La prossima manovra di bilancio potrebbe mettere sotto tiro l’assegno unico familiare, anche se al momento una nota del Mef ha smentito la volontà di intervenire su questa prestazione sociale per le famiglie. Eppure sarà bene non dare nulla per scontato.
L’assegno unico universale, ovvero la principale misura di sostegno per le famiglie è entrato in vigore da marzo 2022, sostituendo i precedenti assegni familiari che erano però legati alla posizione contributiva. Lo percepivano solo i lavoratori dipendenti (anche in Naspi) e i lavoratori a progetto. Tutti gli altri, inclusi i disoccupati, no.
Il nuovo assegno unico familiare era così diventato – giustamente – una misura universale legata alla presenza di figli nei nuclei familiari, minorenni soprattutto, ma con qualche eccezione sopra i 18 anni per i nuclei numerosi.
La platea dei beneficiari, con il nuovo assegno familiari, si era dunque allargata. Secondo gli ultimi dati Inps sono oltre 6 milioni i nuclei familiari che ne hanno beneficiato per un totale di 9.549.571 figli che percepiscono il contributo.
Va ricordato però che l’assegno unico ingloba e sostituisce le detrazioni fiscali per i figli a carico oltre ad assorbire una serie di bonus sociali previsti per le famiglie. Non può sfuggire il dato che nella relazione di accompagnamento alla misura nel 2021 veniva previsto un risparmio rispetto al precedente istituto degli assegni familiari.
In sostanza le famiglie che lo ricevono sono più numerose ma gli introiti sono più bassi di quelli precedenti, come hanno scoperto molti percettori quando hanno cominciato a vedere la differenza tra quanto arriva come pagamento diretto dall’Inps e quanto percepivano prima direttamente sulle buste paga.
A meno di due anni dall’introduzione dell’assegno unico già si sta discute però di come mandarlo in soffitta o di una revisione della misura. La verifica sullo stato delle cose sarà nella manovra di bilancio di fine anno, per cui fino all’approvazione del testo di legge definitivo poco o nulla sarà certo.
La Repubblica del 29 agosto ha lanciato l’allarme, smentito però sia dal Mef che dalla ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella.
Ad esempio, ancora oggi, manca il decreto attuativo della legge delega sull’Isee che avrebbe dovuto escludere dal calcolo dell’indicatore della situazione economica equivalente dei nuclei familiari gli importi erogati per l’assegno unico.
Quest’anno, dato che l’Isee 2024 prende come riferimento le entrate 2022 delle famiglie (inclusi gli importi percepiti dall'Inps per l’assegno stesso), secondo alcune stime dei patronati i valori degli Isee sono lievitati.
Le famiglie con un Isee più elevato si sono viste quindi escludere da altre misure ancorata all’indicatore, come ad esempio i bonus gas e luce oppure il bonus nido. Il Governo nei mesi scorsi ha dichiarato di voler “correggere” questo errore. La seconda rogna sull’assegno unico universale è la procedura di infrazione europea: a luglio l’Italia è stata deferita alla Corte Ue per i requisiti legati alla residenza.
Il Dlgs 230/2021 istitutivo dell’assegno unico prevede che i richiedenti debbano essere residenti sul territorio italiano al momento della domanda ed essere stati residenti in Italia per almeno 2 anni (anche se non continuativi) oppure avere un permesso di soggiorno di lunga durata (almeno sei mesi).
La Commissione ritiene che questo regime non sia compatibile con il diritto europeo in quanto costituisce una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili di altri Stati membri dell’Ue che in questo modo non possono beneficiare della prestazione familiare. Ma il problema, per il governo, non sono gli europei quanto gli extracomunitari. A luglio la Meloni ha dichiarato che “Bruxelles ci apre una procedura di infrazione sostenendo la bizzarra tesi che noi dovremmo riconoscere l’assegno unico a tutti i lavoratori stranieri” ed ha definito la richiesta “insostenibile”, dichiarando di voler dare battaglia contro la richiesta europea.
I correttivi all’Isee, l’eventuale l’infrazione europea e il ritorno alle politiche di tagli alle spese sociali, in qualche modo ipotecano i conti dell’assegno unico. Per il 2024 la misura prevede uno stanziamento pari a 19,2 miliardi di euro, per cui si sono dovuti aggiungere 500 milioni nel budget per coprire gli aumenti introdotti con la legge di Bilancio 2023. Eppure ci sono stati dei risparmi legati alla misura, che hanno addirittura permesso al Governo di dirottare ad altri capitoli di spesa alcuni dei fondi residui a fine 2023 per gli assegni familiari.
Secondo gli ultimi dati Inps, aggiornati a giugno (quindi al primo semestre), finora sono stati erogati 9.862.400 euro per l’assegno unico. Nel secondo semestre, si potrebbero toccare i 19,7 miliardi a fine anno, sforando quindi i fondi previsti dal budget per la prestazione.
Ad aver fatto lievitare la spesa in questi anni è stato inoltre l’adeguamento – previsto per legge – del contributo all’inflazione che nel 2023 ha visto un aumento dell’8,1% per effetto delle boom dei prezzi del 2022. Nel 2024 l’aumento è stato più contenuto, al 5,4%. Per 2025 si stima possa esserci un aumento intorno all’1 per cento.
Con la prossima legge di bilancio il Governo dovrà rimettere mano a questa misura di welfare universale, una delle poche esistente come tale nel nostro paese. Si parla di nuovo Piano nazionale per le famiglie che potrebbe rivedere il quadro degli aiuti alle famiglie, incluso l’assegno unico.
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