L’ombra jihadista che marcia su Beirut non è una promessa, ma quasi
una realtà. E dopo la decapitazione, da parte del fronte al-Nusra, di
Mohammed Hamieh – uno dei circa 30 soldati libanesi ostaggi della
formazione qaedista da oltre due mesi (Hamieh è stato il terzo soldato
decapitato dall’inizio di settembre, ndr) – ieri è stata la volta
dell’attacco a un posto di blocco di Hezbollah nel villaggio di
Khraibeh, nella valle della Bekaa. Tre miliziani sono rimasti uccisi e
numerosi feriti. La rivendicazione è arrivata immediatamente, firmata
al-Nusra: la stessa formazione cui gli Stati Uniti hanno indirettamente
regalato centinaia di milioni di dollari per combattere l’Isis assieme
alle altre formazioni ribelli sul territorio siriano. E stamattina
Hezbollah ha colpito in Siria una base di al-Nusra, uccidendo 23
jihadisti tra cui il loro leader Abdel Leith al-Shami.
Ora i servizi d’intelligence americani avrebbero individuato una
nuova minaccia jihadista proveniente dalla Siria e conosciuta con il
nome di gruppo Khorasan: guidato da Muhsen al-Fadhli,
un tempo vicino a Osama Bin Laden, il gruppo sarebbe uno dei più
pericolosi della galassia jihadista siriana assieme ad al-Nusra.
Khorasan ha annunciato questa mattina di voler marciare sul Libano, già
impegnato in un conflitto frontaliero con i miliziani di al-Nusra e sul
fronte interno con i loro sostenitori nel paese, a cominciare da quelli,
numerosissimi, presenti nella città di Tripoli e nelle enclavi sunnite
al confine con la Siria. Secondo una fuga di notizie da parte
dei servizi segreti libanesi ci sarebbero, inoltre, 40 cellule dell’Isis
attive in tutto il territorio libanese, pronte a colpire obiettivi
nemici come Hezbollah o le zone sciite, già abbondantemente devastate da
una serie di attentati e attacchi che vanno avanti da un anno e mezzo,
da quando cioè il Partito di Dio ha partecipato alla battaglia di Qusair
al fianco dell’esercito di Assad.
Nel mezzo sta il governo libanese e il suo debole esercito, che
all’inizio di agosto ha subito gravi perdite nell’attacco jihadista alla
cittadina di frontiera di Arsal, con decine di soldati e poliziotti
uccisi e rapiti. Alleata della coalizione internazionale
anti-Isis capeggiata dagli Stati Uniti, Beirut ha detto di voler
“prendere e non dare” nella lotta allo stato islamico, dal momento che
“combattiamo l’Isis a casa nostra”. “Il Libano – ha dichiarato
ieri il ministro degli Esteri Gebran Bassil – è nel cuore della
battaglia. Non abbiamo armi né jet per contribuire agli attacchi contro
l’Isis, ma al contrario abbiamo bisogno di armi, aerei e soldi per
combattere i jihadisti che sono a casa nostra”. Bassil ha inoltra
annunciato che il Libano non fornirà spazi aerei da sorvolare né basi
militari per gli alleati. Certo è che se i finanziamenti all’esercito
libanese non arriveranno in fretta, si assisterà a un’escalation di
“auto-difesa”: gli ultimi a scendere nelle strade sono stati, a
partire da agosto, i cristiani. Secondo fonti locali, stanno riattivando
le loro milizie per la prima volta dalla fine della guerra civile.
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