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26/09/2014

Napolitano e il bacio della morte.

Nel 2010, Napolitano iniziò l’assedio del Cavaliere con l’appoggio di Gianfranco Fini (Presidente della Camera e co-fondatore del Pdl) che indusse ad uscire dal Pdl, ma tenendolo nel suo ruolo istituzionale. Cosa che fu esiziale per Fini che trascurò di organizzare il suo partito. Morale: alle politiche Fini non è rientrato in Parlamento ed è sparito dalla scena. Stesso discorso per Pisanu che faceva parte della combriccola quirinalizia e di cui oggi non sappiamo più nulla.

Poi, l’operazione ammazza-Cavaliere si completò con Monti, che divenne il cavallo su cui il Quirinale scommetteva. Anzi, diciamolo, era il successore designato e Scelta Civica con l’Udc di Casini erano diventati il “Partito del Presidente”. Morale: Scelta Civica è stato un flop totale che ha preso meno della metà di quello che i sondaggi prevedevano e poi si è dissolta nel nulla, l’Udc è sparita, Monti si aggira sperduto in Europa.

Allora, l’infaticabile Presidente, stante anche l’incerto risultato elettorale, puntò tutte le carte sul giovane Letta, un ragazzo che avrebbe fatto tanta strada: da giugno a febbraio, dopo è stato rottamato da Renzi ed è sparito dalla scena.

A novembre, pur di salvare il governo Letta, il Colle non esitò ad incoraggiare Alfano, Quagliariello ed i loro ad uscire dal Pdl e costituire il Nuovo Centro Destra, determinante per il governo con il Pd: non servì a salvare Letta ed il Ndc divenne la ruota di scorta di Renzi che, intanto, tresca che è una bellezza con il Cavaliere, rendendo Alfano una comparsa di nessun peso. Morale: alle europee il Ndc ha rimediato un 4% per il rotto della cuffia e i sondaggi lo danno in caduta secca, mentre 18 suoi parlamentari sembra stiano per rientrare nel Pdl. Con l’Italicum non si sa neppure se il Ncd ce la farà a rientrare in Parlamento.

Fra le iniziative dell’infaticabile uomo del Colle si ricordano le due commissioni di saggi che avrebbero dovuto riscrivere la Costituzione: due fallimenti totali: un buco nell’acqua.

Dobbiamo cercare una spiegazione razionale al motivo per cui l’abbraccio quirinalizio risulta mortifero per chi lo riceve.
Il punto è la trasformazione di fatto del ruolo del Capo dello Stato prodotto dalla crisi: non più garante della Costituzione (che, anzi, invita a superare a piè pari) ma garante delle obbligazioni internazionali del paese, a cominciare da quelle finanziarie, diventando così, una sorta di commissario-garante dei creditori. In questo contesto, la mediazione parlamentare diventa puramente rituale e priva di reale valore (significherà pure qualcosa che questo è il terzo Presidente del Consiglio di fila non espresso dal corpo elettorale).

In questo quadro, i cambi di maggioranza sono pure “rivoluzioni di Palazzo”, delle quali non chiede neppure una postuma verifica elettorale e, l’unica volta che c’è stata, nel 2013 l’operazione quirinalizia è stata sonoramente battuta, ma questo non ha alterato le dinamiche descritte.

Ovviamente, tutto questo passa per il superamento della regola del consenso che, più che espresso è “presunto” attraverso la mediazione dei partiti di sistema. Quando si rende necessaria qualche alchimia che garantisca un qualche straccio di maggioranza si manipola il parlamento con scissioni e passaggi di campo ed il gioco è fatto. In questo senso a dare l’esempio fu, nel 1998, Cossiga che manovrò per far nascere un gruppo parlamentare nuovo intorno a Mastella (salvo rompere in due settimane), ma questo non è mai finalizzato alla nascita di una forza politica che si stabilizzi aggregando un apprezzabile consenso elettorale: sono operazioni “vuoto a perdere”. Una volta finita la funzione a cui servono, i parlamentari acquisiti vengono scaricati: i più furbi si ricicleranno in qualche altro partito, qualche altro verrà compensato con una nomina in qualche ente e gli altri torneranno nel nulla da cui vengono.

Pisanu, Fini, Casini, e prossimamente Alfano, sono solo i detriti lasciati sulla strada dalla cinica strategia napolitaniana. Con due solo eccezioni: Monti e Letta. Monti si sperava che desse vita ad un partito consistente, forse addirittura che potesse competere con gli altri due poli, ma l’illusione durò poco perché l’uomo era troppo inferiore al compito. D’altro canto, non è un mistero che Napolitano non vedeva con piacere la nascita di Scelta Civica: per lui Monti avrebbe dovuto mantenersi in un ruolo di super partes, con il laticlavio di padre della patria per potersi candidare a succedergli. Così non è stato, ma resta il fatto che questi partiti nati dall’alto, poi non reggono la prova elettorale ed anche quando prendono un po’ di voti, come Sc, poi si squagliano come un gelato sotto il sole d’agosto.

Diverso il discorso per Letta che si sperava controllasse il suo partito e che è stato disarcionato dal brutale fiorentino. Va detto, però, che anche quella era una operazione di palazzo: Letta non era il candidato alla Presidenza del consiglio, non era il segretario del partito ed, anzi, sino a quel momento era un giovanotto di belle speranze nella terza fila (forse la seconda) dei dirigenti del Pd. Soprattutto non aveva un seguito organizzato, nel partito e nel gruppo parlamentare, di qualche peso. Per cui non è stato difficile il gioco renziano.

Comunque tutte operazioni di palazzo con scarso seguito di base. E come tali, destinate a servire per operazioni ad hoc e poi scomparire: solo detriti sulla via del governo senza consenso.

Fonte

Questo articolo poteva anche titolarsi "Cronache di ventura del Generalissimo Napolitano".

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