La cosiddetta “operazione antiterrorismo” lanciata dal governo golpista ucraino all'inizio di aprile contro le regioni insorte dell’est doveva condurre, nei piani dei promotori locali e dei loro manovratori occidentali, a una rapida soluzione del problema delle Repubbliche Popolari nate nell’est del paese dopo il cambio di regime del febbraio scorso. Il nuovo presidente, l’oligarca Petro Poroshenko, aveva subito annunciato dopo la sua elezione il 25 maggio un’offensiva decisiva dopo mesi di attacchi per lo più infruttuosi e di controffensive sanguinose da parte degli insorti contro l’esercito ucraino e i nazisti. Ma anche in questo caso alle dichiarazioni altisonanti non sono seguiti grandi risultati, e le principali città delle ‘repubbliche’ di Lugansk e Donetsk sono ancora fuori dal controllo del governo di Kiev e di fatto indipendenti dal potere centrale. E’ ormai evidente che la ‘blitz krieg’ – la guerra lampo – dichiarata dai golpisti si è rivelata finora un fallimento. Per Semion Semenchenko, comandante filogovernativo del battaglione Donbass delle forze regolari ucraine, riprendere il controllo di quei territori non è una questione di settimane, ma di mesi.
E così mentre si continua a combattere nei pressi di tutte le roccaforti antigolpiste pare che le autorità di Kiev vogliano rimediare all’inettitudine del proprio esercito e alla strenua e organizzata resistenza delle milizie di autodifesa del Donbass aumentando l’intensità dei bombardamenti aerei iniziati nei giorni scorsi su Donetsk, una città industriale con più di un milione di abitanti martoriati dalle bombe sparate da obici e ora anche da caccia ed elicotteri. E facendo strage, oltre che di combattenti, anche di civili inermi.
E' avvenuto di nuovo ieri a Lugansk, dove le bombe sono piovute dal cielo sganciate dall’aviazione militare ucraina. Bombe a frammentazione - vietate dalle convenzioni internazionali - per aumentare l’effetto distruttivo dei blitz e mirare ai civili, con l’intento di provocare il terrore all’interno delle aree che sostengono i combattenti antigolpisti.
Dopo le denunce delle autorità locali indipendentiste, secondo le quali l’aviazione ucraina avrebbe colpito anche con razzi anticarro S-8, il governo di Kiev ha provato a negare che ci fosse mai stato un attacco aereo contro Lugansk, giustificandosi con un “utilizzo inadeguato" dei lanciagranate da parte di alcuni esponenti delle autodifese – cioè degli stessi attaccati. La versione del rappresentante di Kiev all’Onu, Yuri Serguéev, è stata ribadita più tardi dal portavoce del centro di comando delle operazioni militari dell’esercito ucraino nella zona, Alexéi Dmitrashkovski. Dopo qualche tempo è arrivata una nuova ricostruzione di comodo da parte questa volta di un rappresentante del governo golpista, secondo il quale a colpire l’edificio dell’Amministrazione Regionale di Lugansk sarebbe stato un razzo antiaereo delle difese popolari attivatosi casualmente, e che avrebbe mirato al palazzo attratto dal calore proveniente da uno degli impianti di condizionamento.
Ma poi sulla rete hanno cominciato a circolare varie immagini, alcune delle quali girate dalle telecamere di sicurezza operative nel centro di Lugansk, e i video mostrano la scia lasciata dai proiettili mentre puntano all’edificio che quindi smentiscono le versioni di Kiev secondo le quali l’esplosione si sarebbe verificata all’interno del palazzo dove ha sede il governo autonomo della Repubblica Popolare. E anche gli enormi danni causati alla costruzione e l’alto numero delle vittime smentisce che si sia trattato di un’unica esplosione occasionale. Lo stesso portavoce del dipartimento di Stato di Washington Jen Psaki, che giorni fa aveva dato il via libera all’assalto di Kiev contro le due regioni pur raccomandando una ipocrita ‘attenzione alle vittime civili’, non ha potuto fare altro in conferenza stampa che parlare di ‘dati contraddittori’ in merito all’accaduto. E alla fine le autorità golpiste hanno ammesso di aver bombardato il centro di Lugansk con circa 150 missili partiti dagli elicotteri e dai caccia di Kiev. Un bombardamento massiccio – e brutale – destinato secondo i nazionalisti a ‘sostenere le guardie di frontiera ucraine’ attaccate dai miliziani di Lugansk che erano in procinto di prendere il controllo di una loro postazione. Secondo la ricostruzione del Ministero della Difesa ucraino durante l’attacco i caccia hanno anche sparato bengala termici per depistare la contraerea delle autodifese e impedire l’abbattimento dei velivoli da guerra governativi come era accaduto la scorsa settimana a Donetsk. Anche l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europea – OSCE – in un comunicato ha riconosciuto che l’attacco alla sede dell’amministrazione regionale di Lugansk è avvenuto con missili sparati dai caccia. D'altronde durante la giornata di ieri molti siti web filonazionalisti titolavano a caratteri cubitali sull'inizio dei bombardamenti aerei contro 'i terroristi' a Lugansk, salvo poi cambiare frettolosamente le prime pagine dopo che le tremende immagini dei corpi maciullati dalle bombe cominciavano a fare il giro del mondo.
L’attacco di ieri ha provocato una strage: otto morti, tra i quali la ‘ministra della sanità’ della Repubblica di Lugansk Natalia Arjípova, e 28 feriti di cui alcuni molto gravi.
Altra strage, oggi, ma di soldati ucraini. Ne sarebbero morti ben 10, alcuni dei quali ufficiali, secondo fonti locali di Lugansk, a causa del cosiddetto “fuoco amico”. Caccia ed elicotteri di Kiev questa volta avrebbero colpito per errore il proprio sistema di comunicazione radar con una pioggia di bombe. Secondo la versione dei comandi l’aviazione era convinta che la stazione radar nei pressi del villaggio di Alexándrovka fosse stata occupata dai ribelli. Non è la prima volta che il “fuoco amico” colpisce le forze di Kiev: l’ultimo episodio risaliva alla scorsa settimana, quando elicotteri della Guardia Nazionale spararono contro elementi dell’esercito presso il villaggio di Volnovaja, nella regione di Donetsk.
Quelli contro Lugansk non sono stati gli unici attacchi delle ultime ore. Anche la martoriata Slaviansk è stata oggetto di una nuova operazione militare contro le milizie che si oppongono ai nazionalisti che si sono impossessati con la forza del potere. I combattimenti, secondo lo stesso ministro degli Interni di Kiev, Arsen Avakov, sono proseguiti per molte ore. Anche a Kramatorsk sono segnalati intensi scontri per il controllo del locale scalo aereo e alcuni edifici, tra i quali alcuni capannoni industriali, sarebbero stati bombardati e distrutti dalle forze golpiste mentre quattro miliziani delle autodifese sarebbero morti saltando in aria su una mina.
Ed oggi pomeriggio l’ospedale della città di Krasni Liman è stato seriamente danneggiato dai colpi di mortaio sparati dall’esercito di Kiev.
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