Da una parte gli jihadisti dello Stato Islamico con carri armati e cannoni, dall’altra parte guerriglieri delle Unità di difesa popolare (Ypg) e del Pkk e tanti civili curdi armati solo di mitra e mitragliatrici. La battaglia per il controllo di Kobane, città curda del Rojava, si fa nelle ultime ore sempre più dura. Le avanguardie dello Stato Islamico sono entrate ieri nel centro abitato ed hanno preso possesso di alcune propaggini della città, mentre si combatte casa per casa nello strenuo tentativo di impedire la caduta di Kobane. Ma gli islamisti stanno bersagliando il centro abitato con decine di missili e cannoneggiano le postazioni della resistenza con i carri armati sottratti all’esercito siriano e a quello iracheno. Secondo molte fonti il 90% degli abitanti della città e dei profughi che vi si erano rifugiati nelle scorse settimane sono fuggiti, per la maggior parte a piedi, verso le aree più interne del Kurdistan siriano, ma a Kobane rimangono comunque intrappolati molti civili.
«Ormai tra noi e i jihadisti c’è meno di un chilometro – ha raccontato ieri alla Reuters un portavoce delle Ypg, Esmat al-Sheikh – Ci troviamo in un’area piccola e assediata. Non ci sono arrivati rinforzi e il confine [con la Turchia] è chiuso. Cosa mi aspetto? Uccisioni, massacri, distruzione. Siamo bombardati da carri armati, artiglieria, razzi e mortai».
Ieri la resistenza curda ha lanciato un ulteriore appello alle popolazioni dell’area affinché si uniscano alle Ypg contro lo Stato Islamico. "Resisteremo furiosamente. Questa città sarà una tomba per l'Is, l'inizio della sua fine – si legge nel comunicato –. Il nostro appello a tutti i giovani uomini e donne del Kurdistan è a essere parte di questa resistenza. Unitevi all'eroico YPG e portate questa resistenza al più alto livello possibile".
Intanto ci si aspetta da un momento all’altro l’intervento militare turco che, con la scusa di salvare Kobane e impedire che le milizie jihadiste arrivino fino al confine con Ankara, mira in realtà a stringere i curdi in una morsa e a mettere una porzione di territorio curdo-siriano sotto il diretto controllo delle forze armate turche, schierate con decine di carri armati, artiglieria pesante e circa 10 mila soldati sulle alture di confine. Su richiesta del presidente Erdogan il parlamento di Ankara ha votato ieri a stragrande maggioranza – 298 favorevoli e 98 contrari – la risoluzione che consente ai militari turchi di entrare nei territori di Siria ed Iraq e permette l'uso del territorio turco alle forze degli altri paesi della coalizione guidata dagli Stati Uniti, alle quali nelle ultime ore si sono uniti anche Canada ed Australia. Il regime dell’Akp e i media del paese utilizzano anche un argomento che sta molto a cuore a una parte della popolazione turca: la minaccia dei tagliagole di Al Baghdadi nei confronti del mausoleo di Suleiman Shah, nonno del fondatore dell'impero ottomano Osman I, che si trova in un’enclave turca in territorio siriano presidiata da alcune decine di militari di Ankara. Un argomento che, hanno rivelato alcune intercettazioni pubblicate su alcuni media d’opposizione, è stato accuratamente studiato negli anni scorsi, quando Erdogan sosteneva i jihadisti allo scopo di creare un ‘nemico’ che giustificasse l’intervento diretto della Turchia in suolo siriano.
L'agenzia turca Ilhas ha scritto ieri – ma mancano le conferme – che i tank turchi schierati al confine con la Siria nei pressi di Kobane hanno sparato colpi di artiglieria contro i jihadisti in risposta a tre proiettili caduti in territorio turco. Ma il primo ministro Davutoglu è stato chiaro sulle intenzioni di Ankara: l’obiettivo non è tanto quello di respingere lo Stato Islamico, a lungo sostenuto, armato e finanziato dal regime islamista turco, ma soprattutto quello di distruggere il governo di Assad.
Se le truppe turche invadessero il nord della Siria e stabilissero su quel territorio una ‘no fly zone’ – progetto perseguito da almeno tre anni – di fatto Ankara darebbe una mano agli islamisti di Al Baghdadi e di altri gruppi non meno estremisti ma – per ora – alleati del variegato fronte che si riconosce nella ‘coalizione dei volenterosi’ di Obama ed espressione soprattutto degli interessi delle petromonarchie arabe. L’intervento dell’esercito turco spingerebbe verso est la guerriglia curda e impedirebbe all’esercito siriano di intervenire contro gli islamisti, sottraendo una larga porzione di territorio alla sua aviazione. Una manovra a tenaglia concordata con Washington: i bombardamenti sulla città siriane di Raqqa e Aleppo stanno avendo l’effetto di spingere le milizie dell’Isis proprio verso nord aumentando la pressione sulla guerriglia curda.
Il governo siriano reagisce come può a questa tenaglia, e ieri il Ministero degli Esteri di Damasco ha ribadito che riterrà l’eventuale intervento turco nel suo territorio come un’invasione in piena regola. "Considereremo un’aggressione qualsiasi intervento turco in territorio siriano. La linea annunciata dal governo turco rappresenta una reale aggressione nei confronti di uno Stato membro delle Nazioni Unite e una flagrante violazione della Carta dell’Onu, che prevede il rispetto della sovranità nazionale e la non ingerenza negli affari interni" ha scritto in una nota il vice ministro degli esteri Maqdad.
Fonte
Caduta Kobane, la Turchia si darà via libera (o meglio la riceverà da USA e NATO) per fare gli affaracci propri in casa siriana e curda, magari impantanandosi in un decennio di logoramento militare con ISIL/Al Qaeda, ma mettendo via il risultato d'essersi levata dai piedi due competitori regionali di non poco conto.
A quel punto il caos deflagrerà in Libano e non troverei improbabile una recrudescenza nell'area dell'imperialismo israeliano, principalmente rivolto verso il paese dei cedri e l'Iran, col tacito assenso del resto delle potenze mediorientali, Arabia Saudita ed Egitto in testa.
Da notare che in caso di campagna militare vittoriosa per la Turchia, Erdogan porterebbe a casa un successo anche in politica interna, dove i settori sociali conservatori/nazionalisti non vedono l'ora di menare la mani ad ogni sorta di islamista e curdo.
Qui l'analisi e la cronaca aggiornata sulla situazione a Kobane redatta da NenaNews.
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