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22/10/2025

USA - Sul “regno di Trump” tira una brutta aria

Le manifestazioni di massa negli Stati Uniti contro il “regno di Trump” avvengono mentre il cosiddetto shutdown (la mancata approvazione della legge di bilancio da parte del Congresso blocca molte spese federali) è ancora in corso e non si vede luce. Le ripercussioni sul mancato finanziamento della spesa pubblica, con il conseguente stop di molte attività nei servizi e il licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici, cominciano a farsi sentire.

Secondo il giornale statunitense Politico, lo shutdown del governo sta per entrare nella quarta settimana. “La scadenza originale del 21 novembre si avvicina rapidamente e numerosi repubblicani hanno riconosciuto lunedì che sarà necessario un nuovo e più lungo disegno di legge provvisorio”.

Contro le manifestazioni all’insegna del “No Kings” (Nessun Re, ndt) si è scatenato il fuoco di fila degli esponenti dell’amministrazione Trump, i quali attaccano frontalmente il Partito democratico che pure appare ancora troppo “imballato” per mettere in campo una seria opposizione contro un’amministrazione presidenziale che ha fatto dell’autoritarismo la propria cifra.

La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha definito il gruppo del Partito Democratico al Congresso come composto da “terroristi di Hamas, immigrati clandestini e criminali violenti”. Mike Johnson, lo speaker della Camera, ha definito i cortei che hanno sfilato per le strade delle città statunitensi una “manifestazione di odio per l’America”.

Un linguaggio che ispira quello utilizzato in Italia dagli esponenti della destra al governo.

Lo stesso Trump sembra aver preso molto male le manifestazioni e in una intervista si è lamentato che i manifestanti “si riferiscono a me come a un re, mentre io non sono un re”. Ma poi non ha resistito al richiamo dello scontro politico ed ha postato un video creato con l’intelligenza artificiale che lo mostra, con tanto di corona in testa, a bordo di un jet militare che lancia letame sui manifestanti.

Dopo la seconda elezione alla Casa Bianca di Trump, il Partito democratico è apparso completamente stordito dalla sconfitta. Ma l’aria sembra ora essere cambiata. Si assiste ad risveglio da parte dell’opposizione a Trump, e le manifestazioni non sono l’unico indicatore.

Nei mesi scorsi erano state solo le comunità di immigrati e le reti solidali a scendere in piazza contro i rastrellamenti degli agenti dell’Ice (Immigration and Customs Enforcement) verso tutti quelli con un colore di pelle diverso. Man mano altri settori sociali si sono aggiunti alle proteste contro l’autoritarismo dell’amministrazione Trump e l’arroganza dei suoi sostenitori.

Tra i principali soggetti dell’opposizione si registrano adesso anche studenti, giornalisti e addirittura sindaci. I dolorosi tagli dovuti allo shutdown, hanno visto entrare in campo di recente anche settori di lavoratori pubblici, mentre non si registrano ancora segnali di reazione tra la classe lavoratrice “classica”.

Nelle università, prese pesantemente di mira dalla nuova amministrazione presidenziale, gli studenti hanno avviato campagne di resistenza e boicottaggio contro le nuove regole imposte dalla Casa Bianca

C’è stata la clamorosa protesta dei giornalisti accreditati al Pentagono che hanno rassegnato le dimissioni per protesta contro le nuove norme che impongono “l’uso esclusivo di fonti ufficiali”, pena pesanti sanzioni.

E poi ci sono i sindaci del Partito democratico nelle città dove Trump ha spedito unilateralmente la Guardia nazionale in funzione di ordine pubblico, anche contro il parere dei sindaci stessi.

Secondo il giornale Politico, di area “dem”, “governatori e sindaci affermano che ci sono stati disordini minimi e Trump sta usando proteste in gran parte pacifiche come pretesto per espandere il suo potere”.

L’accusa dei sindaci a Trump è quella di voler militarizzare la vita pubblica e quella politica.

Il sindaco di Chicago, Brandon Johnson, intervenendo ad una delle manifestazioni ha affermato che l’amministrazione ha “deciso di volere una rivincita della guerra civile che la Confederazione suprematista bianca perse contro gli Stati dell’Unione nel XIX secolo”.

A relativo vantaggio di Trump, la maggioranza di una giuria della Corte d’appello federale ha legittimato l’autorità del presidente nell’inviare truppe della Guardia Nazionale a Portland, in Oregon, concludendo che – sebbene le affermazioni del presidente sui social media “possano esagerare” la violenza in città – ci potrebbe comunque essere una base valida per il dispiegamento dei soldati.

Lo scontro politico e sociale all’interno degli Stati Uniti è destinato ad acutizzarsi, anche e senza il protagonismo del Partito democratico, un po’ come avvenuto in Italia nelle ultime settimane. E questa è una buona notizia.

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