretto, rendendo orfani migliaia di bambini e permettendo di affamare e assetare un popolo, impedendogli di avere accesso alle cure e ad ambienti e strumenti idonei per fare gli interventi chirurgici necessari, questo deve essere immediatamente cancellato e chi l’ha votato deve scusarsi con l’intera umanità.

Ma ovviamente non è così e Israele lo sa, così come lo sanno i suoi alleati, dagli Stati Uniti all’Unione Europea, che ripetutamente hanno chiesto a Israele di “contenere” gli attacchi e i danni ai civili.

Applaudito da una parte e criticato da un’altra, il procedimento avviato dal Sudafrica dovrebbe mantenersi dentro il perimetro giuridico, ma è ipotizzabile che le pressioni politiche sui giudici non verranno a mancare, per lo spessore delle parti in causa e il risvolto politico che questo caso inevitabilmente avrà a livello internazionale.

Sul banco degli imputati in fondo c’è Israele, considerata “l’unica democrazia del Medioriente” e alleata degli Stati Uniti, che rappresenta un popolo che ha conosciuto l’orrore dell’olocausto.

Ad accusarlo però di commettere un genocidio contro i palestinesi di Gaza c’è il Sudafrica, il paese di Nelson Mandela, terra che ha conosciuto l’orrore dell’aparthaid. Mandela aveva dichiarato: “Sappiamo troppo bene che la nostra libertà sarà incompleta senza la libertà dei palestinesi”.

E là, sotto il frastuono e la morte causata dalle bombe che cadono incessantemente, c’è Gaza, la terra dei palestinesi che, dalla nakba del 1948, non conoscono pace. In meno di tre mesi, circa l’1 per cento della popolazione palestinese è morta sotto gli attacchi israeliani e circa il 2,5 per cento è rimasta ferita.

Il senso di impotenza che si prova davanti alle immagini di Gaza ridotta in macerie fanno venir voglia di dire, nei momenti di maggiore sconforto, che non è importante (anche se in realtà lo è) che la ferocia riversata sulla Striscia venga definita “genocidio”, oppure “crimini di guerra” e “contro l’umanità” o “pulizia etnica”.

Ci si accontenterebbe che venisse riconosciuto che la morte violenta sotto le bombe oppure lenta, per fame, malattie e mancanza di medicinali, a cui la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, circa 2.5 milioni di persone schiacciate su un territorio di 360km2, è sottoposta, rappresenta semplicemente un crimine intollerabile e come tale deve essere contrastato dalla comunità internazionale.

Il Sudafrica ha il merito di provarci, mentre nessun segnale in tale direzione arriva dai Paesi che avrebbero il potere di fermare la strage in corso, Stati Uniti in primis. L’Unione Europea, grazie alla sua insipienza, ha purtroppo un peso specifico piuttosto contenuto nella politica internazionale. Si accontenta di scodinzolare dietro a Washington.

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