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28/09/2014

Nucleare iraniano: l’Atomica che noi sì e voialtri invece no


"Le distanze sono significative” ha riconosciuto l’americano al termine di otto ore di colloqui tra Teheran e i quattro del Consiglio di sicurezza (che le atomiche le hanno per davvero) più la Germania. Ultimo insuccesso dalla rappresentante uscente della politica estera Ue Catherine Ashton.
Grandi potenze e l’Iran si dicono ancora lontani da un accordo definitivo sul programma nucleare di Teheran, secondo quanto ha comunicato ieri sera a New York un responsabile dell’amministrazione americana. ”Le distanze sono significative” viene detto, anche se non si capisce quali siano per davvero. Quasi che quella firma di accordo sia inopportuna in questo momento. 8 ore di colloqui tra Teheran e il gruppo ”5+1”, i quattro del Consiglio di sicurezza (che le atomiche le hanno per davvero) più la Germania. Ultimo insuccesso della rappresentante uscente della politica estera Ue Catherine Ashton.

Eppure le speranze della vigilia erano molte. Soprattutto alla luce della sfida posta dall’Isis in Siria e in Iraq e a ciò che già sta facendo e cos’altro potrà fare l’Iran contro gli estremisti del Califfo. “Un ruolo che sarebbe cruciale”, si lancia a dire la prossima Lady Pesch. Nel nuovo corso impostato dal presidente Rohani c’è la speranza di avere rapporti stretti con tutti i Paesi dell’Ue e uno sforzo di disgelo anche nei rapporti con gli Usa. Il presidente iraniano ha assicurato che il nuovo corso ‘moderato’ a Teheran va avanti, seppure gradualmente e tenendo conto delle “tradizioni”. Molto chiaro.

Dall’Iran anche altri messaggi molto precisi e chiari. I progressi negoziali con i ’5+1′ sono stati finora lenti e che un accordo ci potrà essere solo se l’Occidente riconoscerà “il diritto” dell’Iran all’arricchimento dell’uranio per un nucleare “a scopi pacifici”, ritirando le sanzioni. Ma non ha mostrato di voler far saltare quel tavolo al quale il suo ministro Zarif è tornato a sedersi più volte con il segretario di Stato Usa John Kerry. Impressione diffusa che la ‘non firma’ sia un passaggio diplomatico per rassicurare alcuni amici Usa molto diffidenti sul tema. Vedi Israele e Arabia Saudita.

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