Per Raúl Rajner, segretario delle relazioni internazionali della CTA-A, il “Paro Nacional” del 6 aprile sarà “...il momento unificante delle differenti lotte che questa confederazione ha realizzato in tutte le regioni dell’Argentina il 6, il 7,l’8, il 22 e il 24 marzo, con scioperi settoriali e manifestazioni, per impedire al governo Macri di legittimare l’agenda delle riforme liberiste...”. Prime fra tutte l’imposizione di un nuovo tipo di contratto di lavoro e la revisione dei parametri delle pensioni, una delle conquiste storiche ottenute dai lavoratori argentini fin dagli anni cinquanta.
Uno sciopero generale che la CTA-A ha preparato per fermare l’Argentina mobilizzando tutti i suoi membri che, secondo le ultime informazioni, dovrebbero portare in piazza più di tre milioni di argentini. Infatti la CTA-A, con i suoi 250 organismi può contare su un milione di aderenti a cui si dovrebbero unire gli studenti e altri settori operai, tradizionalmente di fede peronista, ma politicamente scontenti con la “classe dirigente della CGT”, da sempre legata al Partito Justicialista.
E’ inutile dire che con l’elezione negli Stati Uniti di Donald Trump, il governo di Mauricio Macri ha scatenato un autentico attacco generalizzato nei confronti dei lavoratori, cercando di annullare tutte le “leggi del lavoro” che furono create dai governi di Nestor e Cristina Kirchner. Un attacco che è sostenuto da tutti i media argentini, in particolare, dal giornale “Clarin”, che in un recente editoriale sottolineava “...il costo della mano d’opera argentina è il principale responsabile della perdita di competitività dei prodotti argentini nei mercati internazionali...”.
In realtà, le difficoltà di numerosi settori dell’industria argentina si sono moltiplicati perché con la crisi dei prezzi petroliferi gli ordini o sono stati annullati, o ridotti del 50% o semplicemente sono stati posticipati, primi fra tutti quelli provenienti dal Venezuela e dal Brasile. In secondo luogo, il “Clarin” non dice che molti impresari argentini adesso stanno pagando il prezzo dell’ingordigia. Infatti, durante il secondo governo di Cristina Kirchner scoppiò una silenziosa guerra tra governo e impresari, poiché costoro, per non usare i propri capitali depositati nelle banche “off-shore” di Jersey e Cayman, pretendevano che il governo sovvenzionasse la modernizzazione tecnologica degli impianti, come al tempo della dittatura militare. Adesso, per abbassare il cosiddetto “costo del lavoro” gli impresari, in particolare quelli dell’industria alimentare, della tessile, delle telecomunicazioni e della metallurgia vorrebbero che il governo Macri decretasse una legislazione speciale per ridurre il valore dei contributi.
La “Greve Geral” fermerà il Brasile?
Se in Argentina la partecipazione popolare alla scadenza politica del “Paro Nacional” è garantita al 90%, in Brasile sussistono molte difficoltà per garantire la mobilizzazione popolare al 100%. Infatti, oltre al fattore continentale determinato dall’estensione territoriale del Brasile, il ruolo ambiguo e manipolatore dei media, in particolare la televisione e il giornale della famiglia “Marinho”, – vale a dire la “TV Globo” e il giornale “O Globo” – sono diventati il principale nemico del movimento popolare. Basti pensare che per confondere l’opinione pubblica in occasione delle manifestazioni del 15 marzo contro la cosiddetta riforma della previdenza sociale – concentrate soprattutto a Curitiba, capitale dello stato di Paranà – gli editori del gruppo mediatico “Globo” trasformavano un piccolo scandalo locale (vendita di carne bovina scaduta) in un’allarmante denuncia nazionale in cui i reporter della “TV Globo” e del giornale “O Globo”, grazie alla collaborazione di un ispettore della Polizia Federale, dicevano che tutta la carne venduta in Brasile, e in particolare nello stato di Paranà era putrefatta!
Per questo, il leader del Movimento dei Senza Terra, Joao Pedro Stedile dichiarava “...Per quanto riguarda l’attuazione del governo e della rispettiva maggioranza parlamentare le cose vanno di male in peggio! Nelle ultime settimane hanno approvato la legge sulla terziarizzazione, che secondo alcuni magistrati è quasi uguale al regime di schiavitù, poiché il potere che, adesso, i padroni possono esercitare sui propri lavoratori è enorme, al punto che oltrepassa il limite fissati dalla legge. Per fare questo, il governo e la maggioranza parlamentare hanno stracciato l’antico ordinamento giuridico della CLT e la propria Costituzione, grazie anche alla convivenza dei giudici del Tribunale Superiore Federale (STF), sempre pronto e disposto a difendere gli interessi degli impresari!”
Per concludere la sua agenda liberista “Made in USA”, il governo del golpista Temer vorrebbe far approvare, nel prossimo mese di maggio la riforma della previdenza sociale, secondo cui soltanto i lavoratori con stipendi alti avrebbero diritto alla pensione, mentre per coloro che ricevono il cosiddetto “salario minimo”, la pensione sarebbe cancellata e sostituita con un indefinito “aiuto sociale”.
Ma il peggio accadrà proprio nell’agricoltura, per questo Stedile ricorda che “...Dopo aver smembrato il Ministero dello Sviluppo Agricolo e cancellato tutti i programmi che promuovevano lo sviluppo dell’agricoltura familiare, adesso il governo Temer pretende di stimolare la vendita delle piccole proprietà, ottenute in passato con le occupazioni, alle imprese agricole straniere!”
Un contesto che, comunque, sta diventando sempre più conflittuale, perché il governo, i partiti della maggioranza, i media e tutti i settori della borghesia urbana che appoggiarono il colpo di stato indolore, l'impeachment contro il presidente Dilma Rousseff, adesso vorrebbero recuperare una nuova verginità politica per presentarsi nelle elezioni del 2018. Per questo, il 26 marzo, hanno convocato una manifestazione nazionale per dimostrare che il governo Temer “è amato dal popolo”.
Nonostante la copertura dei media, la manifestazione del 26 marzo è stata un completo fiasco, mostrando chiaramente il fosso che oggi esiste tra il governo e i lavoratori, tra i partiti della maggioranza parlamentare e il movimento popolare, al punto che la maggior parte dei pastori e vescovi delle chiese pentecostali ed evangeliche del Brasile – che ufficialmente appoggiano l’operato del governo – nell’omelia di domenica 26 marzo non hanno invitato i fedeli ad andare nella manifestazione in favore del governo.
Un fatto che impone una nuova lettura del contesto politico. Infatti secondo Joao Pedro Stedile “...Molte cose stanno cambiando all’interno dei settori popolari . Le manifestazioni spontanee realizzate durante le sfilate del Carnevale, con gli striscioni di FORA TEMER, sono state il primo segnale, che si è ripetuto l’8 marzo nelle manifestazioni delle donne. Quindi, penso che la classe operaia stia cominciando a capire che l’impeachment contro il governo di Dilma, in realtà fu un artificio per distruggere le leggi del lavoro, la Previdenza Sociale, oltre ad imporre ai lavoratori la terziarizzazione e la fine del contratto di lavoro. Per questo, sono convinto che il 28 aprile il FORA TEMER fermerà tutto il Brasile”.
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