di Rosa Schiano
Occupazione e insediamenti
coloniali israeliani, autodeterminazione del popolo palestinese e
rispetto del diritto internazionale sono i temi al centro delle cinque
nuove risoluzioni che il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni
Unite ha adottato lo scorso venerdì “sui diritti umani in Palestina e
altri territori arabi occupati”.
La prima risoluzione riguarda le alture del Golan,
riconosciute a livello internazionale come territorio siriano e occupate
da Israele dalla guerra dei sei giorni del 1967. Con questa
risoluzione, il Consiglio esorta Israele, in quanto potenza occupante, a
rispettare le risoluzioni dell’Assemblea Generale, del Consiglio di
Sicurezza e del Consiglio per i Diritti Umani, con particolare
riferimento alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza 497 (1981), che –
riaffermando come “inammissibile” l’acquisizione di territorio con la
forza – considera l’imposizione di Israele della propria
giurisdizione nelle alture del Golan siriano occupato illegittima e
priva di effetto giuridico.
Con la risoluzione, il Consiglio sollecita inoltre lo Stato
ebraico a cessare le attività di insediamento, a interrompere una
campagna portata avanti con lo slogan “Vieni nel Golan” e a smettere di
imporre cittadinanza israeliana e carte di identità israeliane ai
cittadini siriani nel Golan e adottare su di loro misure
repressive. Qualsiasi misura legislativa e amministrativa adottata da
Israele che abbia l’obiettivo di modificare lo status legale del Golan
siriano è nulla e non ha effetto legale, secondo la risoluzione.
Israele nel corso dell’Assemblea ha rigettato le cinque risoluzioni
definendole una “ripetitiva manifestazione dell’assurdità e del cinismo
del Consiglio” e ringraziando i paesi che non hanno espresso sostegno
alle risoluzioni in particolare “il proprio grande amico e alleato gli
Stati Uniti d’America”.
La seconda risoluzione adottata chiede che venga assicurata
responsabilità e giustizia per tutte le violazioni del diritto
internazionale avvenute nei Territori Palestinesi Occupati, compreso
Gerusalemme est.
A questo scopo, il Consiglio invita organismi
Onu a perseguire l’implementazione delle raccomandazioni contenute nei
rapporti della commissione indipendente di inchiesta del conflitto del
2014 a Gaza, la missione internazionale indipendente di inchiesta Onu a
esaminare le implicazioni degli insediamenti israeliani sui diritti
civili, politici, economici, sociali e culturali del popolo palestinese
nei territori palestinesi e tutte le parti coinvolte a collaborare
all’esame preliminare della corte penale internazionale e a qualsiasi
indagine che potrebbe essere aperta al fine di accertare le
responsabilità delle violazioni.
In una terza risoluzione sul diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, il Consiglio ha riaffermato il “diritto inalienabile, permanente e assoluto del popolo palestinese all’autodeterminazione, compreso il diritto a vivere in libertà, giustizia e dignità e il diritto ad uno Stato di Palestina indipendente”.
Con la quarta risoluzione sui diritti umani nei territori palestinesi occupati e Gerusalemme est il
Consiglio ha sottolineato la necessità che Israele si ritiri dal
territorio palestinese occupato nel 1967, compreso Gerusalemme est,
“così da permettere al popolo palestinese di esercitare il proprio
diritto internazionalmente riconosciuto all’autodeterminazione”;
il Consiglio esorta inoltre Israele a conformarsi alle disposizioni
della Quarta Convenzione di Ginevra, a porre fine alle pratiche che
violano i diritti umani del popolo palestinese, a porre fine al blocco,
alle restrizioni economiche e al diritto al movimento.
Tra le altre sollecitazioni, il Consiglio esorta Israele a
proibire “la tortura, compreso quella psicologica, e altri trattamenti o
punizioni crudeli, disumani, umilianti”, a “cessare
immediatamente le demolizioni o piani di demolizione che comporterebbero
il trasferimento forzato o lo sfratto coatto di palestinesi”. Il
Consiglio ha inoltre chiesto all’Alto Commissario di riportare
sull’implementazione della presente risoluzione, con particolare
attenzione alla detenzione arbitraria di prigionieri palestinesi e ai
detenuti nelle carceri israeliane nel corso della trentasettesima
sessione.
Con la quinta risoluzione sugli insediamenti israeliani nei Territori
Palestinesi Occupati incluso Gerusalemme est e il Golan siriano, il
Consiglio sollecita infine Israele a fermare le attività di
insediamento e a interrompere i lavori per la costruzione del muro.
In più, il Consiglio chiede agli Stati e alle organizzazioni
internazionali di non intraprendere azioni che legittimino l’espansione
degli insediamenti, attività che siano connesse ad essi, che favoriscano
l’espansione o la costruzione del muro e invita loro a distinguere,
all’interno dei propri accordi, tra il territorio dello Stato di Israele
e i territori occupati dal 1967. Il Consiglio ha deciso di convocare,
nella trentaseiesima sessione, una tavola rotonda sulle “attività degli
insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati, compreso
Gerusalemme est”.
Qualche giorno fa, un rapporto Onu dell’Escwa (Commissione sociale ed
economica dell’Asia occidentale) aveva incolpato Israele di imporre “un
regime d’Apartheid”. A causa delle pressioni ricevute e della richiesta
di Guterres, segretario generale dell’ONU, di ritirare il rapporto, la
Segretaria generale dell’Escwa, Rima Khalaf, rigettando tale richiesta,
ha rassegnato le dimissioni.
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