La stanca riproposizione del mantra dell’unità politica del continente
scansa accuratamente di misurarsi con l’esame clinico obiettivo delle
condizioni del progetto. Si tratta di qualcosa di ancora vitale o no?
Perché, a sessanta anni dal fallimento del primo progetto di
unificazione politica dell’Europa, la Ced, si è sviluppata una crescente
integrazione economica e poi monetaria, ma l’unificazione politica si è definitivamente insabbiata?
Ci sono stati certamente fattori oggettivi
(per tutti: l’irrisolto problema linguistico) ma ci sono stati anche
ostacoli soggettivi. Ed allora, chi sono stati (e chi sono tutt’ora) i
nemici dell’unione politica europea? Iniziamo dai nemici interni.
In primo luogo, ovviamente i ceti politici nazionali,
a parole tutti europeisti ferventi (Inghilterra a parte), ma in
concreto preoccupatissimi di perdere potere e ridursi al rango di ceto
politico regionale. Ed al primo posto c’è il governo tedesco che con
questi equilibri fa quello che vuole, ma con un potere centralizzato
vedrebbe fatalmente ridursi il proprio e, soprattutto, a quel punto
la moneta sarebbe davvero la moneta dell’Unione e non il marco in uno
dei suoi più riusciti travestimenti.
A partire dalla bocciatura della
Comunità Europea di Difesa, decretata dal Parlamento francese nel 1955,
le classi politiche nazionali hanno costantemente ostacolato qualsiasi
progetto di integrazione politica e militare. Persino cose innocue e
simboliche come la brigata franco-tedesca, sono state lasciate morire
nel silenzio.
In questo quadro i più attivi affossatori del progetto europeista sono stati i diplomatici
che hanno speso le loro migliori energie per costruire una cattedrale
barocca priva di qualsiasi slancio vitale e la riprova venne con il cd
Trattato che adotta una Costituzione Europea di cui si parlò come di
“una costituzione senza Stato” (quindi sempre con l’idea di non dare
vita ad uno stato europeo) che, se ci si pensa su, è una cosa di totale
inutilità. Per di più era un testo illeggibile, lunghissimo (600 pagine:
non esiste nessuna costituzione così lunga in tutto il sistema solare),
incoerente, complicato e fatto in modo che non avrebbe mai potuto
funzionare. Un capolavoro di sabotaggio riuscitissimo. Poi la cosa fu
completata dai referendum di Francia e Paesi Bassi.
E si capisce perché: in una Europa unita
politicamente, non ci sarebbe alcun bisogno di 27 ministeri degli
esteri, centinaia di ambasciate reciproche e migliaia nel Mondo,
basterebbe un’unica diplomazia europea ed uffici di rappresentanza degli
ex stati membri. Cioè un trentesimo dell’attuale personale diplomatico.
E gli altri 29 che fanno?
E che dire dei comandi militari?
Di 28 Stati maggiori dovremmo farne uno, poi anche la distribuzione
delle forze nazionali sfuggirebbe alle dinamiche delle singole
corporazioni militari. E questi sono nemici particolarmente forti,
perché trovano nella Nato uno strumento di condizionamento in più. Il
minimo che ci si possa attendere è che anche loro cerchino di sabotare
il sabotabile. Allora diciamo che questi sabotaggi sono stati un aspetto
della nobile lotta in difesa dell’occupazione.
Poi, dalla diplomazia e dagli apparati tecnocratici nazionali è sorta l’ “eurocrazia”,
l’enorme e pagatissimo apparato che fra Bruxelles, Strasburgo e
Francoforte, ha in mano gli affari dell’Unione. Un apparato che,
naturalmente, non ha nessun interesse ad avere alcuna autorità politica
che lo controlli e diriga la politica europea. La commissione è
praticamente ostaggio di questo apparato che fa il bello ed il cattivo
tempo e del Consiglio, con le sue presidenze semestrali, non parliamo
nemmeno. E questo apparato, ovviamente, è un altro nemico giurato
dell’unità politica del continente.
