Sotto il peso delle prese in giro, della gioia degli oppositori e degli echi della narrazione del nemico in guerra, in Libano la Resistenza e il suo popolo hanno scelto la pazienza. Le rivendicazioni che fosse stata sconfitta, isolata e abbandonata sono state accolte con una determinazione silenziosa che parlava più forte delle parole.
Per due mesi, la leadership della Resistenza ha abbracciato la moderazione. Ha rispettato il cessate il fuoco, ha incaricato l’esercito libanese di schierarsi nella sua terra, sequestrare e arrestare qualsiasi arma o individuo armato senza fare domande o avanzare per impossessarsi dei territori occupati.
All’interno della sua comunità ferita, la leadership ha esortato il proprio popolo a rimanere concentrato sul vero nemico, come consigliato dal defunto Sayyed Nasrallah. Hanno celato tradimenti e cospirazioni emerse durante la guerra, astenendosi dal denunciare le azioni di forze e personaggi politici o dal raccontare le azioni spregevoli di Stati, ambasciate ed entità straniere che si sono schierate con il nemico durante la sua sconsiderata campagna.
Nonostante queste sfide, la leadership non ha ostacolato i programmi assistenziali interni, aprendo invece la strada a una nuova fase di cooperazione. Allo stesso tempo, ha avvertito che il mancato rispetto dell’accordo da parte del nemico non sarebbe rimasto senza risposta.
Nel frattempo, il popolo libanese della Resistenza ha trovato un riflesso della propria resilienza a Gaza. Immagini di trionfo e determinazione sono state incarnate in una decisione eccezionale che ha superato persino quella presa nel maggio 2000.
La gente dei villaggi di confine si è assunta la responsabilità di rivendicare la sovranità, con le mani, a piedi, con le voci e persino con il sangue. Le loro azioni hanno segnato l’inizio di un nuovo capitolo, che si estende oltre quanto accaduto nella Grande Domenica e continuerà fino al compimento della missione. Il messaggio era inequivocabile: il popolo ha dato tutte le opportunità agli altri di ripristinare i suoi diritti attraverso la diplomazia.
Alcune cose non possono essere espresse a parole. Coloro che dubitavano che la Resistenza non fosse stata né sconfitta né abbandonata dal suo popolo avevano bisogno di assistere agli eventi di ieri. Questo popolo resiliente, dopo aver sopportato la guerra più dura, è emerso unito, inviando un messaggio chiaro: il mondo dovrebbe prestare attenzione a ciò che accadrà il giorno del funerale di Sayyed Hassan. “Non sbagliate i calcoli”.
Gli oppositori della Resistenza continuano a interpretare male le sue azioni. Potrebbero cercare secondi fini dietro gli eventi recenti, o alcuni potrebbero affermare falsamente che la liberazione della terra da parte del popolo è un atto politico che tende a minare la nuova era o l’atteso nuovo governo. Tali interpretazioni non fanno che evidenziare la loro comprensione errata della Resistenza.
Pur aderendo all’accordo di cessate il fuoco, la Resistenza non ha intenzione di sottomettersi a nessuno. La nazione, la sovranità e il governo hanno vita breve senza la Resistenza. Questa è una verità incrollabile, non importa quanto i detrattori la disprezzino.
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