di Michele Paris
Una nuova serie di documenti riservati dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana (NSA) pubblicati martedì dal Washington Post
hanno rivelato un’ulteriore attività dell’ente governativo con sede a
Fort Meade, nel Maryland, che conferma l’avanzato stato di degrado dei
diritti democratici negli Stati Uniti. La più recente rivelazione
apparsa grazie all’ex contractor della stessa NSA, Edward Snowden,
riguarda questa volta la raccolta massiccia e indiscriminata delle liste
dei contatti e-mail contenuti negli account personali di posta
elettronica e in quelli di messaggistica istantanea di utenti in tutto
il mondo, Stati Uniti compresi.
Questa operazione non è mai stata
resa nota in precedenza e i documenti forniti da Snowden indicano come
l’NSA sia in grado di appropriarsi illegalmente di dati riservati
intercettandoli nel momento in cui essi “si muovono attraverso
collegamenti globali”, ad esempio quando un utente effettua un log-in,
compone un messaggio oppure “sincronizza un computer o un telefono
cellulare con le informazioni archiviate su server remoti”.
Come
accade regolarmente con gli altri programmi di intercettazione di dati
telefonici e traffico internet, anche in questo caso l’NSA non procede
con la raccolta mirata di informazioni in caso di utenti sospetti, ma
entra in possesso delle liste di contatti in maniera indiscriminata.
La
quantità dei dati così ottenuti è perciò impressionante. La sezione
dell’NSA denominata Special Source Operations in un singolo giorno ha
messo le mani su 444.743 indirizzi e-mail provenienti da account Yahoo,
105.068 da Hotmail, 82.857 da Facebook, 33.697 da Gmail e quasi 23 mila
da altri provider. Numeri simili indicano come l’NSA entri in possesso
mediamente in un anno di oltre 250 milioni di indirizzi di posta
elettronica contenuti nelle liste degli utenti di tutto il mondo.
Secondo quanto riportato dal Washington Post,
il metodo con cui l’NSA raccoglie questi dati rende superflua qualsiasi
notifica alle compagnie informatiche che li ospitano. Portavoce di
Google, Microsoft e Facebook si sono infatti affrettati a dichiarare la
loro estraneità al più recente programma di intercettazione di dati
riservati rivelato da Snowden.
Tuttavia, come spiega ugualmente
il quotidiano della capitale americana, la capacità dell’NSA di avere
accesso alle liste di contatti “dipende da accordi segreti con compagnie
di telecomunicazioni straniere o servizi di intelligence di paesi
alleati” dagli Stati Uniti.
Teoricamente, l’NSA avrebbe facoltà
di raccogliere informazioni solo su cittadini stranieri, ma nella rete
dell’agenzia cadono anche in questo caso numerosi contatti conservati
nelle liste di utenti americani. Questo genere di dati, d’altra parte,
offre preziose informazioni per l’intelligence d’oltreoceano, visto che
gli elenchi dei contatti contengono spesso non solo nomi e indirizzi
e-mail ma anche numeri di telefono, indirizzi postali e altro ancora.
Assieme
ai dati telefonici e a quelli sul comportamento degli utenti su
internet, questi ultimi permettono così agli agenti dell’NSA di
delineare una mappa esaustiva della vita delle persone intercettate,
comprese le loro frequentazioni e le opinioni politiche.
Questo
sistema di controllo pervasivo smentisce dunque in maniera clamorosa le
ripetute rassicurazioni da parte del governo americano circa le
intenzioni dell’NSA, la quale opererebbe in questo modo solo per trovare
informazioni legate ad attività terroristiche, mentre non ci sarebbe
alcun interesse per le informazioni personali dei cittadini.
Le
stesse debolissime regole create appositamente per dare una parvenza di
legalità a sistemi da stato di polizia vengono inoltre puntualmente
aggirate dall’NSA, dal momento che per ammissione dei vertici
dell’intelligence questa agenzia non ha alcuna autorizzazione formale
per raccogliere in massa liste di e-mail, così come altri dati
informatici o telefonici, di cittadini americani.
L’NSA,
tuttavia, ottiene le informazioni in questione da “punti di accesso in
tutto il mondo”, da cui transitano appunto anche i dati degli americani,
visto che compagnie come Google o Facebook utilizzano impianti situati
fisicamente in svariati paesi esteri.
Queste ultime rivelazioni
contribuiscono dunque a mostrare la totale assenza di scrupoli
democratici del governo americano nelle proprie attività di controllo
del dissenso interno e delle minacce agli interessi della propria classe
dirigente in ogni angolo del pianeta.
La conoscenza da parte
dell’opinione pubblica di simili operazioni non dipende, come è ovvio,
dalla trasparenza del governo di Washington, bensì dal coraggio di
persone come Snowden, le quali, per le loro azioni che forniscono un
servizio di grandissimo valore vengono spesso perseguiti in maniera
feroce.
A
mettere in luce i metodi punitivi adottati dall’amministrazione Obama
contro i propri critici e i cosiddetti “whistleblowers”, cioè coloro che
dall’interno del governo rivelano abusi e crimini a cui hanno assistito
in prima persona, è stata una recente indagine del Comitato per la
Protezione dei Giornalisti (CPJ), un’organizzazione che promuove la
libertà di stampa con sede a New York.
Secondo l’autore del
rapporto, il docente di giornalismo presso l’università statale
dell’Arizona Leonard Downie, “la guerra lanciata dall’amministrazione
Obama contro le fughe di notizie e i suoi sforzi per controllare
l’informazione non hanno precedenti per aggressività”.
Dalle
testimonianze raccolte dal CPJ sulla questione, appaiono evidenti, tra
l’altro, i tentativi di impedire l’accesso da parte dei giornalisti alle
fonti interne al governo, le intimidazioni contro le testate e i
singoli reporter e il controllo del flusso di informazioni alla stampa a
seconda dei propri interessi.
Il quadro che emerge appare più
consono ad una dittatura che ad un paese democratico e questo scenario
risulta ancora più allarmante alla luce della promessa di assoluta
trasparenza fatta nel 2008 in campagna elettorale da Barack Obama dopo
l’eccessiva segretezza dell’amministrazione Bush.
Appena
installato alla Casa Bianca, infatti, lo stesso Obama si è rapidamente
adeguato ai sistemi ormai consolidati dell’apparato di sicurezza
nazionale degli Stati Uniti, adottando addirittura misure ben più severe
del suo predecessore, in linea con le crescenti necessità di controllo
delle informazioni di un regime sempre più screditato e impopolare.
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