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30/09/2014

Le bombe di Obama portano la pace tra jihadisti

di Michele Giorgio – Il Manifesto

La Cia non è quella della  serie “Homeland”: azione, intuito, preparazione, informazioni certe. Barack Obama ha riportato alla realtà gli amanti della  fiction americana. Gli Stati Uniti, ossia l’agenzia di spionaggio tanto osannata, hanno sottovalutato l’Isis e i suoi progressi in Siria, ha riconosciuto l’altra sera il presidente Usa durante un’intervista. Meglio tardi che mai. Un interrogativo è d’obbligo. Come ha fatto  la Cia a sottostimare jihadisti e qaedisti? Gli agenti del servizio segreto americano girano in lungo  e largo la Siria e, lo sanno anche le pietre, da tre anni  addestrano i miliziani dell’opposizione, l’Esercito libero siriano (Els) alleato di varie  forze jihadiste contro i soldati governativi.  A cominciare dal Fronte al Nusra (al Qaeda), cugino siriano e rivale  dell’organizzazione agli ordini dall’emiro Abu Bakr al Baghdadi.

Obama dovrebbe anche ammettere che i raid aerei della coalizione arabo-occidentale non riescono a fermare l’Isis che prosegue i suoi attacchi in Siria  e in Iraq. Da alcuni giorni i media internazionali riferiscono di obiettivi colpiti  e di successi “contro il terrorismo”. Nelle  ultime ore 60 miliziani jihadisti sono stati uccisi  in una  serie di attacchi compiuti dall’aviazione irachena nella provincia di Babilonia, a sud di Baghdad, nell’area di Jurf Al Sakher. Cinque miliziani sono rimasti uccisi in una esplosione avvenuta a Jalawla  mentre diversi civili sono morti in un attacco aereo contro un magazzino di grano tra Aleppo e Kobane, scambiato per una base jihadista. Almeno cinque persone inoltre sono state uccise da un colpo  di artiglieria dell’Isis sulla  città curda di Kobane, assediata da tempo, alla quale gli uomini di al Baghdadi si stanno avvicinando. Al passaggio di combattenti curdi del Pkk, che dalla  Turchia volevano andare in Iraq per affrontare l’Isis, si sono opposte le truppe di Ankara. Il leader  turco Erdogan sostiene che il suo paese (via privilegiata sino ad oggi per il transito dei jihadisti “globali” diretti in Siria) non farà  sconti nella lotta al terrorismo. Sul terreno però si è visto poco, a parte i 34 mezzi  corazzati inviati  a presidiare il versante turco del confine all’altezza di Kobane.

Un risultato i bombardamenti Usa lo hanno ottenuto: far riavvicinare l’Isis e il Fronte al Nusra, che nell’ultimo anno si sono  combattuti ferocemente per  il controllo dei territori siriani del “califfato”. Mohammad Joulani, capo  di al Nusra e nominato suo rappresentante in Siria da Ayman Zawahry (l’emiro di al Qaeda), nel fine settimana ha avvisato i popoli  occidentali che continuare a colpire in Siria porterà la guerra nei loro Paesi. «I vostri  dirigenti non saranno i soli a pagare il prezzo della guerra. Voi pagherete il prezzo più alto», ha avvertito al Joulani con un messaggio audio, condannando i raid aerei della  coalizione che hanno preso di mira anche le postazioni dei suoi uomini. I bombardamenti peraltro creano frustrazione tra  i miliziani dell’Esl  e degli  altri  gruppi anti-Damasco — i “ribelli moderati” che  Washington finanzia e arma — che,  hanno riferito le maggiori  agenzie di stampa, ritengono “ingiusti” i raid contro gli alleati di al Nusra e chiedono che gli attacchi aerei prendano di mira  il loro nemico: l’esercito governativo siriano e i combattenti libanesi di Hezbollah.

Secondo il quotidiano britannico Guardian, molte unità di al-Nusra in Siria  settentrionale si sono riconciliate con l’Isis e i comandanti militari delle due parti tengono riunioni congiunte per  pianificare le operazione di guerra. Anche se nessun accordo è stato formalizzato, l’alleanza tra al Nusra e Isis rafforza, e non poco, il fronte jihadista. Non solo. Sono possibili anche passaggi di miliziani di Nusra all’Isis, molte decine lo hanno già fatto  indicando che i due  gruppi presto potrebbero fondersi mettendo fine alla spaccatura in al Qaeda e alla rivalità tra al Baghdadi e al Joulani.

Ieri all’Assemblea Generale dell’Onu è intervenuto il ministro degli esteri siriano Walid Mualen che ha descritto la politica americana di finanziamento, fornitura di armi e addestramento a beneficio di alcune sigle del fronte dei ribelli  siriani «una  ricetta per l’aumento della  violenza e del terrorismo». La Siria, ha aggiunto Mualem, è a favore di ogni sforzo internazionale contro il terrorismo. Il ministro ha avuto una posizione soft nei confronti dei raid  aerei che la coalizione compie nel suo paese. Damasco da un lato condanna le violazioni della sua  sovranità e dall’altro resta in silenzio, nella  speranza più o meno  evidente, che  l’Amministrazione Obama rinunci alla posizione ufficiale di boicottaggio  totale del presidente Bashar Assad  e rilanci qualche forma  di dialogo e collaborazione con il governo centrale siriano. Possibilità che, almeno in pubblico, Obama e il resto dell’Amministrazione escludono categoricamente.

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