Quasi otto milioni di persone precipitate in condizioni di povertà.
Cinque milioni di sfollati interni, due milioni e mezzo di civili
prigionieri nelle zone dei combattimenti più violenti. Con l'inverno
alle porte. Sono i numeri drammatici diffusi ieri da un rapporto delle
agenzie Onu sulla crisi umanitaria in Siria a due anni e mezzo
dall'inizio del conflitto.
Metà degli abitanti del Paese vivrebbe in condizioni di miseria:
dall'inizio del conflitto circa un terzo dei siriani è precipitato in
condizioni di povertà, che per 4,4 milioni è "estrema". Particolarmente
a rischio sarebbero quei 2,5 milioni di persone che vivono nelle zone
della Siria teatro dei combattimenti più violenti, non ancora raggiunti
dall'Onu. Valerie Amos, responsabile delle operazioni umanitarie
delle Nazioni Unite in Siria ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di
esercitare pressioni sul governo e sui ribelli perché lascino passare
gli aiuti umanitari nelle zone più isolate.
Sempre più drammatici anche i dati sul fronte sanitario. Secondo il rapporto, infatti, il
terzo inverno affrontato da una popolazione ormai stremata potrebbe
provocare più morti per fame, malattie e freddo degli oltre 112 mila
decessi causati finora dagli scontri. Con la metà degli ospedali distrutta o chiusa, la carenza di farmaci e la malnutrizione - circa una famiglia siriana su cinque rimane senza cibo una settimana al mese, secondo Save the Children - aumentano velocemente i casi di poliomielite e di decessi per patologie come tumori e diabete.
Con i raccolti abbandonati e una disoccupazione che ha raggiunto il 48,6 per cento,
gli operatori umanitari denunciano che la guerra sta riportando
indietro la Siria di decenni: solo per ricostruire case e
infrastrutture, infatti, ci vorranno almeno 30 miliardi di dollari. E la
cifra è destinata ad aumentare giorno dopo giorno.
I cinque milioni di sfollati interni, di cui due sarebbero bambini, sono
costretti a vivere in edifici disabitati, case pericolanti, scuole,
moschee, parchi o dimore di parenti. Con l'inverno alle porte, e
l'impossibilità di comprare vestiti più pesanti, si annuncia già una
nuova tragedia. L'allarme è particolarmente sentito per i più
piccoli, il 49 per cento dei quali non va più a scuola: l'anno scorso 2
milioni di bambini non hanno frequentato l'anno scolastico. Un
"silenzioso disastro", quello dell'educazione, a cui vanno ad
aggiungersi i traumi psicologici: secondo Yusuf Abd el-Jalil, direttore
dell'Unicef per la Siria, c'è il serio rischio di una "generazione
perduta".
Intanto continuano gli scontri nel Paese. Ieri un'autobomba è esplosa
davanti a una moschea a Wadi Barada, località in mano ai ribelli a
quaranta chilometri a nord-ovest di Damasco, provocando 40 morti, tra
cui ci sarebbe anche un bambino di sette anni. I miliziani curdi, che
stanotte hanno strappato il valico di al-Yaarubia ai jihadisti dello
Stato islamico dell'Iraq e del Levante, continuano a combattere contro i
gruppi legati ad al-Qaida nel nord-est del Paese.
Questi ultimi sarebbero costantemente "riforniti" di uomini provenienti
da Asia, Africa e persino Europa: è di questa mattina la notizia,
diffusa dall'agenzia stampa Dpa, di circa 200 islamisti tedeschi arruolati dai vari gruppi jihadisti in Siria.
"Più di 210 persone che conosciamo - ha dichiarato Hans Georg Maassen,
presidente dei servizi di sicurezza interni di Berlino - sono andate in
Siria, ma la dimensione reale non la sappiamo". Maassen ha precisato che
più del 60 per cento di loro avrebbe in tasca un passaporto tedesco:
tra loro ci sarebbero anche donne e, caso allarmante, un numero
crescente di minorenni.
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