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02/05/2025

Un distopico conclave

Conclave (2024), diretto da Edward Berger, capita, di questi tempi, come il film giusto al momento giusto. Quella messa in scena dalla storia è una dimensione parallela rispetto alla realtà e fra pochi giorni, nella stessa realtà, verrà avviato un nuovo conclave per eleggere il successore di papa Francesco. Siamo quindi in una dimensione parallela al mondo reale, in cui il papa appena defunto si chiama Gregorio XVII, e che è però caratterizzata, rispetto alla realtà, da alcuni tratti distopici. Il centro di Roma è infatti scosso da attentati di kamikaze che riescono a farsi esplodere addirittura nella prossimità della Cappella Sistina dove si sta svolgendo l’elezione del nuovo pontefice. A un certo punto, nel momento in cui il decano dei cardinali sta votando, lo scoppio di una bomba, dalle tonalità apocalittiche, fa crollare una parte del soffitto della Cappella ferendo i cardinali riuniti in assemblea. È come se la terribile e orrenda dimensione della guerra si insinuasse nei più reconditi interstizi della società occidentale, colpendo uno fra i luoghi più controllati e difesi al mondo. Il cuore più segreto di Roma e del Vaticano diventa teatro di guerra come lo scenario orribile del fronte della prima guerra mondiale raccontato magistralmente dallo stesso Berger con Niente di nuovo sul fronte occidentale (2022).

La città di Roma che pulsa intorno alla segregazione dei cardinali riuniti in conclave assomiglia, per certi aspetti, a quella rappresentata dal film Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti, venato di accenti fantascientifici, dove le vicende del borgataro Enzo, divenuto un supereroe in forma antieroica dopo essere entrato in contatto con dei bidoni tossici abbandonati nel Tevere, sono segnate da scoppi di bombe che attraversano la città. Anche qui siamo in una dimensione parallela rispetto alla realtà: la Roma del film, come quella di Conclave, è caratterizzata da tratti distopici non nel senso di un potere oppressivo e dittatoriale che grava ovunque, ma in quello della rappresentazione di un mondo non desiderabile, segnato da guerre e conflitti che giungono fin nel cuore di una metropoli occidentale. Tra l’altro, Conclave non ci mostra nulla di quella città che sta al di fuori: noi spettatori siamo reclusi come i cardinali, non vediamo ma ascoltiamo soltanto le notizie che vengono da fuori, notizie in cui campeggiano numerosi morti e feriti negli attentati.

Ma la dimensione della guerra è presente anche all’interno del conclave: uno dei cardinali afferma infatti: “siamo in guerra” perché nello spazio claustrale della Cappella si sta attuando una guerra fra gli esponenti di diverse fazioni e di diverse ambizioni personali. Le architetture geometriche dello spazio racchiudono i porporati che vediamo segnati da vizi e da corruzione come i più meschini esponenti del potere ‘laico’. Gli affreschi di Michelangelo, spesso inquadrati dalla macchina da presa come gli insindacabili custodi di un ordine e di un potere superiori, assumono quasi connotazioni terribili e mostruose nell’avvolgere i tetri burattini di un potere assai più temporale che spirituale. I cardinali, con le loro ambizioni e i loro inconfessabili scheletri negli armadi, vengono inseriti in una condizione di prigionia quasi come in molte serie tv orientali, basti pensare al celebre Parasite o a The 8 Show dove dei concorrenti vengono costretti da un potere superiore a sfidarsi fra di loro all’ultimo sangue in un truce gioco a premi. Chiusi in una scatola, in una sorta di orrendo esperimento, i cardinali svelano la loro vera natura e le loro ambizioni più segrete. Adeyemi, nonostante sia nigeriano e la sua elezione significherebbe il primo papa di colore della storia, è invece un omofobo conservatore; ugualmente è un conservatore tradizionale il canadese Joseph Trambley; l’italiano Goffredo Tedesco è invece un conservatore reazionario. Ma, nonostante il loro conservatorismo e tradizionalismo di facciata, ognuno di essi è implicato in scandali e corruzioni che non faticano a emergere allo scoperto. L’unico apparentemente a non essere implicato, giunto al conclave per ultimo e in modo inaspettato, è il messicano Benitez, che proprio da un luogo di guerra proviene, essendo l’arcivescovo di Kabul. Un personaggio quasi dionisiaco, perturbatore dell’ordine conservatore e tradizionalista che grava sulla Cappella Sistina, geometrica ‘scatola’ che coi suoi fasti rinascimentali racchiude i lembi più oscuri del contemporaneo spettacolo digitale.

Ecco perché Conclave può essere considerato anche un thriller ben confezionato del quale poco altro si deve rivelare allo spettatore per non rovinare il fascino di una trama che si dirige gradatamente verso le sponde più inaspettate. Il tutto ben confezionato grazie alla presenza di bravissimi attori come Stanley Tucci, Ralph Fiennes, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini. Resta una domanda, dopo la visione del film: se qui ci troviamo di fronte a una realtà parallela e venata di accenti distopici, quanto essa si avvicina a ciò che vedremo fra qualche giorno nella nostra realtà? Di sicuro, la dimensione spettacolare e mediatica (dopo aver visto gli scenari dell’esposizione della salma e dei funerali del papa, puro spettacolone mediatico con tanto di selfie col morto, ne siamo convinti) supererà l’immaginazione fino a raggiungere vette distopiche sconosciute persino al conclave messo in scena da Edward Berger.

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