Associated Press, agenzia di stampa internazionale con sede a New York, ha rivelato che una recente inchiesta ha fatto emergere come ci sia stato un tentativo di corrompere il pilota del presidente venezuelano Nicolas Maduro, per rapirlo e portarlo in un luogo dove le forze USA avrebbero potuto arrestarlo, con accuse infondate riguardanti il narcotraffico.
La vicenda è stata raccontata da tre funzionari statunitensi, ancora attivi e in pensione, e anche da uno degli oppositori di Maduro. Tutte e quattro le fonti hanno parlato a condizione di anonimato. L’Associated Press ha esaminato, verificato e autenticato gli scambi di messaggi tra il pilota e l’agente stelle-e-strisce che ha portato avanti il tentativo di corruzione.
La storia prende le mosse nel maggio 2024, e protagonista è l’agente investigativo della Sicurezza Nazionale statunitense, Edwin Lopez, in quel momento in servizio come attaché nella Repubblica Dominicana. Lì, era venuto a sapere che due jet privati, spesso utilizzati per trasportare Maduro, erano atterrati nella nazione caraibica per delle riparazioni.
Lopez ha intravisto un’opportunità, e quando il personale dell’aeronautica militare venezuelana è arrivato a Santo Domingo per ritirare gli aerei, l’investigatore statunitense ottenne il permesso di parlare con gli aviatori. Lopez chiese al pilota di Maduro di dirottare il velivolo del presidente venezuelano verso un luogo dove potesse essere catturato dalle autorità statunitensi.
Il luogo dove farlo atterrare poteva essere scelto liberamente dal pilota tra tre opzioni: la Repubblica Dominicana, Porto Rico o la base militare statunitense di Guantanamo, a Cuba, stando a quel che hanno affermato due delle fonti dell’Associated Press. In cambio, l’aviatore sarebbe diventato molto ricco e Lopez gli avrebbe persino promesso l’adorazione di milioni di venezuelani.
In questa storia compare dunque il pilota di Maduro, Bitner Villegas, membro della guardia d’onore presidenziale d’élite. Il quale non si è pronunciato con l’agente statunitense, ma gli ha comunque dato il suo numero di telefono. Lopez è andato in pensione quest’anno, ma avrebbe comunque ricontattato Villegas pochi mesi fa.
“Sto ancora aspettando la tua risposta”, avrebbe scritto l’agente al pilota lo scorso 7 agosto, allegando anche il link al comunicato stampa del Dipartimento di Giustizia USA che annunciava l’aumento della taglia messa sulla testa di Maduro a 50 milioni di dollari, dopo l’accusa emessa nei suoi confronti nel 2020 per narcoterrorismo, con la quale era stato accusato senza prove di inondare gli States con la cocaina.
Qualche giorno dopo, un altro messaggio sarebbe arrivato a Villegas: “c’è ancora tempo per essere l’eroe del Venezuela e stare dalla parte giusta della storia”. Il pilota, però, ha respinto le pressioni statunitensi. E di conseguenza, a quel punto si è messa in moto la macchina del fango e della disinformazione.
Marshall Billingslea, un altro ex funzionario della sicurezza nazionale USA, ha pubblicato un messaggio di auguri per Villegas il giorno del suo 48esimo compleanno. Dopo pochi giorni, ad ogni modo, il pilota è comparso in un programma televisivo molto seguito, condotto dal Ministro degli Interni Diosdado Cabello: il ministro scherzava sulla corruzione dell’esercito, mentre Villegas alzava il pugno chiuso in segno di lealtà.
È evidente che il tempismo dei messaggi mandati di recente da Lopez non è casuale, ma è stato orchestrato insieme alle massime autorità degli Stati Uniti. Al di là delle artificiose accuse mosse a Caracas intorno al traffico di droga (che sono alla base dei vari attacchi a piccole imbarcazioni nei Caraibi e nel Pacifico di questi giorni), il tentativo di corruzione si inserisce in un quadro di pressione avviato da Washington contro il legittimo presidente venezuelano.
Bisogna notare che il contatto tra Lopez e Villegas è avvenuto quando c’era ancora Biden alla Casa Bianca, rivelando il tentativo continuo di destabilizzazione della regione, e anche i meccanismi illegali con cui gli Stati Uniti pretendono di affermare la propria supremazia su quello che considerano il proprio ‘cortile di casa’.
