di Stefano Mauro
“L’operazione per liberare
definitivamente il Qalamoun (Siria) e il Jurd Arsal (Libano) è
cominciata questa mattina (venerdì) in maniera simultanea”, ha
dichiarato un ufficiale siriano all’agenzia stampa Reuters.
Da qualche giorno l’esercito libanese si sta preparando per
una grande offensiva che ha come obiettivo quello di cacciare
definitivamente i terroristi di Daesh e del Fronte Al Nusra – circa
3mila miliziani – dalla regione orientale libanese. Secondo il quotidiano libanese Al Akhbar,
“i preparativi logistici e militari dell’esercito per liberare le
montagne di Arsal, Ras Baalbeck e Al Qaa sono quasi terminati e mirano
principalmente a garantire la sicurezza dei civili siriani e libanesi”.
In quella regione, infatti, durante il conflitto in Siria sono nati
diversi campi profughi “spontanei” che hanno accolto numerose famiglie.
Vista anche la conformazione particolare del territorio, però, si
sono insediati anche i combattenti jihadisti che hanno istallato alcuni
campi di addestramento con l’obiettivo sia di destabilizzare il
territorio libanese sia di utilizzare i campi come retrovia per i
combattenti in territorio siriano.
In questi anni sono stati numerosi gli attentati nella regione ai
danni delle forze di sicurezza libanesi: i recenti attacchi di fine
giugno, ad esempio, o quello del 2014 quando trenta soldati
dell’esercito furono presi in ostaggio dai miliziani jihadisti (nove
sono ancora prigionieri). I gruppi jihadisti hanno sempre
giocato sul fatto di potersi confondere con gli altri civili all’interno dei campi profughi dopo attacchi e successivi rastrellamenti.
La decisione di eliminare la minaccia salafita dalla regione
orientale del Libano è giunta dopo che il presidente della repubblica
Michel Aoun ha messo in guardia i libanesi contro “le manifestazioni di
ostilità nei confronti dei rifugiati siriani da parte della popolazione
locale” ed in seguito agli attentati di giugno.
Attacchi che,
anche in questo caso, hanno portato ad un rastrellamento nei campi ed
all’arresto di decine di civili. Pochi giorni dopo gli arresti,
l’esercito ha annunciato il “decesso di quattro siriani”
affermando che “i prigionieri avevano già problemi di salute prima della
loro reclusione”. Il caso, invece, ha portato alla richiesta da parte
di alcune ong per l’apertura di un’inchiesta indipendente, lasciando
supporre che “i quattro sarebbero potuti morire a causa di torture
subite in prigione” (fonte Al Manar).
Le polemiche per l’episodio e i continui attacchi nell’area
hanno inasprito le tensioni in un paese di quattro milioni di abitanti
che, in questi anni, ha accolto più di un milione di rifugiati siriani.
Martedì scorso il primo ministro libanese, Saad Hariri, ha dichiarato
alla stampa che l’esercito libanese “è pronto a lanciare un’operazione
militare nei campi informali a causa dei numerosi attentati terroristici
che hanno colpito i servizi di sicurezza nazionali”.
Nello stesso comunicato il premier libanese ha, però, tenuto a
precisare che “non c’è alcun coordinamento tra l’esercito libanese e
quello siriano”, forse per accontentare quella parte politica del suo
partito (Al Mustaqbal) che è vicina alle posizioni saudite e che
vorrebbe ancora la presenza dei miliziani jihadisti e l’ormai
improbabile caduta di Assad.
L’operazione, avviata da qualche giorno con bombardamenti da
parte dell’aviazione siriana, sembra, invece, ben coordinata. I siriani
stanno avanzando da ovest dalla città di Falita e le truppe
libanesi nella parte orientale dalla città di Arsal, con Hezbollah che è
presente su entrambi i fronti. “L’inizio della battaglia per
eliminare Daesh dal Libano è vicino”: questa è stata la promessa fatta
qualche giorno fa dal segretario generale di Hezbollah, Hassan
Nasrallah, nel suo discorso su Al Manar in occasione della
vittoria irachena a Mosul. “Cacciare i miliziani takfiri – ha continuato
– è l’unico modo per garantire la sicurezza del Libano e dei fratelli
siriani e libanesi”.
Una promessa fatta dopo che Hezbollah aveva tentato, il mese scorso,
un’ultima mediazione con i ribelli: deporre le armi in cambio di un
“corridoio” verso Idlib. Secondo il sito libanese Al Ahed News i
miliziani avrebbero richiesto, invece, “soldi ed un passaggio sicuro
verso i campi profughi di Jurd Arsal”. Richiesta respinta da parte delle
forze di sicurezza libanesi visto che “Beirut non permette a nessun
terrorista armato o ‘civile’ di restare in territorio libanese”.
L’intervento in Siria da parte di Hezbollah aveva come
obiettivo quello di difendere i confini libanesi dopo una crescita
esponenziale di attentati dinamitardi e auto-bomba nella zona
settentrionale di Tripoli, nella valle orientale della Bekaa fino agli attentati contro suoi esponenti politici e militari a Beirut (2011 – 2013).
Nel primo periodo il Fronte al Nusra e Daesh, infatti, avevano
provato a infiltrare diversi militanti o a reclutare nelle loro fila
combattenti jihadisti al fine di destabilizzare tutto il paese e per
“islamizzare” anche il Libano. Hezbollah, secondo diversi analisti,
potrà affermare ad operazione conclusa “di aver messo in sicurezza tutto
il territorio libanese dalla minaccia jihadista” dopo quattro anni di
intervento militare.
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