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29/10/2025

La tregua a Gaza era un trucco

La tregua raggiunta a Gaza diciotto giorni fa nel quadro del Piano Trump era solo un trucco. Una volta ottenuti indietro gli ostaggi israeliani ancora detenuti, il governo israeliano ha usato tutti i pretesti sia per continuare a colpire i palestinesi (97 civili uccisi durante la tregua, altri 50 solo nelle ultime 48 ore, 2 soli soldati israeliani uccisi nello stesso periodo) per rompere la tregua stessa e ricominciare la propria offensiva con l’obiettivo dichiarato di “espandere il territorio sotto il controllo dell’IDF nella Striscia di Gaza dopo le ripetute violazioni dell’accordo di cessate il fuoco da parte di Hamas”.

Come al solito Israele cerca di nascondere la verità dei fatti accusando Hamas di aver violato la tregua perché perderebbe tempo nel recupero e consegna dei resti degli ostaggi morti sotto le macerie di Gaza.

La stessa Hamas ha fatto sapere che “La resistenza non ha alcun interesse a nascondere il corpo di qualsiasi prigioniero nemico o a ritardarne la consegna. Il nemico deve capire che siamo impegnati nell’accordo e deve smettere di accusarci di violarlo”.

Non solo. Israele ha respinto la proposta di alcuni paesi arabi e islamici di utilizzare delle task force comuni con gli israeliani per il recupero dei resti degli ostaggi.

Alla vigilia della tregua avevamo intuito e denunciato che il “Piano Trump”, lungi dal riconoscere il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi, doveva produrre due effetti: uno, fermare le ostilità sul campo con la liberazione degli ostaggi e raffreddare l’isolamento di Israele in Medio Oriente; l’altro, disinnescare le dilaganti mobilitazioni popolari in solidarietà con il popolo palestinese nei paesi europei ed occidentali.

Su quest’ultimo aspetto si è concentrato molto il governo italiano, ma anche il sistema politico/mediatico filo-israeliano e quello sedicente “equidistante” di stampo liberale, fortemente preoccupati della dimensione assunta dai movimenti in sostegno ai palestinesi e dal ripudio totale di Israele.

“Se c’è la tregua o addirittura la pace perché continuate a manifestare per la Palestina o a criticare Israele?”. Con questa tiritera ci bombardano da tre settimane i mass media e le dichiarazioni della politica complice del genocidio dei palestinesi.

E se – secondo loro ovviamente – non sono più giustificate le manifestazioni, adesso si comincia a manganellarle e limitarle ad ogni occasione, mandando il chiaro segnale che “l’aria è cambiata”. E magari attivando anche le squadre neofasciste per provocare e aggredire studenti e giornalisti.

È fin troppo evidente come i media e le forze filo-israeliane stiano cercando con ogni mezzo di recuperare il terreno perduto e ripristinare la loro “narrazione” sulla questione palestinese e il genocidio in atto da due anni.

La sanguinosa farsa della “tregua” a Gaza non deve trarre in inganno. La mobilitazione, l’informazione, la solidarietà con il popolo palestinese non deve arretrare di un millimetro così come non devono cedere terreno le iniziative di boicottaggio e di isolamento di Israele.

L’impunità per uno stato genocida non era accettabile prima e non potrà certo esserlo adesso.

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