È la stessa Associated Press, ad ogni modo, a far notare non solo la portata, ma la superficialità degli USA nei tentativi di rovesciare il governo di Caracas. Su questo, possiamo stendere un velo pietoso, mentre allo stesso tempo ci ricorda l’importanza di mantenere alta l’attenzione per solidarizzare e difendere l’esperienza bolivariana, oggi pesantemente sotto attacco.
La vicenda è stata raccontata da tre funzionari statunitensi, ancora attivi e in pensione, e anche da uno degli oppositori di Maduro. Tutte e quattro le fonti hanno parlato a condizione di anonimato. L’Associated Press ha esaminato, verificato e autenticato gli scambi di messaggi tra il pilota e l’agente stelle-e-strisce che ha portato avanti il tentativo di corruzione.
La storia prende le mosse nel maggio 2024, e protagonista è l’agente investigativo della Sicurezza Nazionale statunitense, Edwin Lopez, in quel momento in servizio come attaché nella Repubblica Dominicana. Lì, era venuto a sapere che due jet privati, spesso utilizzati per trasportare Maduro, erano atterrati nella nazione caraibica per delle riparazioni.
Lopez ha intravisto un’opportunità, e quando il personale dell’aeronautica militare venezuelana è arrivato a Santo Domingo per ritirare gli aerei, l’investigatore statunitense ottenne il permesso di parlare con gli aviatori. Lopez chiese al pilota di Maduro di dirottare il velivolo del presidente venezuelano verso un luogo dove potesse essere catturato dalle autorità statunitensi.
Il luogo dove farlo atterrare poteva essere scelto liberamente dal pilota tra tre opzioni: la Repubblica Dominicana, Porto Rico o la base militare statunitense di Guantanamo, a Cuba, stando a quel che hanno affermato due delle fonti dell’Associated Press. In cambio, l’aviatore sarebbe diventato molto ricco e Lopez gli avrebbe persino promesso l’adorazione di milioni di venezuelani.
In questa storia compare dunque il pilota di Maduro, Bitner Villegas, membro della guardia d’onore presidenziale d’élite. Il quale non si è pronunciato con l’agente statunitense, ma gli ha comunque dato il suo numero di telefono. Lopez è andato in pensione quest’anno, ma avrebbe comunque ricontattato Villegas pochi mesi fa.
“Sto ancora aspettando la tua risposta”, avrebbe scritto l’agente al pilota lo scorso 7 agosto, allegando anche il link al comunicato stampa del Dipartimento di Giustizia USA che annunciava l’aumento della taglia messa sulla testa di Maduro a 50 milioni di dollari, dopo l’accusa emessa nei suoi confronti nel 2020 per narcoterrorismo, con la quale era stato accusato senza prove di inondare gli States con la cocaina.
Qualche giorno dopo, un altro messaggio sarebbe arrivato a Villegas: “c’è ancora tempo per essere l’eroe del Venezuela e stare dalla parte giusta della storia”. Il pilota, però, ha respinto le pressioni statunitensi. E di conseguenza, a quel punto si è messa in moto la macchina del fango e della disinformazione.
Marshall Billingslea, un altro ex funzionario della sicurezza nazionale USA, ha pubblicato un messaggio di auguri per Villegas il giorno del suo 48esimo compleanno. Dopo pochi giorni, ad ogni modo, il pilota è comparso in un programma televisivo molto seguito, condotto dal Ministro degli Interni Diosdado Cabello: il ministro scherzava sulla corruzione dell’esercito, mentre Villegas alzava il pugno chiuso in segno di lealtà.
È evidente che il tempismo dei messaggi mandati di recente da Lopez non è casuale, ma è stato orchestrato insieme alle massime autorità degli Stati Uniti. Al di là delle artificiose accuse mosse a Caracas intorno al traffico di droga (che sono alla base dei vari attacchi a piccole imbarcazioni nei Caraibi e nel Pacifico di questi giorni), il tentativo di corruzione si inserisce in un quadro di pressione avviato da Washington contro il legittimo presidente venezuelano.
