Look East, guardare ad Est. Nel 1991 il Primo ministro indiano Pamulaparti Venkata Narasimha Rao dava inizio al sistema di relazioni diplomatiche ed accordi commerciali che avrebbe portato l’India a rafforzare la sua posizione nello scacchiere asiatico. Principale obiettivo di questa mossa era il contrasto della crescente influenza del rampante e ambizioso vicino cinese. La Repubblica Indiana non sarebbe certo stata alla finestra mentre la Cina si ritagliava il ruolo di prima potenza dell’Asia. Da quel momento i governi indiani, indipendentemente dallo schieramento politico, non hanno mai abbandonato la Look East Policy, siglando accordi con molte delle nazioni asiatiche a loro volta interessate a non subire passivamente l’avanzata di Pechino. Il governo di Narendra Modi non fa eccezione, anzi, fa dell’attivismo a oriente un baluardo della sua strategia politica.
I recenti accordi bilaterali con i governi vietnamita e giapponese ne sono testimonianza. Il Presidente indiano Pranab Mukherjee si è recentemente recato in visita ufficiale in Vietnam – le relazioni tra i due paesi godono storicamente di ottima salute –, con l’obiettivo di ratificare accordi in merito a nuove esplorazioni petrolifere offshore nel Mar Cinese Meridionale.
Luogo e momento non sono, però, neutri: è proprio in queste acque che Hanoi e Pechino si contendono da anni le isole Paracel e Spratly, situate in una porzione oceanica potenzialmente ricca di petrolio. Il conflitto è tutt’altro che pacificato: le ultime tensioni risalgono a soli due mesi fa. La notizia dell’inizio di un’attività di trivellazione cinese, con tanto di scorta militare, a largo delle isole Paracel ha fatto esplodere violente manifestazioni in tutto il Vietnam. La situazione si è surriscaldata a tal punto da costringere il governo cinese ad approntare un piano di evacuazione per i numerosi concittadini oltreconfine. Si conta che tra i 30 mila ed i 70 mila cittadini cinesi abbiano deciso di abbandonare il Vietnam e rientrare in patria.
Gli accordi presi tra Delhi e Hanoi, però, riguardano aree al di fuori delle zone contese, fatto che testimonia una peculiarità della Look East Policy indiana: espandere la propria influenza in Asia, senza però entrare in diretto conflitto con Pechino. La decisione di proseguire gli accordi, nonostante gli scontri e le contese territoriali, potrebbe essere interpretata come la volontà di sottolineare una totale indipendenza delle proprie scelte dagli affari di Pechino. Non è infatti obbligatorio che il nemico dell’amico sia anche un proprio nemico, soprattutto in politica estera. Questa considerazione potrebbe valere anche per il credito di 100 milioni di dollari, concesso al Vietnam per l’acquisto di forniture militari indiane. Lo sviluppo delle esportazioni belliche – e del settore della difesa in generale – occupa una posizione fondamentale nel progetto di Narendra Modi. Un’esigenza, questa, che incontra perfettamente la volontà politica vietnamita di affrancarsi dalle importazioni cinesi.
La scelta indiana di partecipare, attraverso la pubblica Oil and Natural Gas Corp (ONGC), a nuove esplorazioni petrolifere asiatiche potrebbe anche rientrare nel piano di diversificazione dell’approvvigionamento in funzione degli incerti sviluppi mediorientali.
Pochi giorni dopo l’incontro tra il Presidente indiano e la controparte vietnamita Truong Tan Sang, è stata la volta dell’incontro tra Narendra Modi ed il Presidente cinese Xi Jinping. Un incontro all’insegna della cortesia – almeno di facciata – e della volontà di costruire una coesistenza armonica tra le due nazioni, stipulando nuovi e proficui accordi commerciali e lavorando per una soluzione definitiva delle dispute confinarie relative all’Arunachal Pradesh.
Entrambe le nazioni desiderano ritagliarsi un ruolo importante in Asia, cercando però di non aprire conflitti che potrebbero rivelarsi di difficilissima gestione ed evitando reciprocamente di pronunciarsi su questioni della politica interna altrui. Emblematici in questo senso, sono i silenzi cinesi sulla gestione del Kashmir Pakistano e quelli indiani sulla questione del separatismo uiguro.
Il rapporto tra i due paesi sembra il cammino di un funambolo in equilibrio tra accordi commerciali e continue piccole provocazioni, volte a testare la preparazione di un vicino mai trascurabile.
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