29/10/2013
La difficile riconciliazione del Nord del Mali
Trascorsi poco più di due mesi dall'insediamento del nuovo presidente Ibrahim Boubacar Keita, che avrebbe dovuto spianare la strada a un processo di riconciliazione nazionale, il Mali continua a essere attraversato dai conflitti e dalle tensioni che lacerano il Paese sin dalla guerra civile scoppiata a marzo del 2012 tra governo, ribelli tuareg e gruppi islamisti.
Il 24 ottobre le forze di Francia, Nazioni Unite e Mali hanno lanciato un'operazione congiunta contro i gruppi armati ancora attivi nel Nord del Paese. Obiettivo dell'offensiva è evitare la reviviscenza delle forze islamiste legate ad al Qaeda, che un anno e mezzo fa avevano approfittato della ribellione dei separatisti tuareg per prendere il controllo di alcune città settentrionali. La decisione è stata presa all'indomani di un attacco suicida che ha ucciso due peacekeeper Onu del Ciad e un civile in un checkpoint all'ingresso della città settentrionale di Tessalit.
Si tratta della più grande operazione militare dall'intervento francese dello scorso gennaio che, pur avendo fermato l'avanzata dei militanti islamici verso Sud, non ha impedito loro di arroccarsi nelle zone desertiche e montagnose del Nord e di condurre periodici attacchi contro le forze francesi e internazionali. Negli ultimi mesi la zona settentrionale del Paese è stata teatro di una nuova ondata di violenza, alla vigilia delle elezioni legislative fissate per il 24 novembre.
Come ha sottolineato il colonnello francese Gilles Jaron, per ora gli incidenti sono stati abbastanza circoscritti e condotti da gruppi che non hanno le risorse né la capacità di intraprendere un conflitto su larga scala e a lungo termine. La Francia ha tremila uomini dispiegati nella sua ex colonia, ma prevede di ritirarne duemila entro la fine di gennaio, con diversi mesi di ritardo rispetto a quanto inizialmente annunciato. La responsabilità della sicurezza del territorio è stata affidata a luglio alla missione delle Nazioni Unite Minusma, che però attualmente ha a disposizione 5.200 caschi blu, contro i 12.600 originariamente previsti dal suo mandato. All'inizio di ottobre, l'Onu ha chiesto che fossero mandati in Mali uomini ed elicotteri per rafforzare la missione.
Sostegno alla nuova operazione nel Nord è stato espresso dai leader dei Paesi della regione, riuniti venerdì al summit dell'Ecowas, la Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale, il primo a cui ha partecipato il nuovo presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita, eletto ad agosto. Il capo di stato della Costa d'Avorio, Alassane Ouattara, che attualmente presiede l'organizzazione, ha riconosciuto gli sforzi fatti nel Paese per riportare la pace, ma anche messo in guardia contro le numerose sfide ancora da affrontare.
Le tensioni in Mali rischiano di minare il delicato equilibrio di poteri su cui si regge la stabilità di una regione in cui le sorti dei diversi Paesi sono legate tra loro sia sul piano della sicurezza sia su quello territoriale. Gli organismi regionali finora non sono stati in grado di fermare l'avanzata dei militanti islamici nel Sahel e nel Nord Africa; mentre le attività dei ribelli tuareg del Movimento nazionale per la liberazione dell'Azawad (Mnla), che rivendicano i territori sahariani del Nord del Mali, hanno attirato l'interesse delle minoranze berbere residenti in Mauritania, Libia ed Egitto.
L'accordo di pace firmato lo scorso 18 giugno tra il governo di Bamako e i ribelli tuareg, che ha consentito all'esercito di entrare nella città settentrionale di Kidal, roccaforte dei ribelli, per consentire lo svolgimento delle elezioni, non ha risolto un conflitto che ha segnato la storia del Mali sin dalla sua indipendenza dalla Francia nel 1960. I tuareg, infatti, continuano a controllare i territori del Nord e sono determinati a portare avanti la lotta fino a quando le loro rivendicazioni autonomiste non avranno risposta.
Ibrahim Boubacar Keita, noto con le iniziali Ibk, che ha preso il posto del presidente ad interim Dioncounda Traoré, ha imperniato la sua campagna elettorale sul processo di riconciliazione nazionale, che prevedeva la lotta contro i militanti islamici e la soluzione della questione secessionista dei tuareg. Una carta che Ibk dovrà giocare con molta attenzione e che è già costata cara al suo antico rivale Amadou Toumani Touré, che lo sconfisse alle elezioni del 2007, per essere rovesciato dal colpo di Stato di marzo del 2012, con l'accusa di non fare abbastanza per fermare la ribellione nel Nord.
Il processo di riconciliazione nazionale finora ha proceduto a singhiozzo, con i tuareg che a settembre si sono ritirati dai colloqui di pace, accusando Bamako di non rispettare i termini della tregua, e a ottobre sono rientrati a farne parte. Le speranze di una soluzione del problema si sono riaccese lo scorso martedì, quando il presidente è intervenuto alla conferenza sul decentramento delle minoranze etniche dei Paesi dell'Africa occidentale e ha detto che il Mali "darà risposte definitive alle frustrazioni dei nostri fratelli tuareg". Resta da vedere se Ibk terrà fede al suo soprannome "Kankeletigui": l'uomo che mantiene la parola data.
Fonte
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento