Il pasticcio della coalizione anti Tagliagole: non tutto ma di tutto. A Doha l’enorme base militare militare americana e la tv Al Jazeera. L’emirato fa affari con l’Iran e con Israele mentre foraggia la jihad sunnita che negli stessi Stati Uniti vede il principale nemico da colpire.
Nella raffazzonata coalizione internazionale che Barack Obama ha messo in piedi – si fa per dire – con il proposito di colpire seriamente l’Isis, spicca un caso piuttosto strano o, almeno, ancora più strano di altri. Vi partecipa infatti anche il Qatar.
Questo piccolo, ma ricchissimo emirato del Golfo è un vero groviglio di contraddizioni. Ufficialmente è un alleato tra i più stretti degli USA, tanto da ospitare nei pressi della capitale Doha un’enorme base militare americana. Sempre a Doha troviamo inoltre la sede della celebre emittente televisiva Al Jazeera, spesso paragonata, anche se impropriamente, alla CNN.
E’ pure l’unico Stato del Golfo a mantenere rapporti con l’Iran e, nel 2008, ha addirittura ospitato nel suo territorio una delegazione commerciale israeliana. Sembrerebbe insomma una presenza moderata in un’area dominata dal fondamentalismo.
In realtà si sa ormai da tempo che proprio il Qatar è il maggior finanziatore – assieme ai sauditi – delle forze combattenti del Califfato islamico sorto a cavallo tra Iraq e Siria, e che ora tenta di espandersi anche nel Libano.
Come ciò sia possibile è un mistero. Una sorta di Giano bifronte, che con la destra appoggia la politica USA in Medio Oriente, e con la sinistra arma e foraggia la jihad sunnita che negli stessi Stati Uniti vede il principale nemico da colpire. Anche i sauditi da questo punto di vista non scherzano, ma i loro governanti hanno almeno rilasciato dichiarazioni ufficiali di condanna del Califfato mettendo in guardia americani ed europei circa i reali pericoli che corrono, soprattutto a causa dei terroristi con cittadinanza occidentale che possono tornare nei rispettivi Paesi solo esibendo il passaporto.
Il Qatar, al pari dell’Arabia Saudita, ha l’ossessione degli sciiti. Nel 2011 aiutò infatti i sauditi a reprimere la rivolta della maggioranza sciita (70% della popolazione) nel vicino Bahrein. E nei confronti di Bashar Assad nutre un odio profondo, tradottosi nell’appoggio incondizionato alle formazioni jihadiste che combattono contro l’esercito regolare siriano.
Ma non è tutto. Nell’emirato sono attivissimi i predicatori che incitano alla guerra santa, tra i quali uno sceicco che è stato persino ospitato e intervistato da Al Jazeera, la presunta omologa araba della CNN. Non risulta che il governo qatariota si sia opposto né che abbia criticato l’iniziativa dell’emittente.
Infine il Qatar ha svolto un ruolo di rilievo anche nell’attacco franco-britannico alla Libia di Gheddafi, fornendo ingenti somme per finanziare la sventurata impresa e inviando pure la propria aviazione – insieme a quelle degli altri Emirati del Golfo – a bombardare le truppe del defunto dittatore. Insomma troviamo lo zampino di Doha ovunque.
A questo punto qualcuno dovrebbe spiegare come faranno i piloti degli aerei da guerra qatarioti ad attaccare con serietà ed efficacia i miliziani di un Califfato che proprio dal loro Paese ha ricevuto soldi in quantità e aiuti di ogni tipo. Si ammetterà, spero, che l’operazione è quanto meno aleatoria, e che l’intervento della succitata coalizione internazionale a guida USA rischia di diventare un flop colossale.
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