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31/10/2025

L’assassinio di Shireen Abu Akleh coperto dal Dipartimento di Stato USA

Stando alle dichiarazioni rilasciate al New York Times da Steve Gabavics, un esperto membro della polizia militare USA, la giornalista statunitense-palestinese Shireen Abu Akleh è stata uccisa deliberatamente dalle forze armate israeliane, e il Dipartimento di Stato stelle-e-strisce avrebbe attivamente coperto l’omicidio.

Ricordiamo brevemente i fatti. Nel maggio 2022 Shireen è stata colpita alla testa da un cecchino israeliano, mentre riportava le notizie su scontri tra l’IDF e forze della resistenza palestinese per l’emittente Al Jazeera. Il suo omicidio è avvenuto a Jenin: in Cisgiordania, non a Gaza, e ben prima del 7 ottobre, a ricordarci come l’eliminazione sistematica dei giornalisti è una pratica di lunga data per Tel Aviv.

Ad ogni modo, inizialmente le autorità israeliane avevano incolpato i resistenti palestinesi, mentre la polizia sionista aveva persino preso d’assalto il funerale della donna. Salvo poi dover ammettere che erano state le forze israeliane a uccidere Shireen, presentando scuse in ritardo di un anno per un crimine che, era evidente a tutti, era stato commesso volontariamente.

Oggi Gabavics, ex militare in pensione dall’inizio del 2025, non solo lo conferma, ma rivela anche l’insabbiamento coperto dai vertici degli USA. Il soldato statunitense era stato incaricato di indagare sulla morte della giornalista mentre prestava servizio presso l’Office of the United States Security Coordinator, il quale facilita la cooperazione tra i servizi di sicurezza israeliani e palestinesi dell’ANP.

Gabavics e il suo team di investigatori raccolsero abbastanza indicazioni per affermare il fatto che il soldato israeliano che aveva sparato a Shireen sapeva che stava colpendo una giornalista. La precisione del proiettile indirizzato alla testa, il traffico radio israeliano che aveva indicato la presenza dei media in quella zona, la visuale chiara che i cecchini avevano della posizione di Abu Akleh, l’assenza di spari provenienti dalla sua direzione, non lasciavano dubbi (oltre a non dare motivo di aprire il fuoco contro di lei).

Tuttavia, l’allora capo di Gabavics, il tenente generale Michael R. Fenzel, lo escluse dalla revisione dell’indagine, minacciò di licenziarlo e pubblicò un rapporto finale per il Dipartimento di Stato sostenendo che l’omicidio era stato involontario. Gabavics e i suoi collaboratori rimasero sbalorditi dal testo finale.

Al New York Times, quattro funzionari statunitensi rimasti anonimi hanno dichiarato di credere che il testo sia stato modificato da Fenzel per “preservare il rapporto di lavoro del suo ufficio con l’esercito israeliano, che in precedenza aveva smesso di collaborare quando era rimasto scontento”.

Il 2 novembre è la Giornata Mondiale per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti, stabilita dall’ONU nel 2013, e queste notizie non fanno che sollevare ulteriore sdegno per l’assassinio sistematico di giornalisti operato da Israele. Tali crimini dovranno prima o poi trovare giustizia.

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