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24/09/2014

Nasrallah: “America, fonte del terrorismo”


«Secondo noi l’America è la madre del terrorismo, la fonte del terrorismo. Se c’è terrorismo nel mondo, guardate all’America». A dirlo è stato ieri il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. «L’America dà pieno sostegno al terrorismo dello stato sionista [Israele, ndr]. Lo aiuta militarmente, finanziariamente, legalmente e perfino pone il veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite».

La guida del “Partito di Dio” fa ricorso alla storia e agli ultimi avvenimenti nella regione per screditare l’azione militare a guida statunitense in Iraq e Siria: «chi ha gettato la bomba atomica sul popolo giapponese, chi ha ucciso in Vietnam e altrove, chi ha sostenuto il [premier israeliano] Netanyahu nei cinquanta giorni di guerra, non ha le qualifiche morali ed etiche per presentarsi come leader di una coalizione che combatte il terrorismo». E poi ha chiarito inequivocabilmente: «non combatteremo mai a fianco di un’alleanza che serve gli interessi statunitensi e non quelli della regione».

Secondo il leader di Hezbollah l’obiettivo dell’alleanza occidentale – a cui partecipano anche 10 stati arabi – non mira, come affermano le cancellerie occidentali, a combattere il terrorismo. Molti di questi paesi anti-Isis, sottolinea Nasrallah, hanno finanziato i jihadisti che combattono in Iraq e Siria. Ciò deve portare i popoli della regione a riflettere sul perché ora, invece, questi stessi paesi hanno deciso di attaccare i fondamentalisti. Il riferimento è in particolare all’Arabia Saudita e al Qatar che hanno sostenuto economicamente e militarmente i ribelli siriani nel tentativo di far cadere il Presidente Bashar al-Asad.

Nel suo ultimo discorso del 15 agosto, il capo del “Partito di Dio” aveva affermato che l’interesse statunitense di combattere lo Stato Islamico di Iraq e Siria (Isis) fosse nato solo quando i jihadisti avevano iniziato a minacciare il Kurdistan iracheno, regione strategicamente importante per gli interessi occidentali.

Nella seconda parte del suo discorso, Nasrallah ha affrontato la questione «umiliante» dei 26 soldati libanesi rapiti sette settimane fa dai qa’edisti di an-Nusra e dall’Isis nella cittadina di ‘Ersal nel nord est del Libano. Secondo il leader di Hezbollah i negoziati per il loro rilascio sono ostacolati dalle «prestazioni» di alcuni partiti che mirano solo a conquistare «punti in chiave politica». Ha quindi lanciato un accorato appello alle forze politiche ad essere unite superando i vari interessi personalistici «per il bene dei soldati, dell’esercito, delle loro famiglie e del Paese». Il riferimento è soprattutto ai rivali dell’“Alleanza del 14 marzo” che addossano ad Hezbollah le responsabilità del rapimento dei militari per il suo coinvolgimento nella guerra civile siriana.

Nasrallah si è poi difeso dai tanti «bugiardi» che in Libano accusano il suo partito di non voler negoziare con i jihadisti ribadendo come, sin dal primo giorno, abbia sostenuto l’azione del governo volta alla loro liberazione. «Noi non rifiutiamo il principio della negoziazione, né con le organizzazioni terroristiche, né con i gruppi takfiri. Non importa. Con Israele, vale lo stesso discorso. Alla fine è una questione umanitaria» ha dichiarato. Tuttavia, bisogna farlo «da una posizione di forza, non piangendo o implorando. Piangere porterà solo ad una catastrofe. Se c’è una speranza che questi soldati possano ritornare dalle loro famiglie, questa speranza risiede innanzitutto in un atteggiamento dignitoso».

Dei 33 membri delle forze di sicurezza libanesi rapiti ad agosto dall’Isil e da an-Nusra, cinque sono stati rilasciati e tre sono morti. Due per decapitazione.

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