di Michele Paris
I problemi legali del colosso bancario americano JPMorgan Chase non
sembrano avere fine. Come diretta conseguenza delle modalità con cui
opera l’intera industria finanziaria d’oltreoceano, la principale
banca d’investimenti degli Stati Uniti ha infatti collezionato
l’ennesima indagine aperta dalle autorità federali, con le quali avrebbe
però raggiunto un accordo di massima nel fine settimana per pagare
ancora una volta una sorta di tassa sulle proprie attività illegali ed
evitare in gran parte i guai giudiziari che ne dovrebbero conseguire.
Il
Dipartimento di Giustizia aveva in questa occasione messo sotto accusa
JPMorgan per la truffa dei titoli legati ai mutui “subprime”, venduti
agli investitori senza informarli dei rischi connessi. Come è noto,
questo genere di prodotti finanziari ad alto rischio fu al centro della
crisi esplosa nell’autunno del 2008. Molti dei titoli in questione erano
stati ereditati da altri due istituti bancari - Bear Stearns e
Washington Mutual - acquistati da JPMorgan nel 2008 a condizioni
estremamente favorevoli.
Il procedimento ai danni di JPMorgan era
scaturito, tra l’altro, dalla denuncia presentata dai giganti dei mutui
controllati dal governo federale - Fannie Mae e Freddie Mac - e da
un’indagine proprio su Bear Stearns del procuratore generale dello Stato
di New York, Eric Schneiderman.
Per risolvere la questione che,
assieme agli altri guai giudiziari, rappresenta un ostacolo alla
conduzione degli affari di JPMorgan, la banca di Wall Street è in
trattativa da tempo con le autorità del Dipartimento di Giustizia.
Secondo i giornali americani, a sbloccare la situazione sarebbe stata
una telefonata avvenuta nella serata di venerdì tra il Ministro della
Giustizia, Eric Holder, e il presidente e amministratore delegato di
JPMorgan, Jamie Dimon.
L’accordo con il governo dovrebbe così
risolversi in una sanzione-record da 13 miliardi di dollari che, pur
essendo la cifra più alta mai pagata da un’azienda privata, ammonta solo
a poco più della metà dei profitti raccolti da JPMorgan nel solo 2012.
Secondo il New York Times,
l’accordo potrebbe ancora saltare completamente e la sua finalizzazione
dipende soprattutto da quanto i vertici di JPMorgan saranno disposti ad
ammettere circa le proprie responsabilità sulla truffa dei mutui
“subprime”. Se dovesse infatti riconoscere il comportamento illegale di
dirigenti e dipendenti, la banca potrebbe assistere ad una valanga di
cause legali ai propri danni da parte degli investitori truffati.
La
questione più problematica sarebbe legata ad un procedimento criminale
parallelo aperto dalle autorità federali della California che, secondo i
termini dell’accordo, non verrebbe fermato dalla chiusura della causa
civile con il pagamento della sanzione.
Lo stesso Dimon avrebbe insistito in prima persona con Holder al fine
di far chiudere il caso aperto a Sacramento, ma il ministro di Obama,
almeno per il momento, continua a ritenere necessaria una simile azione
legale di fronte all’estrema impopolarità di JPMorgan.
Le prime
pagine dei giornali americani usciti nella giornata di domenica hanno
sottolineato l’eccezionalità della multa, così come la presunta
ritrovata fermezza del Dipartimento di Giustizia nel punire gli eccessi
di Wall Street. In realtà, tutte le sanzioni pagate finora e quelle a
cui dovrà far fronte JPMorgan non hanno alterato significativamente la
condotta della banca e, soprattutto, hanno fatto in modo che i suoi
massimi dirigenti venissero risparmiati da qualsiasi procedimento
penale.
Per stessa ammissione delle autorità di governo, d’altra
parte, istituti come JPMorgan sono considerati di fatto al di sopra
della legge e l’eventuale processo o arresto dei loro top manager
produrrebbe pericolose scosse per l’intero sistema finanziario.
Con
la connivenza dello stesso Dipartimento di Giustizia, perciò, JPMorgan e
altre grandi compagnie private operanti in svariati settori utilizzano
le sanzioni economiche emesse nei loro confronti come un contributo
necessario da assolvere per continuare a fare affari spesso al di fuori
della legalità.
La sola JPMorgan si è trovata implicata in questi
anni in numerose indagini non solo negli Stati Uniti ma anche
oltreoceano, come in Gran Bretagna, dove è in corso un’indagine relativa
ad una perdita da 6 miliardi di dollari della propria filiale di
Londra. Per far fronte a questi fastidi, la banca con sede in Park
Avenue, a Manhattan, ha appena stanziato qualcosa come 9,2 miliardi di
dollari per coprire le proprie spese legali. Ciò ha determinato il primo
trimestre in rosso da quando alla sua guida è stato nominato Jamie
Dimon alla fine del 2006.
Dei
13 miliardi di dollari che JPMorgan potrebbe pagare, 9 consisterebbero
in sanzioni, mentre 4 andrebbero a risarcire sottoscrittori di mutui in
difficoltà. Se confermata, la multa sarebbe di gran lunga la più pesante
mai concordata con una singola azienda privata negli Stati Uniti,
superando quella da 4,5 miliardi ai danni della compagnia petrolifera BP
per il disastro nel Golfo del Messico nell’aprile del 2010.
La
condotta di JPMorgan, in ogni caso, è tutt’altro che un’eccezione per
Wall Street, anche se le vicende ad essa legate hanno puntualmente
maggiore risalto viste le dimensione e l’influenza dell’istituto. Le
autorità federali americane sono infatti impegnate in una lunga serie di
indagini contro i giganti finanziari responsabili della crisi del 2008 e
di molti altri crimini.
Meno di tre mesi fa, ad esempio, l’FBI e
la procura federale di Manhattan avevano annunciato l’apertura di un
procedimento penale ai danni dell’hedge fund SAC Capital, accusato di
avere operato un sistematico schema di “insider-trading” tra il 1999 e
il 2010. Anche in questo caso, però, i suoi vertici verrano risparmiati,
come conferma la trattativa già in corso con il governo per il
pagamento di una sanzione da oltre un miliardo di dollari.
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