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02/09/2016

Israele - Pakistan - Emirati: esercitazioni aeree per un nuovo ordine mediorientale

di Michele Giorgio

I sostenitori di Barack Obama hanno recitato troppo in fretta il de profundis al progetto del “Grande Medio Oriente” tanto caro alla coppia George W. Bush/Condoleeza Rice e ai neocons statunitensi. Perché quel nuovo ordine mediorientale che doveva emergere da guerre e caos in Nordafrica e Asia centrale in qualche modo sta prendendo forma grazie proprio all’Amministrazione in carica. Le esercitazioni “Red Flag” che alla fine di agosto hanno visto i top gun israeliani volare nei cieli del Nevada assieme ai colleghi pakistani e degli Emirati arabi – quindi di due Paesi con i quali lo Stato ebraico non ha relazioni ufficiali – segnano una nuova fase nella marcia di avvicinamento tra Tel Aviv e i Paesi a maggioranza sunnita in atto da tempo e che è vista con grande favore da Washington. L’esempio più evidente è la collaborazione dietro le quinte tra Arabia saudita e Israele, in chiave anti-Iran. E se Riyadh flirta con Israele, allora possono farlo anche il Pakistan alleato di ferro dei regnanti sauditi e gli Emirati governati da altri monarchi desiderosi di ridisegnare un nuovo Medio Oriente, lontano dal vecchio schema imposto dal conflitto arabo-israeliano e dalla questione palestinese.

Per le forze aeree statunitensi le esercitazioni “Red Flag” sono un programma di addestramento di eccezionale valore, perché permettono a piloti di diverse nazionalità di provare insieme missioni di guerra e di difesa del territorio come se fossero parte di una stessa coalizione di Paesi alleati. Per una decina di giorni aerei da combattimento degli Stati presenti (c’era anche la Spagna), hanno preso parte a combattimenti simulati, a raid contro obiettivi molto lontani con rifornimenti in volo. Voci dicono che gli israeliani (e americani) si sono addestrati a come aggirare il sistema di difesa antiaerea S-300 che i russi hanno fornito all’Iran che lo ha prontamente posto a protezione della centrale nucleare di Fordo. Il comandante Usa Rick Mattson non si è sbilanciato sulle finalità dell’addestramento. Ha però raccontato alla stampa dell’impegno dei pakistani che, ha detto, vedono nella Red Flag «una opportunità non solo di migliorarsi all’interno delle forze armate nazionali ma di integrarsi meglio con gli altri (piloti di vari Paesi)».

Gli israeliani preferiscono parlare solo degli aspetti tecnici delle esercitazioni e dell’esperienza fatta nell’affrontare, con rifornimenti in volo, il viaggio di ritorno a casa in alcuni momenti con cattive condizioni meteo. A proposito della presenza nel Nevada dei piloti del Pakistan e degli Emirati, gli israeliani si limitano a dire che «gli inviti sono stati fatti dal paese ospitante», gli Stati Uniti. Eppure il governo Netanyahu sa quanto siano importanti queste manovre militari per consolidare i contatti sotto i tavoli con Paesi formalmente ancora “ostili”. Senza dimenticare che il Pakistan come Israele (e India e Sud Sudan), non ha ancora firmato il Trattato di non proliferazione nucleare e possiede un nutrito arsenale atomico. In passato ci sono state voci di contatti segreti tra funzionari israeliani e pakistani e un documento diffuso da Wikileaks ha rivelato che un alto ufficiale dell’esercito pakistano avrebbe avuto contatti con il Mossad israeliano. E dove non possono arrivare le manovre militari e la diplomazia ufficiale c’è sempre il mondo degli affari pronto a dare una mano. Qualche giorno fa si è saputo che una azienda israeliana specializzata in cyberspionaggio ha fornito agli Emirati arabi un software in grado di violare il sistema di sicurezza di iPhone e iPad e di sorvegliare gli attivisti locali dei diritti umani.

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