Nessuna riconciliazione con il governo. È l'annuncio fatto ieri da Al
Wefaq, blocco sciita di opposizione in Bahrein, dopo la liberazione di
uno dei suoi leader. Le autorità bahreinite aveva deciso il rilascio di
Khalil al-Marzooq, vice segretario della fazione, lo scorso 24 ottobre
dopo averlo arrestato con l'accusa di incitamento al terrorismo.
Ma nonostante la mano tesa del regime sunnita degli Al Khalifa, le
opposizioni non intendono sedersi allo stesso tavolo del governo. Non
prima di assistere a concreti cambiamenti strutturali e riforme
democratiche. No al dialogo nazionale, la liberazione di al-Marzooq
non è abbastanza, seppure molti osservatori abbiano letto nel rilascio
un'apertura senza precedenti da parte del governo. Venerdì in migliaia sono di nuovo scesi in piazza nella capitale Manama per chiedere riforme democratiche, manifestazioni concluse in scontri con le forze di sicurezza dell'emirato.
Dal febbraio 2011 la tensione è sempre rimasta alta in Bahrein, decine i
morti e centinaia gli arrestati durante le dure ondate repressive. La
cosiddetta Rivoluzione della Perla non si è ancora tradotta in
cambiamenti reali, a causa soprattutto del sostegno garantito a Manama
dai Paesi del Golfo e dagli Stati Uniti, presente nel Paese con la sua
Quinta Flotta. I giovani continuano a scendere in piazza, spesso da
indipendenti, non fidandosi più neppure delle opposizioni, considerate
troppo deboli e morbide nei confronti del regime degli Al Khalifa.
Il dialogo tra governo e opposizioni è stato avviato lo scorso febbraio,
ma non ha mai portato ad alcun tipo di soluzione politica: Al Wefaq
chiede elezioni per nominare democraticamente il nuovo governo, una
monarchia costituzionale e un parlamento regolarmente eletto dal popolo.
Per ora il Bahrein non ha ottenuto nulla: nel silenzio assordante delle
opinioni pubbliche occidentali, i giovani restano nelle piazze,
rischiando la libertà e la vita, continuando a subire arresti
indiscriminati e torture.
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