All'ultimo secondo, come speravano i mercati. Ma non è più un gioco.
L'innalzamento del tetto del debito pubblico, una procedura un po' folle
e tutta yankee di gestire il bilancio dello Stato federale, stavolta ha
mostrato che nella classe politica statunitense si è fatta largo una
componente "populista", di destra completamente idiota, "fondamentalista
cristiana" ma di cinquanta sette concorrenti diverse, che immagina di
poter gestire l'iperpotenza in crisi come un paesucolo del west di due
secoli fa. Con valori, regole, leggi, banalmente incompatibili con gli
Stati Uniti reali.
E' un vuoto crescente in quella che
sembrava, sì, una classe politica "in prestito" dalle multinazionali o
dalle banche di investimento, ma proprio per questo "responsabile" nel
gestire la "cosa pubblica". Al punto da potersi tranquillamente dire che
democratici o repubblicani, "una faccia, una razza". Nessuna differenza
palpabile sul piano economico-sociale, piccole divergenze su questioni
del resto ormai risolte come i "diritti civili". Quelli, che sono gratis
e non cambiano di una virgola la diseguaglianza sociale feroce che è
cresciuta negli ultimi 30 anni, lì come anche in Europa.
Ma
si è creato un "baco" nel "bipartitismo perfetto" che tutti i
politologi da quattro soldi che discettano sui media italiani ancora
incensano come il non plus ultra della "politica responsabile". Questo
baco - quasi inevitabile in una democrazia parlamentare, per quanto
strangolata da regole elettorali che non ammettono "terzi" concorrenti -
è cresciuto come un tumore dentro il partito repubblicano. Fino a
George Bush il giovane l'equilibrio era stato mantenuto. "Mettiamo un
deficiente che sembri un integralista, un ex peccatore pentito va
benissimo, e noi lo manovriamo come un pupazzo e andiamo avanti".
Questo
gioco è finito quando la forza dei Tea Party è cresciuta fino ad
obbligare il classico esempio di "repubblicano responsabile e perbene" -
l'ex eroe di guerra John McCain - a scegliersi come vice una marionetta
canterina come Sarah Palin. Lì il Grand Old Party ha smesso di essere
la riserva preferita dei wasp (white, alglo-saxon, protestant); o
meglio, i wasp ricchi hanno scoperto di non essere più in grado di
egemonizzare i bianchi poveri, quelli dispersi nelle praterie e nei
piccoli paesi sperduti nel semicontinente Usa. Evangelici e sciamani
improvvisati, telepredicatori e guaritori, venditori di elisir di lunga e
felice vita nell'aldilà, hanno acquisito un peso sufficiente a
determinare il blocco effettivo della contrattazione tra le due storiche
ali dell'establishment. Diverse ma uguali, in fondo.
Questo
terzo soggetto, come si diceva, non ha alcun senso "politico" del ruolo
degli Usa nel mondo. Supplisce a questa deficienza con un approccio
religioso, che maschera interessi economici, certo, ma di non
grandissimo respiro globale. E' l'America che si rinchiude in certezze
svanite, più che antiche. E che minaccia di essere, già ora e ancora di
più tra qualche mese o pochi anni, il peggior nemico che l'America abbia
mai avuto davanti. Se stessa.
Il resoconto della contrattazione nell'articolo di Mario Platero, da IlSole24 Ore.
*****
Shutdown scongiurato: accordo al Senato sul debito. Ma l'esame sarà il voto alla Camera
dal nostro corrispondente Mario Platero
NEW
YORK - Accordo raggiunto al senato per innalzare il tetto sul debito e
riaprire il governo Usa, non appena il progetto sarà definito
ufficialmente andrà alla Camera per il primo voto, il più difficile.
L'obiettivo è quello di ottenere una maggioranza bipartisan con il voto
di centristi, democratici e repubblicani che isoleranno gli estremi.
Soprattutto gli irriducibili del tea party che hanno sempre bloccato
qualsiasi ipotesi di soluzione. Subito dopo si andrà al Senato dove
l'approvazione è scontata e poi alla Casa Bianca per il voto.
Il
Passaggio alla Camera prima del Senato è stato un elemento chiave per
vitare l'ostruzionismo che avrebbe potuto ritardare anche di un giorno
il voto.
E stato cosi scongiurato il pericolo di un
default , di una insolvenza degli Stati Uniti. I mercati non credevano
al rischio anche se sapevano che la follia politica avrebbe potuto
portarli sull'orlo del disastro.
