C’è anche il governatore di Puglia Nichi Vendola tra i 53 indagati nell’inchiesta sull’Ilva di Taranto. Concussione ai danni del direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato. È questa l’ipotesi di reato contestata dal pool di inquirenti guidati dal procuratore Franco Sebastio
che ha notificato gli avvisi di conclusione dell’indagine nella quale
sono accusati del disastro ambientale e sanitario di Taranto Emilio, Nicola e Fabio Riva,
i vertici della fabbrica e, con capi d’imputazione differenti, anche
politici, funzionari ministeriali e locali, membri delle forze
dell’ordine, un ex consulente della procura, un sacerdote e il sindaco
di Taranto, Ippazio Stefano.
Negli atti dell’inchiesta “Ambiente svenduto” condotta dalla Guardia di finanza di Taranto,
il governatore era stato indicato come protagonista di una “vicenda
concussiva in danno del direttore regionale di Arpa Puglia Giorgio Assennato”
e chiamato in causa per l’ipotesi di “mancato rinnovo dell’incarico, in
scadenza nel febbraio 2011, per effetto delle sollecitazioni rivolte al
governatore Vendola ed ai suoi più stretti collaboratori — tra gli altri l’allora capo-segreteria, Manna
— proprio dai vertici Ilva”. In sostanza Vendola avrebbe fatto
pressioni su Assennato, su richiesta dei Riva, perché si ammorbidisse
nei confronti del siderurgico tarantino. Nelle diverse informative i
finanzieri, guidati dal colonnello Salvatore Paiano e dal maggiore Giuseppe Dinoi,
hanno infatti spiegato che “all’esito di quella vicenda concussiva e
per effetto di essa, in realtà il prof. Assennato ridimensionerà (nei
confronti dell’Ilva, ndr) il proprio approccio, fino a quel momento improntato al più assoluto rigore scientifico”.
Il
suo intervento, secondo l’accusa, su richiesta dei Riva avrebbe
permesso all’Ilva di neutralizzare le ostilità del direttore generale
dell’Arpa che, secondo quanto riferito in un intercettazione captata dai
militari, dopo l’intervento di Vendola “si è molto… responsabilizzato”.
Una “responsabilizzazione” che spinge l’avvocato Franco Perli a suggerire a Fabio Riva
di non intervenire oltre per la sua sostituzione perché “potremmo
trovarcene anche uno molto peggio”. Il nome di Vendola, secondo le
indiscrezioni, era già finito nel registro degli indagati da tempo, ma
era rimasto segreto perché il presidente della regione Puglia
non era mai stato destinatario di alcuna misura cautelare. Ma il lungo
elenco di indagati è un vero e proprio terremoto per l’intera Regione
Puglia.
Nel registro degli indagati sono finiti infatti anche l’assessore regionale all’ambiente ed ex magistrato Lorenzo Nicastro, l’ex assessore alle politiche giovanili Nicola Fratoianni,
accusati di favoreggiamento nei confronti di Vendola. Non
solo. Dello stesso reato dovranno rispondere il direttore generale
dell’Arpa Assennato e il direttore scientifico Massimo Blonda. Secondo il pool di inquirenti, anche dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dai sostituiti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani
e Raffaele Graziano (che ha coordinato le inchieste di due operai morti
nell’Ilva ora confluite nell’inchiesta per disatsro ambientale) i
vertici della Regione Puglia e dell’Arpa nell’interrogatorio dinanzi ai
finanzieri come persone informate sui fatti, avrebbero negato le
pressioni del governatore tentando così di coprire l’operato di Vendola.
Ma non è tutto. Perché nell’ultimo atto delle indagini preliminari spuntano anche i nomi di Donato Pentassuglia, consigliere regionale Pd accusato di favoreggiamento nei confronti di Archinà, e quelli del capo di Gabinetto Francesco Manna, del dirigente del settore Ambiente Antonello Antonicelli, dell’ex direttore dell’area Sviluppo economico della regione Puglia, Davide Filippo Pellegrino.
Per i pm, insomma, un intero apparato al servizio dell’Ilva che scende
anche nelle amministrazioni provinciali e comunali. Tornano infatti i
nomi dell’ex presidente della provincia di Taranto, Gianni Florido, e l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva
arrestati entrambi a maggio scorso con l’accusa di aver fatto pressione
su alcuni dirigenti perché concedessero all’Ilva l’autorizzazione
all’utilizzo delle discariche interne (poi autorizzate con decreto del
governo) e del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano,
accusa di non aver messo in atto come primo cittadino le misure
necessarie per bloccare i danni alla salute dei tarantini causati
dall’azienda.
Fonte
Sarà interessante vedere dove condurrà quest'indagine. La quantità e la ramificazione degli indagati è comunque di per se esplicativa del fatto che sistemicamente, la politica è completamente asservita agli interessi (distruttivi) del capitale, con buona pace di qualsivoglia supercazzola liberista.
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