Mente in Ucraina la situazione sta scivolando sempre più nel baratro della guerra civile, gli Stati Uniti puntano a rafforzare la propria posizione all’interno dei Balcani. La neutralità mantenuta dalla Serbia nei confronti della crisi ucraina, esplicitata dal rifiuto del governo di Belgrado di unirsi all’applicazione delle sanzioni volute dall’Occidente, unita alla grande popolarità di cui lo Stato russo gode tra la popolazione, sta difatti creando numerosi grattacapi al governo di Washington.
Una volta acquisite nell’orbita NATO Slovenia (2004), Croazia (2009), e Albania (2009), avviato il c.d. dialogo intensificato con la Serbia, e inserito Bosnia e Montenegro nel MAP (Membership Action Plan, l’ultimo passo prima dell’adesione), considerando anche il fatto che proprio nei Balcani sorge Camp Bondsteel, la più grande base militare statunitense all’estero dai tempi del Vietnam, a Washington regnava la convinzione che la “pacificazione” dei Balcani fosse al sicuro.
Ora che da Belgrado è arrivato il “no, grazie” alla richiesta di partecipare alle sanzioni, la paura di ritrovarsi uno o più Paesi vicini a Mosca nel cuore dell’Europa ha portato gli Stati Uniti ad affrettarsi per portare avanti la pratica nel minore tempo possibile.
Da qui l’idea di accelerare il processo di accettazione del Montenegro nella NATO, evitando altresì, qualora le cose andassero diversamente, la possibilità che Mosca abbia, anche se indirettamente, un facile sbocco sul Mediterraneo.
Una mossa che potrebbe avere quindi un duplice effetto: escludere ogni ipotesi di passaggio di Podgorica nell’orbita russa e aumentare la pressione nei confronti della Serbia, unico Paese ancora “in bilico” dell’area, affinché anche Belgrado tagli definitivamente i ponti con Mosca.
Tuttavia, in Montenegro la situazione è tutt’altro che chiara. Il governo, guidato dal quantomeno ambiguo Milo Djukanovic, si è subito schierato al fianco dei Paesi occidentali partecipando alle sanzioni, e ora sta cercando di sfruttare la crisi ucraina per convincere i Paesi della NATO ad accelerare il procedimento di accettazione. Lo stesso premier montenegrino, a margine dell’incontro avvenuto la scorsa settimana a Washington con il vicepresidente americano Joseph Biden, ha affermato che “è realistico attendersi che il Montenegro riceva un invito di adesione alla NATO dal prossimo vertice dell’Alleanza in programma a settembre nel Regno Unito. Spetta al Montenegro lavorare al meglio e produrre buoni risultati, che andranno a rafforzare le posizioni dei Paesi amici, dei quali gli USA sono il più importante”.
D’altro canto sembra proprio che la popolazione montenegrina non condivida gli sforzi portati avanti da Djukanovic. Secondo gli ultimi sondaggi più della metà della popolazione è contraria all’ingresso del Paese nella NATO. Lo scorso 4 aprile Podgorica è stata teatro di una manifestazione convocata proprio per esplicitare la volontà di non entrare nel Patto Atlantico.
Particolarmente radicale è la protesta portata avanti dalla minoranza serba, circa il 30% della popolazione, che ha proposto di regalare alcune terre situate a nord del Paese, vicino al confine con la Serbia, alla Russia per costruire una base militare.
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