La spiegazione di
questa calma apparente davanti alla tempesta in arrivo era semplice.
Quando il segretario al Tesoro Jack Lew stabilì la mattina del 17 di
ottobre come giorno x per il "fallimento", indicò che per quel giorno
l'America avrebbe avuto in cassa soltanto 30 miliardi di dollari, una
cifra "cuscinetto" che avrebbe coperto le ultime spese per una o due
settimane. La scadenza del 17 di ottobre era dunque un punto di
riferimento chiave nella dialettica astratta del Paese, ma non la
scadenza reale per un mancato pagamento che scatenerebbe il default,
l'insolvenza degli Stati Uniti d'America per la prima volta nella
storia. Si è capito che un compromesso era portata di mano e che il voto
potrebbe essere solo ritardato di un giorno o due senza conseguenze
reali per i mercati.
Non che non ci fossero
preoccupazioni. L'associazione dei fondi comuni che gestisce 2.700
miliardi di dollari aveva chiesto alla Sec se i titoli in scadenza che
rischiavano di non essere rimborsati subito possono essere ancora
contabilizzati a garanzia di certe operazioni. Citigroup ha comunicato
di aver venduto tutti i titoli in scadenza il 31 di ottobre. I tassi
erano in rialzo, il Dow Jones aveva perso lo 0,8% e Fitch aveva messo il
rischio America sotto osservazione "negativa". Reazioni modeste
considerando la posta in gioco: i mercati mondiali infatti sapevano che
l'America "reale" a differenza di quella "politica" è solida, l'economia
cresce, il disavanzo pubblico è diminuito l'occupazione è stabile. E la
partita politica continua.
Dopo il fallimento della
Camera, il compromesso possibile è stato ricercato dalla leadership del
Senato, che si è rimessa freneticamente al lavoro. Il democratico Harry
Reid e il repubblicano Mitch McCollen sono tornati alla proposta di due
giorni fa che prevede da una parte la riapertura immediata del governo e
dall'altra l'innalzamento immediato del tetto sul debito. Cercheranno
di andare al voto dove l'approvazione, ostruzionismi a parte, è certa, a
larghissima maggioranza. Subito dopo, il disegno di legge andrà alla
Camera, dove si auspica un passaggio rapido grazie a un voto trasversale
dei democratici e repubblicani moderati che formeranno una maggioranza
bipartisan.
E i fondi cuscinetto da 30 miliardi
consentiranno di superare l'impasse. Resterà l'immagine azzoppata di una
democrazia ostaggio di un manipolo di estremisti. Nella notte John
Boehner, il presidente della Camera democratica, è stato costretto a
gettare la spugna dopo che correnti parlamentari estremiste guidate da
partiti ombra come Heritage Action for America e Freedom Work hanno
chiesto di votare no, esautorando di fatto dall'esterno la decisione
dopo una tormentata battaglia nella notte, il Presidente della Camera ha
gettato la spugna: ha mandato a casa i deputati, ha ceduto alle
pressioni di due gruppi estremisti Heritage Action for America e Freedom
Work che hanno chiesto di votare no alla proposta di Boehner.
La
decisione è stata di Michael Needham, l'amministratore delegato
dell'Heritage Action, una sorta si succursale operativa del think tank
Heritage Foundation. I gruppi si trovano stretti nell'angolo e il loro
obiettivo, oltre a difendere la loro missione ideologica di distruggere
la riforma sanitaria di Obama è quello di dimostrare che dopo il 17 non
sarebbe comunque successo nulla, che i democratici volevano solo
spaventare il Paese. Per Obama e i suoi vale lo stesso principio:
dimostrare che la follia di questi estremisti ha portato l'America al di
lò di ogni limite accettabile. Il paradosso è che i due campi
potrebbero voler superare la scadenza per imbarazzare l'avversario.
Comunque
sia, il compromesso al Senato è temporaneo: prevede la riapertura del
governo fino al 15 di gennaio e il rinnovo del tetto sul debito fino al 7
dicembre. Nel frattempo si negozierà un accordo per certe riforme di
spesa che includeranno una parte dell'Obamacare, in particolare la
concessione è stata rivedere le procedure di calcolo dei redditi minimi
per ricevere gratuitamente l'assistenza dello stato. Ma più che di
bilancio il Parlamento dovrebbe ora riflettere sulla sua stabilità. Il
tempo delle "farse" è finito.
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