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04/02/2014

Ma Napolitano è così innocente?

Se scrive sul manifesto che l’accusa di attentato e tradimento mossa a Napolitano è giuridicamente «inconsistente», Azzariti sa di che parla e ha di certo ragione. Io, però, che sono di parte, l’avvocato di questo Presidente non lo farei e dirò di più: temo che la «consistenza» non assicurerebbe esiti positivi all’accusa e penso che argomentazioni giuridiche forti soffrano talora di una forte debolezza politica. Senza contare le questioni etiche.
 

Su un punto, mi pare, conveniamo: la china pericolosa, il processo degenerativo della politica, la manomissione di principi e forma di governo, l’esproprio della funzione legislativa. Per farla breve, sulla Costituzione forzata. Anche ora è forzata, nel silenzio del Colle, solitamente più che ciarliero, da una legge elettorale che nasce da intese tra il sindaco di Firenze e un pregiudicato, su basi che fanno a pugni con la sentenza appena emessa dalla Consulta.

Azzariti non nega il disastro; fa, però, di molte erbe un fascio – Quirinale, Parlamento, governo, partiti – e diventa fuorviante. Se è vero, infatti, che il sostanziale tradimento dello Statuto è ormai un reato che ha assunto addirittura carattere associativo, vero è anche che garante della Costituzione è anzitutto il Quirinale. Napolitano, quindi, non si scagiona né in tutto, né in parte, chiamando in causa le colpe di altri: è lì per impedirle. Il fatto è, purtroppo, che il Presidente non solo non ha contrastato il degrado, ma n’è stato spesso promotore. La guerra travestita da pace, i fondi sottratti al sistema formativo statale, per finanziare quello privato, non riguardano la Costituzione? Le leggi sull’immigrazione, col tragico codicillo di campi di internamento e innumerevoli morti affogati nel Mediterraneo, sono in linea con lo spirito della Costituzione? A quale «legge uguale per tutti», pensavano, il Presidente e i suoi consulenti, quando riabilitarono Craxi, dopo una condanna passata in giudicato, e trovarono legale il lodo Alfano, risultato poi incostituzionale? Quale Costituzione ha garantito Napolitano, quando ha conteso al Parlamento il diritto di decidere sulle spese militari e sui cacciabombardieri, che sono cibo tolto di bocca ai lavoratori ridotti alla fame e ai giovani senza lavoro? Cosa c’è di costituzionale nei reiterati inviti rivolti al Parlamento, perché approvi in tempi brevissimi leggi che richiedono ponderate riflessioni? Quando e come Napolitano legge i decreti che firma, se il governo li sforna all’ultimo momento e a stento i vituperati Cinque Stelle ne scoprono talora le magagne? Non s’è accorto il Quirinale che il pareggio di bilancio infilato nella Costituzione ha ridotto la politica a miserabile ragioneria?
 

Il Parlamento, scrive Azzariti, è «muto e umiliato». E’ vero purtroppo, ma si fa davvero fatica a parlare di «deputati», dopo tre elezioni politiche svolte con una legge palesemente incostituzionale. I «nominati», sono muti per loro natura e, più che subire umiliazioni, umiliano l’Istituzione di cui fanno parte senza mandato popolare. Qual è il Parlamento muto? Quello che a stento conserva una legittimità «tecnico-giuridica», ma non ha più quella etica e politica? La legge Calderoli, si potrebbe obiettare, fu Ciampi a firmarla. Ed è vero. Vero è anche, però, che sono trascorsi anni da quando Napolitano non sciolse le Camere e lasciò sopravvivere il governo Prodi; aveva preso atto: con la legge Calderoli non si poteva votare. Quando, però, Prodi non cambiò la legge elettorale, il Presidente non si dimise.
 

All’origine del tradimento ci sono i partiti? Ma i partiti non hanno l’obbligo di fare i garanti dello Statuto. Questo è compito del Presidente della Repubblica. Glielo hanno reso impossibile? Avrebbe dovuto, allora, denunciare al «popolo sovrano» la situazione di crescente illegalità e dimettersi. Il popolo, invece, Napolitano l’ha sempre ignorato. Non avrebbe mai dovuto accettare la rielezione, perché gliela offrivano Camere elette di nuovo con un legge che riteneva incostituzionale e partiti pronti a fare un governo che avrebbe inevitabilmente tradito gli elettori. Il voto era stato chiaro: non vogliamo destra e sinistra unite. Non avrebbe dovuto, perché è vero che la Costituzione non mette limiti ai mandati presidenziali, ma è verissimo che, ragionando così, se si può fare per due volte il Presidente, si può farlo anche tre volte e – perché no? – anche quattro e cinque volte.
 

Tutto ha un limite e noi l’abbiamo superato da tempo. L’accusa dei Cinque Stelle sarà giuridicamente infondata, ma è fondata politicamente e moralmente. Ricorda a tutti, partiti, Istituzioni, giornalisti distratti e cittadini, che il Presidente della Repubblica ha un compito soprattutto: garantire il rispetto della Costituzione. Napolitano non solo non l’ha fatto, quali che ne siano state le ragioni, ma ogni giorno, con insistenza che è di per sé autodenuncia, chiede a un’accozzaglia di «nominati», giunti in Parlamento grazie a una legge incostituzionale, di cambiare la Costituzione.
Ecco, questa richiesta, da sola, è un tradimento. Un oltraggioso tradimento.


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