Tra vittimismo aggressivo come stile nella lotta politica e ossessioni per i complotti tesi a destabilizzare il proprio esecutivo, la Meloni e la destra di governo continuano ad alimentare episodi e sospetti nella zona grigia posta a metà tra attività dei servizi segreti e politica.
In ordine di tempo sono arrivati prima la denuncia del ministro Crosetto sui dossieraggi dello strano triangolo tra un magistrato, un ufficiale della Guardia di Finanza e un agente dell’Aise. La vicenda è ora oggetto delle indagini della Procura di Perugia ma già si capisce che sarà un percorso a ostacoli.
Poi è arrivata la tegola del caso Sangiuliano-Boccia, che per ora galleggia in una zona grigia diversa: quella tra politica e pettegolezzo. Eppure la spregiudicatezza e la dimestichezza della sig.ra Boccia anche con i più moderni sistemi di spionaggio, qualche interrogativo l’ha fatto emergere.
Uno che di zone grigie se ne intende parecchio, Luigi Bisignani, ha affermato alla “7”: “Possibile che nessuno abbia avvertito la Meloni su chi era la Dottoressa Boccia, conosciutissima nei palazzi del Parlamento? Ha provato a infilarsi con tutti e Meloni ha fatto un errore clamoroso. Tutta questa gente che aiuta la Meloni le avrà detto di stare attenta a non imbucarsi in questa storia?”
Sullo sfondo di queste vicende c’è la decisione del triangolo di comando a Palazzo Chigi – Mantovano, Fazzolari, Meloni – di ridefinire proprio in questo mese di settembre i vertici e le caratteristiche dei servizi segreti, un obiettivo ampiamente dichiarato sin dall’insediamento del governo.
Ma anche quello dei servizi è un mondo molto competitivo, in cui se soddisfi una cordata ne scontenti un’altra, e quando una delle due ha a disposizione informazioni delicate e notizie sensibili c’è sempre il rischio che qualcosa di spiacevole finisca sui giornali. Adempiere con onore e disciplina non è mai una stata una caratteristica “forte” dei servizi segreti, almeno nella storia documentata di questo paese.
I più scontenti, al momento, sembrano essere i Carabinieri, tagliati fuori sempre più spesso dalla Guardia di Finanza nella conduzione delle indagini di maggior impatto politico (i casi Toti, Santanchè, Brugnaro, solo per fare un esempio), i Carabinieri sono stati defenestrati dal governo anche nella gestione dell’intelligence.
Con le nuove nomine ai vertici di Aisi, Aise e Dis, per la prima volta a nessun ufficiale dei Carabinieri è stato assegnato un incarico di responsabilità nelle tre agenzie dei servizi segreti.
La Meloni – o meglio il suo “uomo nero” Alfredo Mantovano – ha infatti nominato Giuseppe Del Deo, un ufficiale dell’esercito, nuovo vicedirettore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), con compiti di coordinamento delle due Agenzie d’intelligence: l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi) e quella per la sicurezza esterna (Aise). Del Deo è attualmente vicedirettore dell’Aisi, incarico che passerà adesso al prefetto Vittorio Rizzi, vicecapo vicario della Polizia di Stato. Ai vertici dall’Aise è al comando il generale dell’esercito Giovanni Caravelli. Per i prossimi anni non sono quindi più previsti cambiamenti nei Servizi segreti.
A questo obiettivo il governo Meloni ha puntato sin da subito, quasi ossessivamente.
A segnalarlo, in tempi non sospetti, era stato proprio quel Luigi Bisignani nel suo libro “I potenti al tempo di Giorgia” (edizioni Chiarelettere, 2023).
Luigi Bisignani, noto come “l’uomo che sussurrava ai potenti” (da cui prende il titolo l’omonimo libro), è ufficialmente un ex giornalista dell’Ansa, un affarista e un professionista nelle relazioni del sottobosco, prima andreottiano e poi berlusconiano. Condannato a due anni e sei mesi per la tangente Enimont, nel 2014 Bisignani ha patteggiato un’altra condanna di un anno e sette mesi per l’inchiesta sulla cosiddetta P4.
“Giorgia e la passione per gli 007” è uno dei capitoli del libro dedicato ai rapporti di potere della Meloni, che affronta e indaga il potere e le logiche del Palazzo da parte di un “sussurratore” che ne conosce bene anche gli angoli più remoti e infrequentabili.
Nel capitolo viene analizzato proprio il rapporto tra l’attuale premier e i servizi segreti, svelando alcune “rogne”, in particolare in materia di intercettazioni.
Nel libro si parla infatti di “400 utenze captate” dall’Intelligence, utenze “su vari personaggi che ruotavano intorno al suo mondo” (di Meloni, ndr), tra cui rientra “anche qualche giornalista”. Secondo Madron e Bisignani i Servizi Segreti italiani hanno insomma attenzionato, sorvegliato, controllato centinaia di persone. Con una domanda che pesa come macigno: con quale tipo di autorizzazione? Sembrerebbe nessuna.
Ci sono infatti sedici pagine dedicate alla passione di Meloni per l’intelligence e il lavoro degli 007, con dettagli sul ruolo di Mantovano, attuale segretario alla Presidenza del Consiglio e uomo chiave della “cabina di regia” nella violenta repressione delle manifestazioni al G8 di Genova, nel luglio 2001.
Luigi Bisignani riporta nel suo libro che l’intelligence italiana effettuerebbe centinaia di intercettazioni preventive. Le intercettazioni preventive sono legittime per i servizi segreti ma occorre che siano autorizzate da un magistrato. Ma quelle indicate non sarebbero intercettazioni come quelle che subiscono gli indagati: in questo caso non rimangono degli atti, vengono effettuate dai servizi segreti motu proprio, senza alcuna finalità giudiziaria. Servono ufficialmente a capire “se ci sono dei potenziali rischi per la tenuta del sistema istituzionale ed economico del Paese”.
Nel libro “si sussurra” che negli ultimi anni ci sia stata l’irresistibile tendenza ad allargare le maglie di queste intercettazioni, attraverso una sorta di pesca a strascico giuridicamente possibile, ma politicamente molto discutibile. E dentro la rete – così fanno capire Bisignani e Madron – sarebbero finiti anche direttori di giornali, parlamentari e avversari politici del Governo in carica.
Del resto se in nome della lotta al crimine e al terrorismo si è data mano libera a magistrati e apparati per intrufolarsi a man bassa “nella vita degli altri”, è inevitabile che qualche incidente, qualche “tentazione”, qualche curiosità morbosa, alla fine venga fuori quasi da sola.
Ma il criterio delle intercettazioni e delle indagini con il sistema della “pesca a strascico” può causare anche inconvenienti per gli esponenti del governo in carica. E questo potrebbe essere il caso del ministro Crosetto.
In un verbale all’interno delle diecimila pagine di atti inviati alla Commissione parlamentare antimafia dalla Procura di Perugia, sul presunto dossieraggio orchestrato dal tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano e dall’ex procuratore della Direzione Nazionale Antimafia Antonio Laudati, c’è anche quello delle dichiarazioni rese spontaneamente dal ministro alla Difesa Guido Crosetto dopo la fuoriuscita di notizie su alcuni giornali a proposito di una sua proprietà immobiliare (notizie che poi si sono rivelate prive di interesse investigativo).
Secondo il ministro Crosetto dietro queste ricostruzioni artefatte ci potrebbe essere la mano dei servizi segreti, senza escludere che si tratti di servizi segreti esteri. Tra gli indagati ci sarebbe anche Silvio Adami, un funzionario dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), ovvero i servizi segreti italiani che operano per l’estero.