Poi c’è il caso particolare della Bce,
un ente di natura privatistica che raccoglie le banche centrali che, a
loro volta, hanno board in buona parte composti dai rispettivi grandi
enti bancari. Insomma la creme del ceto finanziario europeo che può
fare quel che gli pare senza dar conto a nessuna autorità politica,
salvo il governo di Berlino. E dunque, un altro ente interessatissimo a
non avere fra i piedi un potere politico centrale.
All’elenco, ovviamente, non può mancare quella specie di circo equestre del Parlamento di Strasburgo
che se la spassa fra doratissimi ozi. Ma si può tenere un Parlamento
che dedica il suo tempo a stabilire quale debba essere il diametro
minimo delle vongole, quale la misura media dei cetrioli, o le misure
standard e la posizione dei bagni delle case di civile abitazione in
tutta Europa? Un Parlamento terreno di pascolo di tutte le lobbies
continentali che decidono che si possa fare il cioccolato senza cacao e
l’aranciata senza succo d’arancia e come debba essere la confezione dei
farmaci, perché occorre fare favori alle grandi industrie alimentari
tedesche e francesi, o alla lobby del design industriale. Ogni tanto si
affaccia qualche scandalo, subito assopito perché non c’è una
magistratura europea che possa vigilare sulla corruzione a Strasburgo,
ma state tranquilli che il giorno in cui fosse possibile farlo, il
centro del malaffare europeo sarebbe individuato a Strasburgo e persino
le amministrazioni di Napoli o Marsiglia sembrerebbero fulgidi esempi di
oculata gestione.
A leggere l’elenco delle decisioni del Parlamento europeo ci sarebbe da ammazzarsi dalle risate se non ci fosse da piangere.
Dunque c’è una grande alleanza fra ceti politici nazionali,
tedeschi e inglesi in testa, stati maggiori, tecnocrazia, Bce,
Parlamento Europeo il cui grande nemico è l’unione politica europea, ma,
siccome non sarebbe carino dirlo, tutti continuano a recitare la parte
di ferventi fautori del sogno di Altiero Spinelli, di Cattaneo, di
Mazzini, di Monnet...
Tutto quello che è stato fatto è
all’insegna del finto: come per l’”inno muto”, i disegni delle banconote
che riproducono opere d’arte inesistenti, la finta integrazione
universitaria ecc. L’Unione Europea, oggi è solo un’immensa scenografia
di tela e cartapesta.
Poi ci sono i nemici esterni
ed, ovviamente in primo luogo, gli americani che hanno interesse ad una
Europa immenso mercato unificato utile ad operazioni come il Ttip, ma
che ovviamente non hanno alcun interesse ad una Europa politica che si
mette in testa di giocare la partita in proprio e magari scioglie la
Nato.
Credo possa bastare, questo è il
quadro dei nemici che hanno fatto la guerra all’unità politica
d’Europa. L’hanno fatta e l’hanno vinta. Non c’è più niente da fare.
Mi sfugge il senso politico di questa carrellata di Giannuli.
Che tra gli stati membri e nelle gerarchie unitarie ci sia un pullulare di prebende non è una novità per nessuno, tranne magari i lettori del Fatto Quotidiano e tutti quegli sciocchi secondo cui la politica è solo buona amministrazione di mercato della vita sociale.
Che le classi dirigenti continentali possano avere interessi di bottega parzialmente divergenti dal grande capitalismo multinazionale che nella UE ha individuato nuovi orizzonti di accumulazione è altrettanto chiaro.
Quello che dovrebbe essere chiaro, invece, è che a chi sta sotto, della conflittualità intra-capitalistica frega il giusto. Perchè le classi dirigenti, a prescindere dal livello di affezione al progetto unitario, trovano comunque coesione da implacabile falange macedone quando si tratta di estrarre valore dai ceti subordinati, che andrebbero quindi istruiti alla lotta e al rifiuto del progetto UE senza tanti sofismi e distinguo che non è detto gli possano essere chiari con immediatezza e soprattutto, non gli servono a nulla nella battaglia quotidiana per la sopravvivenza.
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