Fatah e Hamas si sono incontrate stamattina al Cairo nel tentativo di implementare l’accordo di riconciliazione siglato ad aprile. Secondo quanto affermano le autorità locali, a dirigere l’incontro sarebbe stato il direttore dell’Intelligence egiziana Farid Tuhami. Durante l’incontro le due parti avrebbero discusso del governo di unità nazionale a Gaza e in Cisgiordania oltre alla ricostruzione della Striscia dopo l’offensiva israeliana. Al centro della due giorni di incontri vi è “il ritorno del governo di unità nella Striscia di Gaza e il ripristino della sua autorità senza ostacoli” ha detto all’AFP il capo della delegazione di Fatah ‘Azzam al-Ahmad.
I due partiti avrebbero anche concordato sulla necessità di indire al più presto le elezioni presidenziali e parlamentari
come, del resto, era stato concordato ad aprile quando le due parti si
sono di nuovo riavvicinate. Fatah e Hamas ritengono entrambe che spetta
al governo di unità nazionale sia la ricostruzione della Striscia, ma
anche lo spiegamento delle forze di sicurezza lungo i confini di Gaza
con l’Egitto. Come gesto distensivo il Cairo ha oggi aperto il valico di
Rafah permettendo agli studenti gazawi che studiano all’estero di poter
uscire. Secondo le fonti egiziane l’incontro sarebbe avvenuto in un
clima sereno ed è giudicato positivo.
Nel frattempo continua la missione diplomatica a New York del Presidente palestinese Mahmoud Abbas. Lunedì,
parlando nell’Union Cooper Hall, nella stessa sala in cui Abraham
Lincoln proclamò la fine della schiavitù, Abbas ha invitato il mondo a
pensare alla Palestina. “La comunità internazionale – ha
dichiarato il Presidente parlando in inglese – ha la responsabilità di
proteggere le nostre persone che vivono sotto il terrore dei coloni e di
un esercito. Lo dico oggi al premier israeliano Netanyahu: termina l’occupazione, fai la pace”. Abbas ha poi proposto un nuovo limite temporale durante il quale dovranno avvenire i prossimi negoziati con Israele.
Il piano dovrebbe essere annunciato in settimana alle Nazioni Unite.
“Sicurezza equivale a giustizia” ha detto tracciando un parallelo tra la
lotta del suo popolo e quella centenaria per i diritti civili negli
Stati Uniti. Il Presidente ha ricordato King e Lincoln e ha poi esortato
la comunità internazionale “a smetterla di nascondersi dietro agli
inviti a ritornare ai negoziati”.
Ma il discorso di lunedì è stata solo la
prima tappa del viaggio americano di Abbas. Ieri, infatti, il leader di
Fatah aveva incontrato il Segretario di Stato americano Kerry a New
York. I due hanno discusso dell’importanza di fornire aiuto umanitario a
Gaza dove più di 100.000 persone sono ancora senza un tetto. Il
Segretario statunitense ha ribadito la necessità di giungere ad una pace
secondo la formula di due stati per due popoli e si è proposto come mediatore nelle prossime negoziazioni.
Washington ha inoltre annunciato che darà
alla Striscia di Gaza 71 milioni di dollari: 59 milioni saranno
destinati ai progetti dell’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione), 12 milioni, invece, saranno distributi a varie organizzazioni umanitarie.
“A questa cifra – sottolinea il Dipartimento di Stato – “bisogna
aggiungere i 47 milioni di dollari per assistenza umanitaria annunciati
dal Segretario Kerry il 21 luglio. Per cui la somma complessiva supera i
118 milioni di dollari in aiuti”.
Ma se il clima politico e diplomatico è (apparentemente) disteso, tutt’altra atmosfera si vive nei Territori Occupati. A Hebron
migliaia di persone hanno partecipato ai funerali di Amer Abu Aisha e
Marwan al-Qawasmeh, uccisi ieri dall’esercito israeliano durante uno
scontro a fuoco. Secondo Tel Aviv i due avrebbero rapito ed
ucciso i tre giovani coloni a giugno la cui sparizione aveva dato inizio
ad una caccia all’uomo furibonda da parte d’Israele (centinaia di
arresti – principalmente di Hamas – e decine di vittime palestinesi). Il
governatore di Hebron ha parlato di “esecuzione” perché le autorità
israeliane non hanno fatto nulla per arrestarli e interrogarli.
La rabbia dei tanti palestinesi accorsi a dare l’ultimo saluto alle due
vittime si è tradotta subito dopo la fine delle esequie funebri in
violenti scontri con i soldati israeliani che hanno utilizzato pallottole vere e ricoperte di gomma. Al momento si contano 20 feriti da parte palestinese. Un uomo, colpito alla testa, sarebbe in condizioni gravi.
Rabbia e scontri anche a Gerusalemme vicino alla moschea di al-Aqsa.
Secondo testimoni oculari i tafferugli sarebbero stati provocati dalla
decisione delle autorità di Tel Aviv di cacciare i palestinesi dal sito
sacro per i musulmani. La disposizione avrebbe generato subito il
malcontento dei palestinesi che avrebbero incominciato a lanciare pietre
verso la polizia israeliana che avrebbe risposto usando gas
lacrimogeni, proiettili ricoperti di gomma e granate stordenti. Il bilancio è di 27 i feriti (di cui 12 intossicati dai gas inalati).
A Gaza, invece, hanno iniziato uno sciopero di tre giorni i dipendenti delle pulizie degli ospedali. Protestano perché non ricevono lo stipendio da cinque mesi. I lavoratori minacciano uno sciopero generale qualora la situazione non dovesse essere risolta al più presto. Fatah e Hamas si scambiano le accuse per il mancato pagamento, mentre il Ministro della Sanità di Gaza Ashraf al-Qidra ha avvertito delle gravi ripercussioni che potrebbe avere lo sciopero dei lavoratori. Soltanto la scorsa settimana 180 interventi chirurgici sono stati rimandati a causa dello sciopero degli addetti alle pulizie.
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