Come era prevedibile, nel centro destra si è scatenata la guerra civile per succedere a Silvio, sempre che ci sia davvero una successione da attuare. Mi spiego meglio.
Allo stato dei fatti, la successione è imposta, prima di tutto, dall’ineleggibilità del (ex) Cavaliere a seguito dell’applicazione della legge Severino. Cosa per la quale l’interessato ha fatto ricorso davanti alla corte di Strasburgo, sostenendo che, all’epoca dei fatti per i quali è stato condannato, la legge Severino non c’era e, pertanto, non è applicabile retroattivamente. Lo Stato italiano si è difeso dicendo che l’ineleggibilità non è una sanzione di tipo penale ma amministrativo, per cui non valgono le leggi sulla successione delle leggi penali (art. 2 del codice penale).
Personalmente, sono convinto che la corte di Strasburgo darà ragione a Berlusconi
perché sin qui la sua giurisprudenza costante è andata in questo senso:
penale o amministrativa, si tratta comunque di una sanzione che non può
essere irrogata retroattivamente.
Ed essendo un garantista penso che sia
giusto così, anche se il cavaliere mi sta simpatico come la candeggina
nel caffè. Comunque staremo a vedere. Ma in caso di vittoria, che farà Silvio, tornato candidabile?
Deciderà di tornare in campo? L’uomo ha
un ego smisurato per cui non c’è dubbio che la tentazione ci sarebbe e
forte. In quel caso, Parisi finirà rottamato in men che non si dica o,
al massimo, resterà come segretario del nuovo partito, ma il candidato
alla Presidenza del Consiglio sarà l’inossidabile uomo di Arcore
(“Parisi? Non ha il quid” ricordate come andò ad Alfano? Gli amori di
Silvio durano molto poco). Però le cose non sono così semplici e non è
solo questione di fedina penale.
A fine settembre saranno 80 anni, il che
non vuol dire molto, visto che abbiamo avuto il coraggio di eleggere
Presidente della Repubblica Napolitano che era alla soglia dei 90. Ma le
condizioni di salute glielo consentiranno? A giugno ha avuto un brutto
intervento al cuore ed, all’uscita dall’ospedale lo abbiamo visto tutti
in uno stato penoso: parlava di un intervento dolorosissimo e di non
aver immaginato prima quanto lo sarebbe stato. In fondo, nonostante il
suo ipertrofico ego, anche il Cavaliere resta un essere umano con tutte
le sue fragilità. E corrono anche voci peggiori sul suo stato di salute,
addirittura, in un noto ospedale milanese c’è gente che si spinge a
dire “non ha più di cinque anni di vita”. Non credo a queste voci e,
nonostante tutto, gli auguro di vivere a lungo, come lo augurerei
(quasi) ad ogni altro essere umano, però è un fatto che sembra piuttosto
azzardato una campagna elettorale nelle sue condizioni fisiche.
Poi c’è lo stato un po’ burrascoso dei suoi affari:
ha venduto il Milan, su altri affari manca la liquidità, l’assorbimento
della Rizzoli libri non sembra essere andato nel modo migliore e sono
riprese le voci per cui seguirebbe una ristrutturazione di tutto il
gruppo “Mondazzoli” per poi essere venduto ad un imprenditore straniero,
forse tedesco. Infine la questione con Bollorè sta finendo decisamente
male perché il francese se l’è maledettamente presa per un po’ di
maquillages sui conti della società ma si sa, i francesi non hanno senso
dell’umorismo e se la prendono per niente.
Comunque, con un barometro che segna
tempesta non è prudente mettersi in acqua per una nuova avventura. Anche
perché qui bisogna ricostruire tutto dalle fondamenta: Fi è sotto il
10%, gli alleati si sono fatti arroganti e i colonnelli sono una banda
di desperados senza arte né parte. La Gelmini? Toti? Brunetta? La
Brambilla? Sarebbe meglio la Boschi ed è tutto dire.
Se la sconfitta dovesse avvenire senza
Berlusconi in campo, l’interessato potrebbe sempre dire “Non c’ero io...”,
ma se avvenisse con lui alla testa non ci sarebbe attenuante ed il suo
orgoglio ne uscirebbe distrutto.
Credo che i figli abbiano chiaro tutto
questo e, appoggiati da Confalonieri, lo convincerebbero al “passo di
lato” nel caso di ritorni di fiamma.
Dunque, Parisi è la scelta obbligata:
se pure gli altri riuscissero a farlo fuori, sarebbe solo per
riprendere la guerra fra di loro e, messi tutti uno in collo all’altro,
non arriverebbero al ginocchio del vecchio leder.
Però Parisi ha bisogno di una
consacrazione. Sino a quando fosse il “nominato” dall’Unto del Signore,
sarebbe debolissimo. Deve conquistarsi una sua base ed un
riconoscimento, pena il trovarsi a capo di una tribù di cannibali
ubriachi. L’autorevolezza necessaria potrà venirgli solo da tre prove
cui deve sottoporsi: il referendum, la ricostruzione di una
struttura di partito che risponda a lui e non agli attuali feudatari ed,
infine, le primarie da stravincere.
Le prime due cose possono essere fatte
contestualmente: Parisi deve gettarsi nella mischia referendaria
recuperando l’elettorato di Forza Italia, compresi quelli che ormai sono
passati all’astensione. Ed lì che può guadagnarsi i galloni di capitano
e, nello stesso tempo, iniziare a ricostruire il partito in periferia.
La Tv è importante, ma gli occorre andare fra la gente non ripetendo
l’errore fatto nelle ultime due settimane di campagna elettorale
milanese. Poi le primarie saranno una strada in discesa, ma solo dopo.
Dopo sarà pronto alle elezioni nelle
quali, se vuole essere competitivo, deve recuperare tutto il pulviscolo
di centro (Ap, Ala eccetera), recuperare una parte dell’elettorato di Fi
andato all’astensione ma, soprattutto, recuperare quel 3-4% che è, in
questi anni, è andato al Pd. Operazione non impossibile, se si
presenterà come quello che vuol, rovesciare il “montismo” proseguito dal
Pd: tasse senza sviluppo e con default certo.
Stiamo a vedere che ne viene fuori, ognuno deve fare il suo mestiere, vediamo se Parisi è in grado di farlo.
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