Bisogna notare che il contatto tra Lopez e Villegas è avvenuto quando c’era ancora Biden alla Casa Bianca, rivelando il tentativo continuo di destabilizzazione della regione, e anche i meccanismi illegali con cui gli Stati Uniti pretendono di affermare la propria supremazia su quello che considerano il proprio ‘cortile di casa’.
È la stessa Associated Press, ad ogni modo, a far notare non solo la portata, ma la superficialità degli USA nei tentativi di rovesciare il governo di Caracas. Su questo, possiamo stendere un velo pietoso, mentre allo stesso tempo ci ricorda l’importanza di mantenere alta l’attenzione per solidarizzare e difendere l’esperienza bolivariana, oggi pesantemente sotto attacco.
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L’ONU rinnova la sua condanna per il Bloqueo a Cuba
L’ONU rinnova la sua condanna per il Bloqueo a Cuba
Nei giorni 28 e 29 ottobre si è dibattuta e votata nella sede delle Nazioni Unite, per la 32esima volta, durante la sessione ordinaria dell’Assemblea Generale dell’ONU, la risoluzione presentata da Cuba intitolata “Necessità di porre fine al blocco economico. commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba”.
Dal 1992 Cuba chiede al mondo l’opinione sul genocida blocco economico, commerciale e finanziario che gli Stati Uniti dal 1962 applicano all’isola caraibica per aver deciso di essere un paese socialista. La Casa Bianca non ha mai perdonato a Fidel e a coloro che avevano combattuto per la loro libertà e per la sovranità del paese di aver cacciato la loro marionetta Fulgencio Batista.
Durante la sessione tutti i paesi e le organizzazioni che hanno preso la parola, ad eccezione ovviamente degli Stati Uniti, hanno manifestato il loro rifiuto riguardo al blocco e hanno chiesto di cancellare l’ingiusto provvedimento che ogni giorno mette i cubani di fronte a mille problemi.
Questa sessione avviene nel mezzo delle pressioni esercitate da Washington nei confronti dei paesi europei e dell’America Latina per modificare il loro voto a favore di Cuba. Nelle lettere inviate ai governi, delle vere e proprie minacce, la Casa Bianca sostiene l’insostenibile affermando che non esiste nessun blocco economico, commerciale e finanziario nei confronti di Cuba, che tutti i problemi che la popolazione soffre sono da imputare alla inefficiente e incapace gestione del governo dell’isola, che Cuba è una minaccia alla libertà della regione, che è una minaccia agli interessi statunitensi e che attualmente sta appoggiando la Russia nel conflitto con l’Ucraina avendo inviato al fronte 20 mila cubani.
Il ministro degli esteri cubano Bruno Rodriguez Parrilla, durante il suo intervento, ha sottolineato che il blocco applicato dagli Stati Uniti ha lo scopo di provocare una sovversione del popolo cubano nei confronti del legittimo governo. Le centinaia di misure di cui si compone il blocco colpiscono direttamente la popolazione in ogni settore della vita quotidiana, dalla salute, all’educazione, passando per le difficoltà nel reperimento dei principali generi alimentari e all’attuale crisi energetica.
Le pressioni esercitate dalla Casa Bianca non hanno ottenuto l’effetto immaginato a Washington: 165 paesi hanno votato a favore della risoluzione presentata da Cuba, 7 contro e 11 si sono astenuti.
Hanno votato contro: Stati Uniti, Israele, Ucraina, Ungheria, Argentina, Macedonia del Nord, Paraguay. Si sono astenuti: Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Moldavia, Micronesia, Palau, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Singapore, Svezia, Togo, Somalia.
«Il voto delle Nazioni Unite che, ancora una volta, condanna in maniera schiacciante il bloqueo economico, commerciale e finanziario contro Cuba rappresenta l’ennesima dimostrazione del totale fallimento della strategia statunitense. Washington ha cercato per decenni di isolare l’isola, di piegarne la sovranità e di soffocare un modello sociale alternativo, ma la realtà politica internazionale mostra esattamente il contrario: è l’imperialismo che resta isolato», afferma il professor Luciano Vasapollo che, intervistato da FarodiRoma, ricorda come «il blocco economico, commerciale e finanziario contro Cuba è stato introdotto dagli Stati Uniti nel febbraio 1962 in risposta alla decisione dell’isola di essere un paese socialista. Il blocco a cui Cuba è sottoposta condiziona in modo determinante lo sviluppo economico e sociale dell’isola e colpisce in modo diretto tutti i campi economici e sociali della vita del popolo cubano».
