L’amministrazione centrale siriana di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) continua a ricevere schiaffi in faccia da quelli che ha eletto come propri alleati. Israele non solo continua a negare qualsiasi genere di accordo, nonostante la politica totalmente accomodante da parte di Damasco, ma non ha nemmeno fermato i propri raid nel sud del paese, fino a poche decine di chilometri da Damasco.
Gli Usa, dal canto loro, nonostante le promesse, sembrano aver alleviato in maniera molto relativa il regime sanzionatorio. La Turchia e l’Amministrazione Autonoma del Nord-Est continuano a strattonare le autorità di Damasco, tenendola, di fatto, nel mezzo dello scontro fra di loro.
Così, con una mossa che ha sorpreso molti osservatori, l’autoproclamato Presidente Al-Golani si è recato in visita a Mosca, dove è stato accolto dalle massime autorità russe.
La retorica antirussa delle primissime ore della caduta del regime baathista è solo un ricordo lontano. “La Siria vuole rispettare tutti gli accordi in essere con la Russia”, ha dichiarato Al-Golani a Mosca, lasciandosi poi scappare che “una parte significativa del nostro settore energetico dipende dalle loro competenze tecniche”.
Ciò significa che i “nuovi alleati”, in più di 10 mesi non hanno nemmeno provveduto a sostituire Russia ed Iran nel tenere in piedi le reti di rifornimento energetico del paese.
Entrambe le parti hanno ridiscusso la presenza militare russa nel paese, principalmente la base navale di Tartus e la base aerea di Khmeimim, non più destinate allo smantellamento o a rimanere sotto costante assedio, come sembrava nei primissimi giorni d’insediamento delle autorità qaediste; le quali, anzi, ora sembrano vederle come un utile contrappeso rispetto al perdurante interventismo espansionista israeliano ed anche rispetto alla scomoda tutela militare che la Turchia vuole imporre, per cercare di ricavare qualche risultato dall’appoggio offerto negli anni scorsi ad HTS e alle milizie collegate. Pertanto, la presenza militare russa potrebbe addirittura espandersi.
Al-Golani, inoltre, avrebbe richiesto formalmente la consegna di Assad e degli altri dirigenti politici e militari del deposto regime baathista rifugiati in Russia; in realtà, più che riaverli indietro, lo scopo realistico è ottenere garanzie circa il fatto che non verranno scatenati contro le nuove autorità a fini destabilizzatori.
È emerso, infatti, che Mosca, dietro le quinte, tollera o sostiene l’attività all’estero di alcuni di questi oppositori baathisti (addirittura, pare che Maher al-Assad, fratello dell’ex-Presidente, giri con uno speciale passaporto russo).
Dopo l’incontro, Putin ha accettato di farsi fotografare con Al-Golani, pur non essendo ancora arrivato il suo riconoscimento formale come legittimo presidente della Siria, ed ha descritto il processo elettorale tenuto nel paese qualche giorno prima come un “grande successo”, utile a “rafforzare i legami e l’interazione tra tutte le forze politiche in Siria”.
In realtà, al contrario, tale processo elettorale è stato tenuto solo nei territori controllati da HTS ed ha coinvolto solo personale nominato da Al-Golani, in maniera più simile ad un emirato islamico che ad un’istituzione repubblicana, quale dichiara di essere la nuova Siria.
Fra i non coinvolti da queste elezioni, c’è ovviamente l’area a guida curda del nord-est. Su questo fronte, nei giorni scorsi ci sono stati dei colloqui fra le autorità di HTS e le Forze Democratiche Siriane (FDS), mediati dagli USA.
Nonostante in alcune dichiarazioni pubbliche l’inviato USA Tom Barrack sembri favorevole ad una centralizzazione verso Damasco, l’esito, stando a quanto dichiarato da Mazloum Abdi, capo militare e capo negoziatore delle SDF, sembra essere stato opposto: “Il punto più importante è aver raggiunto un accordo preliminare sul meccanismo di integrazione delle SDF e delle Forze di sicurezza interna (curde) nel quadro dei ministeri della difesa e degli interni ... Queste forze [le SDF] non possono unirsi all’esercito siriano individualmente, come altre piccole fazioni. Piuttosto, si uniranno a grandi formazioni militari, formate secondo le regole del Ministero della Difesa”1.
In sostanza, le SDF e la polizia dell’area del nord-est si uniranno nelle strutture dello stato centrale conservando la propria struttura interna, come sempre chiesto dai dirigenti curdi; nei fatti cambieranno solo nome e continueranno ad operare autonomamente esattamente come fanno ora e nelle zone controllate attualmente, non ritirandosi nemmeno dalle aree a maggioranza araba. “Il ritiro da Raqqa o Deir ez-Zor non è negoziabile”2, ha affermato perentoriamente Abdi.
Sempre Secondo Abdi, la parte di HTS si è mostrata aperta anche sul punto dell’assetto federale da dare allo stato, anche se persistono punti discordanti su come implementarlo. Per quanto riguarda, invece, lo sfruttamento delle risorse petrolifere, attualmente in mano quasi interamente alle SDF, “non se ne è parlato, se ne parlerà nei prossimi incontri”.
Da Damasco non arrivano conferme rispetto a questa versione degli esiti dei colloqui, che se venisse confermata, presumibilmente manderebbe su tutte le furie l’alleato turco, che di nuovo forzerebbe HTS a far salire la tensione con le FDS.
In definitiva, è in queste dinamiche internazionali e nello scarso controllo effettivo del territorio siriano da parte delle nuove autorità qaediste che va iscritta la richiesta di aiuto da parte di Al-Golani nei confronti della Russia, che sempre più, a fari spenti, si riaccredita come attore decisivo anche sullo scenario mediorientale, dopo la disfatta del regime baathista.
Note
[1] https://apnews.com/article/syria-kurds-sdf-mazloum-abdi-army-merger-alsharaa-8de0ee121b7a475fbbc27cbe46784f32
[2] https://www.kurdistan24.net/en/story/868936/mazloum-abdi-sdf-and-syrian-army-reach-initial-understanding-on-integration
Fonte
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