Il ministro Crosetto ha reso dichiarazioni spontanee il 22 gennaio 2024 ai pm di Perugia. In particolare, «ha riferito agli inquirenti anche di aver rappresentato le proprie perplessità sulla possibile provenienza dell’informazione dall’interno degli stessi apparati di sicurezza al sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano, e di aver poi direttamente conferito anche con la presidente del Consiglio», Giorgia Meloni. Crosetto ha aggiunto di aver espresso “le sue perplessità anche al direttore dell’Aise, il generale Caravalli, e di aver chiesto di svolgere accertamenti sul punto anche alla direttrice del Dis, l’ambasciatrice Elisabetta Belloni”.
Fino ad oggi i magistrati della Procura di Perugia hanno individuato 172 consultazioni anomale del sistema Sos (Segnalazioni per operazioni sospette), in cui vengono riportate operazioni finanziarie di personaggi politici, dello spettacolo, di imprenditori e di altri ministri. Va sottolineato che si tratta di Operazioni non irregolari. In questo senso gli stessi pm di Perugia riconoscono che “a fronte di tale elenco numerosissimo di consultazioni prive di giustificazione alcuna, appare evidente come la vicenda Crosetto non sia altro che una goccia nel mare”. Insomma siamo in presenza di una “pesca a strascico” di dimensioni notevoli.
Secondo i magistrati di Perugia, il dott. Laudati e l’ufficiale della Guardia di Finanza Striano avrebbero «operato in spregio a quelli che sono i compiti istituzionali della Procura nazionale antimafia, confezionando atti falsi, con riferimento all’indicazione dell’origine dell’atto di impulso» che consentiva a Striano di fare le ricerche nel sistema della Sos.
Negli atti della procura di Perugia si sottolinea come Striano abbia fatto per conto del giornalista Giovanni Tizian del quotidiano Domani una serie di altri accessi risalenti nel tempo, come si evince da chat e email. Si tratta sempre di atti illeciti secondo i magistrati perugini, in quanto gli accessi sono stati svolti per ragioni estranee ai doveri d’ufficio. Il paradosso evidenziato è che questi accessi hanno talvolta causato «atti d’impulso» verso le procure competenti, pertanto sono stati riscontrati anche i reati di falso in atto pubblico e abuso d’ufficio.
Pochi giorni fa c’è stata la richiesta d’arresto dei due principali indagati – Laudati e Striano – formulata dal procuratore Raffaele Cantone ma respinta dal Gip del Tribunale di Perugia. La questione dovrebbe risolversi il prossimo 23 settembre nell’udienza davanti al Tribunale del Riesame, ma secondo alcune voci potrebbe finire in Cassazione.
Gli scenari intorno al rapporto tra governo Meloni e servizi segreti appaiono dunque molto contorti.
Da un lato il governo sin dal suo insediamento non ha mai nascosto la sua volontà di mettere le mani sui servizi di intelligence e non solo per la competenza istituzionale che ne deriva. Avere a disposizione e controllare le informazioni sugli avversari politici (basta ricordare il recente caso di Marco Cappato o le fughe di notizie riservate sulla delegazione dei parlamentari del Pd in visita nel carcere di Sassari), è una tentazione sempre fortissima per chi detiene il potere.
Dall’altra il governo si sente però vulnerabile sul terreno della credibilità e della riservatezza. La scarsissima qualità della sua classe dirigente lo espone continuamente a incidenti di percorso e di immagine sul piano pubblico. Se ci si aggiungono anche rogne più “riservate”, diventa un problema serio.
Le nomine ai vertici dei servizi segreti hanno sicuramente accontentato qualcuno e scontentato qualcun altro. Le varie cordate si vanno riposizionando e gli schizzi di fango potrebbero arrivare dappertutto.
La Meloni ha provato a pararsi le spalle schierandosi con l’atlantismo più sfegatato e a fianco di Israele (e quindi, almeno sul lato Usa e Mossad, non dovrebbero arrivare brutte sorprese), ma la sua credibilità nell’Unione Europea non è altrettanto garantita, anzi. E qui tra fratelli coltelli e nemici dichiarati deve invece guardarsi le spalle.
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