Mentre la Tunisia attendeva le dimissioni, non pervenute, del governo
guidato dal partito islamico Ennahda, ieri durante l'irruzione in un
covo a Sidi Bouzid sono morte nove persone, sette uomini della Guardia nazionale e due presunti terroristi,
nel secondo anniversario delle prime elezioni democratiche dopo la
caduta dell'ex presidente Ben Ali. Immediate le ripercussioni sul clima
politico piuttosto teso che regna nel Paese.
A Tunisi la conferenza stampa in cui il primo ministro Ali Larayedh
avrebbe dovuto annunciare le dimissioni del suo governo, primo passo
della road map che dovrebbe tirare fuori il Paese dallo stallo politico
ed economico, è stata rinviata a data da stabilire. Intanto, in piazza una folla di circa diecimila persone scandiva slogan contro Ennahda: momenti di tensione con la polizia.
Il primo ministro ha detto che il suo governo si è impegnato a
rispettare il "principio di lasciare il potere in linea con le
differenti fasi stabilite dalla road map", aggiungendo che il suo
partito è al servizio del popolo. L'accordo raggiunto a inizio mese
prevede la formazione entro tre settimane di un governo provvisorio
che porti la Tunisia alle elezioni. Entro un mese Ennahda e
l'opposizione dovranno adottare la nuova Costituzione, la legge
elettorale e stabilire la data del voto.
Il partito islamista salito al potere dopo la rivolta del 2011 è stato
aspramente criticato per non avere saputo affrontare la crisi economica e
il pericolo di un'espansione dei gruppi jihadisti, accusati di essere i
responsabili degli omicidi di due importanti esponenti
dell'opposizione: Mohamed Brahmi, dirigente del Fronte popolare (sinistra) e deputato dell'Assemblea costituente, lo scorso luglio, e sei mesi prima Chokri Belaid,
altro leader del fronte di opposizione. Entrambi sarebbero stati uccisi
da militanti del gruppo Salafist Ansar al-Sharia. Dall'omicidio di
Brahmi, sessanta deputati stanno boicottando i lavori parlamentari.
Il braccio di ferro tra governo e opposizione continua. Le
dimissioni dell'esecutivo sono la condizione per aprire il dialogo, in
base all'accordo raggiunto qualche settimana fa con l'opposizione grazie
alla mediazione del potente sindacato tunisino UGTT. Tuttavia, c'è ancora una situazione di stallo e la fase di transizione non è ancora iniziata.
Inoltre, prendono piede gruppi jihadisti. La scorsa settimana due
poliziotti sono stati uccisi in un agguato nella regione di Beja, a
Ovest della capitale. La violenza ha scatenato rabbia tra la popolazione
tunisina e ai funerali degli agenti i colleghi hanno contestato il
premier Larayedh e il presidente Moncef Marzouki, fino a costringerli a
lasciare la cerimonia. Intanto, sono stati dichiarati tre giorni di lutto nazionale per gli agenti della Guardia nazionale morti ieri.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento