di Mario Lombardo
Nel fine
settimana appena trascorso, il livello di discredito raggiunto dal
sistema politico della Repubblica Ceca è apparso in tutta la sua
evidenza dal fatto che il partito teoricamente vincitore delle elezioni
di sabato, ha incassato il suo peggiore risultato dalla divisione del
paese centro-europeo dalla Slovacchia nel 1993.
A conquistare il
maggior numero di seggi è stato il Partito Social Democratico Ceco
(CSSD), il quale con il 20,6% dei consensi ha fatto registrare una
flessione superiore al punto e mezzo percentuale rispetto al precedente
appuntamento con le urne.
Il suo leader, il 42enne Bohuslav
Sobotka, dovrebbe comunque ricevere l’incarico di formare un nuovo
governo, anche se i 50 seggi conquistati dal suo partito sui 200 totali
della Camera bassa del Parlamento di Praga renderà necessaria
un’alleanza con almeno altri due partiti.
L’ago della bilancia
potrebbe essere così l’Azione dei Cittadini Insoddisfatti (ANO), fondato
soltanto nel 2011 dal secondo uomo più ricco della Repubblica Ceca,
l’imprenditore Andrej Babis. Questo partito di ispirazione populista ha
saputo capitalizzare la profonda ostilità diffusa tra la popolazione per
l’intera classe politica del paese, diventando il secondo partito ceco
con il 18,7% e 47 seggi.
Il più probabile partner di governo dei
Social Democratici rimane però il Partito Comunista di Boemia e Moravia
(KSCM) che potrebbe entrare per la prima volta al governo dopo la caduta
del regime stalinista nel 1989 e due decenni di isolamento politico. Il
KSCM ha sfiorato il 15%, assicurandosi 33 seggi e la seconda migliore
prestazione elettorale dal 1990.
A
complicare gli scenari post-elettorali c’è il dichiarato rifiuto da
parte dell’ultramiliardario Babis ad entrare in un esecutivo con partiti
di sinistra, così che Sobotka potrebbe optare per la formazione di un
governo di minoranza assieme ai Comunisti. Dopo il voto, tuttavia, Babis
ha in qualche modo ammorbidito i toni, affermando di essere intenzionato
ad aprire ad un’iniziativa politica di Sobotka se dovesse essere
rispettato il programma del suo partito.
Secondo gli osservatori,
in ogni caso, la frammentazione del panorama politico ceco evidenziata
dai risultati delle elezioni di sabato non farà altro che prolungare
l’instabilità a Praga dopo mesi di tensioni e scandali che hanno scosso
l’intero sistema.
Il voto del fine settimana, infatti, era stato
indetto con svariati mesi di anticipo rispetto alla normale scadenza in
seguito alla caduta nel giugno scorso del governo di centro-destra
dell’ex premier, Petr Necas, coinvolto in un clamoroso caso di
corruzione e intercettazioni illegali.
L’impopolarità del
gabinetto guidato da quest’ultimo era però già risultata chiara nelle
elezioni presidenziali del mese di febbraio, quando a imporsi sui candidati di centro-destra era stato l’ex comunista ed ex
socialdemocratico Milos Zeman.
I
partiti di destra sono stati così puniti in maniera severa dagli
elettori. In particolare, il Partito Democratico Civico (ODS) di Necas è
passato dal 20,2% del 2010 al 7,7% di sabato, con un’emorragia di 37
seggi. Sia pure anch’esso in netta flessione, meglio dell’ODS ha fatto
il partito TOP09 dell’ex ministro degli Esteri Karel Schwarzenberg con
quasi il 12% dei consensi e 26 seggi. Quest’ultimo partito conservatore,
secondo alcuni, potrebbe anche diventare un possibile interlocutore di
governo del CSSD, visto che i due partiti hanno recentemente dato vita
all’amministrazione della città di Praga.
Oltre agli scandali in
cui è stato coinvolto, il governo uscente - sostituito da un gabinetto
provvisorio nel mese di luglio - e i partiti che lo componevano sono
stati penalizzati anche e soprattutto per l’impopolarità delle misure di
austerity messe in atto negli ultimi anni in concomitanza con il
deteriorarsi della situazione economica della Repubblica Ceca.
Parallelamente,
i socialdemocratici e i comunisti, anche se incapaci di suscitare
particolari entusiasmi, hanno potuto limitare i danni grazie ad una
campagna elettorale nella quale hanno proposto, tra l’altro, un
improbabile aumento della spesa pubblica e delle tasse per i redditi più
elevati.
Questi due partiti, in definitiva, hanno però
ampiamente deluso le aspettative della vigilia, dal momento che i
sondaggi pubblicati dopo la caduta del governo Necas avevano a lungo
indicato per loro la più che concreta possibilità di ottenere una comoda
maggioranza nella camera bassa del Parlamento ceco.
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