Una delle misure più discusse del decreto legge sulla sicurezza delle città approvato dal Governo il 10 febbraio è il cosiddetto “daspo urbano”. Grazie a questa novità del decreto Minniti, il sindaco può imporre una sanziona amministrativa pecuniaria a “chiunque ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione” di certi luoghi cittadini (la norma parla di “aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze”). Chi tiene questi comportamenti viene allontanato dal luogo urbano. L’ordine di allontanamento è un atto scritto e vale per 48 ore. Se il destinatario dell’ordine di allontanamento lo vìola, deve pagare una sanzione pecuniaria doppia di quella che gli è stata irrogata per aver limitato “la libera accessibilità e fruizione” del luogo urbano.
Il decreto è in corso di conversione in legge: è già passato alla Camera e ora viene esaminato dal Senato. Durante la discussione alla Camera è stato attenuato un pochettino il concetto: la sanzione potrà essere irrogata solo a chi impedisce l’accesso ai luoghi (il testo iniziale faceva riferimento a coloro che “limitano” l’accesso). Comunque resta la sostanza della cosa: con un suo provvedimento amministrativo il sindaco può impedire a qualcuno di sostare in certi luoghi della città. La questione tocca delicate corde costituzionali: la libertà di circolazione, il confine fra sanzioni amministrative e sanzioni penali, il concetto di sicurezza, ecc.
Per capire come questo strumento potrebbe concretamente essere usato dai sindaci, conviene guardare a uno dei primissimi provvedimenti. Il 15 marzo scorso il sindaco di Seregno ha emesso un’ordinanza che si basa su alcune disposizioni del decreto sicurezza (ord. 43/2017 “Ordinanza contingibile e urgente in materia di tutela della sicurezza urbana e decoro del centro abitato”). La prima base normativa del provvedimento è la nuova formulazione del potere di ordinanza dei sindaci. Il decreto sicurezza modifica infatti l’art. 50 del Testo unico degli enti locali ampliando non poco tale potere. Finora i sindaci potevano adottare ordinanze solo per “emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”. Il decreto aggiunge che possono farlo anche “in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti”.
Dunque, l’ordinanza del sindaco di Seregno parte dal nuovo potere di ordinanza e vieta il “bivacco in tutto il centro abitato”; vieta inoltre di “consumare bevande alcoliche, al di fuori delle aree pertinenziali dei pubblici esercizi regolarmente autorizzati”. Il passo successivo dell’ordinanza si basa sulla norma del decreto Minniti che introduce il daspo urbano: chi viola i divieti imposti dall’ordinanza può anche essere allontanato qualora la violazione sia avvenuta nei pressi della stazione ferroviaria. Insomma, l’ordinanza di Seregno agisce in due tempi: prima vieta certi comportamenti che sono considerati contro il decoro urbano (bivaccare e bere alcolici lontano dai locali) e poi dispone l’allontanamento di chi trasgredisce quei divieti. Nel primo caso, applica il nuovo e più ampio potere di ordinanza, nel secondo caso, il nuovo potere di allontanamento provvisorio (il daspo urbano).
Tuttavia, il rafforzamento del potere di ordinanza deve fare i conti con la giurisprudenza della Corte costituzionale che aveva stabilito che tale potere deve essere circoscritto e rispettare il principio di legalità sostanziale (sent. 115/2011). In quel caso la Corte aveva accolto la questione perché le ordinanze incidevano sulla libertà delle persone: “incidono, per la natura delle loro finalità (incolumità pubblica e sicurezza urbana) e per i loro destinatari (le persone presenti in un dato territorio), sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati.”
Il rischio è che anche questa nuova formulazione del potere di ordinanza, collegato a generiche finalità (decoro, vivibilità urbana, incuria, degrado del territorio) possa portare a limitazioni della libertà delle persone. Rischio amplificato quando al potere di ordinanza si somma il potere di allontanare le persone da certi luoghi urbani.
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