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24/09/2014

Angeletti apre il primo varco a Renzi per l'abolizione dell'Articolo 18

Non si è mai ben capito perché in Italia i sindacati non possono dire di no. A pensarci bene, è anche questa (come molte altre) una conseguenza dell'arretramento culturale che vive il nostro paese. Un arretramento legato ad un dibattito che è quasi sempre molta rappresentazione mediatico-spettacolare e pochi contenuti. E se questa rappresentazione mediatico-spettacolare detta l'agenda, tutti gli attori devono seguire il copione.

Quindi, andando nel concreto, se in tutti i talk-show e telegiornali si presenta in maniera caricaturale sul palcoscenico il personaggio del "sindacato che dice sempre no", poi succede che Cgil-Cisl-Uil hanno sempre un buon motivo per liberarsi di quella presa in giro e di presentare le cosiddette loro "aperture", o "disponibilità al dialogo", o "senso di responsabilità", e così via con altre formulette patetiche di quel tipo. Lo fanno in automatico con la giustificazione classica: "d'altronde non possiamo dire di no a prescindere". Nessuno che gli ponga mai una domanda fin troppo banale, ossia: perché no? Su un tema come l'Articolo 18 infatti, è fin troppo chiaro che il sindacato deve dire di no a prescindere a qualsiasi modifica peggiorativa per i lavoratori. Se non lo fa sull'Articolo 18, su cosa mai lo dovrebbe fare?

Solo che loro hanno bisogno di essere ammessi ai salotti buoni, e lì se dici di no a prescindere ti prendono in giro. Poco importa se dire di no è giusto, lì conta altro, contano i personaggi "cool". E dire di no a prescindere non è previsto sul copione.

Succede così che Luigi Angeletti (segretario nazionale della Uil, ndr) si lascia andare a questa dichiarazione: «Le forme di tutele che già ci sono, che sono oggi acquisite, non si toccano. Se poi si vuole provare a introdurre nel Jobs Act un nuovo tipo di contratto a tempo indeterminato con un sistema diverso sui licenziamenti illegittimi che riguardi le persone oggi disoccupate e possa, quindi, allargare la platea degli assunti, allora siamo disposti a discuterne. Se si tratta di dare qualcosa a chi non ha nulla certo noi siamo disposti a discutere sulla possibilità che quello che oggi dice l'art.18 possa non esserci».
In sintesi: via libera allo smantellamento dell'Articolo 18 per i nuovi assunti, basta che non si tocchi chi oggi ha già un lavoro. La cosa, detta dal capo di uno dei tre maggiori sindacati italiani, è agghiacciante. Ma invece passa quasi inosservata, perché ormai per gli italiani il teatrino delle "aperture" è la normalità.

Queste parole di Angeletti, anche a livello tattico, aprono un varco enorme a Renzi (e soprattutto ad Alfano...), che vede già la possibilità di spostare in avanti il "punto di caduta" del suo piano. Ad Angeletti tra l'altro andrebbe fatto notare che, oltre all'infame concetto di dividere in due il mondo del lavoro tra attuali garantiti e futuri lavoratori eternamente sotto ricatto, saranno "nuovi assunti" anche lavoratori che semplicemente cambieranno lavoro, o che pur rimanendo nello stesso lavoro dovranno essere riassunti magari per un cambio di ragione sociale (per fusioni societarie, cessioni di rami d'azienda, ecc.) della propria ditta.
I lavoratori che rimangono iscritti a questi "sindacati" purtroppo, nonostante le alternative ci siano, sono ancora milioni. Triste, incredibile, ma vero.

Redazione - 24 settembre 2014

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