Sono colpite la sanità, l’istruzione, la cultura, il turismo, le telecomunicazioni, l’economia, la finanza e molto altro. Inoltre l’extraterrittorialità del blocco colpisce pure la nazioni che intendono liberamente commerciare ed avere relazioni economiche con l’isola caraibica perché gli Stati Uniti si arrogano il diritto di sanzionare chiunque non rispetti le leggi del loro blocco. «Ecco il perché – spiega il docente – del blocco a Cuba insieme all’attuale guerra economica contro il Venezuela, e la connessa destabilizzazione attuata due anni fa in Bolivia».
La finanza internazionale, rileva Vasapollo, ha giocato in tutto questo un ruolo centrale ma non riesce a creare condizioni affinché si risolva la crisi sistemica che cerca di superare attraverso le guerre, e il contrasto a qualsiasi forma di espressione di sovranità popolare e di avanzamento del mondo multicentrico.
Il blocco contro Cuba viola la Carta delle Nazioni Unite, provoca sofferenze nella popolazione dell’isola, è una misura ingiusta emanata in un momento storico oramai passato, è contrario al diritto internazionale, impedisce lo sviluppo economico dell’isola, l’extraterritorialità del blocco impedisce ai paesi terzi di commerciare con Cuba, è una misura immorale.
Per Vasapollo, docente de “La Sapienza” e analista dei processi economici latinoamericani, ciò che avviene all’ONU va letto come un segnale storico: «La quasi totalità dei paesi del mondo – Asia, Africa, America Latina, perfino molte nazioni europee – dice con chiarezza che il bloqueo è illegale, criminale e contrario ai più elementari principi del diritto internazionale. Gli Stati Uniti, che pretendono di essere arbitri morali del pianeta, restano inchiodati con una politica anacronistica, figlia della Guerra Fredda e di un’arroganza geopolitica che non trova più consensi».
L’economista sottolinea come il voto confermi il valore della resistenza cubana: «Nonostante i costi enormi imposti dal bloqueo, Cuba non ha mai rinunciato ai suoi principi: l’educazione e la sanità gratuite, la solidarietà internazionale, la cooperazione medica, la sovranità nelle scelte economiche. Questa coerenza etica e sociale è proprio ciò che molti popoli del Sud globale riconoscono oggi all’isola. La diplomazia cubana – fatta di dignità, dialogo e rigore – smonta con i fatti la narrazione tossica che Washington tenta di imporre».
Secondo Vasapollo, gli Stati Uniti avevano tentato di sfruttare la crisi economica internazionale per ottenere nuovi consensi alla loro posizione, ma senza successo: «La Casa Bianca pensava che l’aumento delle tensioni globali avrebbe creato un clima più favorevole a un irrigidimento sanzionatorio. Invece è successo l’opposto: i popoli del Mondo vedono nel bloqueo un simbolo dell’ingiustizia sistemica che colpisce tutte le nazioni che non accettano la subordinazione. La pretesa egemonica statunitense, di fronte al voto dell’Assemblea Generale, appare più debole che mai».
Infine, Vasapollo lega il voto ONU a un cambiamento strutturale nei rapporti di forza globali: «Non si tratta solo di solidarietà verso Cuba, che pure è fortissima. È il segno che l’ordine mondiale unipolare è in crisi e che le economie emergenti non accettano più che una potenza imponga unilateralmente sanzioni extraterritoriali. L’isolamento diplomatico degli Stati Uniti sul tema del bloqueo non è un episodio: è l’anticipazione di un nuovo equilibrio internazionale, fondato sul multipolarismo, sulla cooperazione e sul rispetto delle sovranità. Cuba, come sempre nella sua storia, apre la strada».
Vasapollo conclude con una sottolineatura piena di speranza: «La fine del bloqueo sarà il risultato inevitabile della pressione morale e politica globale. Ma, soprattutto, sarà la vittoria di un popolo che da oltre sessant’anni dimostra che un altro modello di società è possibile. E questo, per Washington, è il vero scandalo: non aver sconfitto Cuba, ma aver fallito nel cancellarne l’esempio».
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