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25/10/2013

Tunisia in stallo, transizione lontana

Mentre la Tunisia attendeva le dimissioni, non pervenute, del governo guidato dal partito islamico Ennahda, ieri durante l'irruzione in un covo a Sidi Bouzid sono morte nove persone, sette uomini della Guardia nazionale e due presunti terroristi, nel secondo anniversario delle prime elezioni democratiche dopo la caduta dell'ex presidente Ben Ali. Immediate le ripercussioni sul clima politico piuttosto teso che regna nel Paese.

A Tunisi la conferenza stampa in cui il primo ministro Ali Larayedh avrebbe dovuto annunciare le dimissioni del suo governo, primo passo della road map che dovrebbe tirare fuori il Paese dallo stallo politico ed economico, è stata rinviata a data da stabilire. Intanto, in piazza una folla di circa diecimila persone scandiva slogan contro Ennahda: momenti di tensione con la polizia.

Il primo ministro ha detto che il suo governo si è impegnato a rispettare il "principio di lasciare il potere in linea con le differenti fasi stabilite dalla road map", aggiungendo che il suo partito è al servizio del popolo. L'accordo raggiunto a inizio mese prevede la formazione entro tre settimane di un governo provvisorio che porti la Tunisia alle elezioni. Entro un mese Ennahda e l'opposizione dovranno adottare la nuova Costituzione, la legge elettorale e stabilire la data del voto.

Il partito islamista salito al potere dopo la rivolta del 2011 è stato aspramente criticato per non avere saputo affrontare la crisi economica e il pericolo di un'espansione dei gruppi jihadisti, accusati di essere i responsabili degli omicidi di due importanti esponenti dell'opposizione: Mohamed Brahmi, dirigente del Fronte popolare (sinistra) e deputato dell'Assemblea costituente, lo scorso luglio, e sei mesi prima Chokri Belaid, altro leader del fronte di opposizione. Entrambi sarebbero stati uccisi da militanti del gruppo Salafist Ansar al-Sharia. Dall'omicidio di Brahmi, sessanta deputati stanno boicottando i lavori parlamentari.

Il braccio di ferro tra governo e opposizione continua. Le dimissioni dell'esecutivo sono la condizione per aprire il dialogo, in base all'accordo raggiunto qualche settimana fa con l'opposizione grazie alla mediazione del potente sindacato tunisino UGTT. Tuttavia, c'è ancora una situazione di stallo e la fase di transizione non è ancora iniziata.

Inoltre, prendono piede gruppi jihadisti. La scorsa settimana due poliziotti sono stati uccisi in un agguato nella regione di Beja, a Ovest della capitale. La violenza ha scatenato rabbia tra la popolazione tunisina e ai funerali degli agenti i colleghi hanno contestato il premier Larayedh e il presidente Moncef Marzouki, fino a costringerli a lasciare la cerimonia. Intanto, sono stati dichiarati tre giorni di lutto nazionale per gli agenti della Guardia nazionale morti ieri.

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