Nel paese dove secondo i media mainstream non ci sarebbero né la democrazia né la libertà d’espressione ieri Cecilia Garcia Arocha, la rettrice dell’Università Centrale del Venezuela, ha diffuso per conto della Mud i dati sulla presunta affluenza del “plebiscito” contro Maduro.
Prima di concentrarci sui numeri sarebbe bene però riflettere sulle informazioni che questa notizia porta in sé, e che invece, volutamente, i nostri mezzi d’informazione nascondono mentre il ceto politico di certa sinistra non riesce proprio a vedere. In quale “regime” la rettrice di un importante ateneo potrebbe coordinare per conto dell’opposizione le operazioni di voto in una consultazione paraelettorale contro un presidente legittimamente eletto? Una cosa del genere sarebbe solo ipotizzabile in Italia o negli Stati Uniti? Ve lo immaginate il rettore della Sapienza che insieme a quello della Statale di Milano coordinano le operazioni di voto in un referendum contro Mattarella? E poi, quale “dittatura” ha mai permesso di allestire tranquillamente 1933 seggi, di fatto illegali oltre che illegittimi, sul suo territorio?
Una volta trovata la risposta a queste domande passiamo ai numeri forniti dagli stessi antichavisti. Con una celerità degna del più efficiente degli stati nordeuropei dopo pochissime ore, giusto in tempo per le prime pagine dei giornali, la Mud ha dichiarato che avrebbero partecipato al voto 6.492.381 persone in Venezuela e 693.789 all’estero. E che di questi il 98,4% avrebbe detto “Si” al plebiscito per bloccare l’Assemblea Costituente.
Ora, volendo prendere per buone le cifre sparate dalla destra venezuelana (e noi di certo non lo facciamo) proviamo a usare la calcolatrice, come del resto avrebbe dovuto fare ogni giornalista prima di scrivere cazzate. Dividendo il numero dei votanti (6.492.381) per quello dei seggi (1933) si ottiene un’affluenza media di 3358.7 persone per ogni “punto soberano” (così erano chiamati i seggi). Chi legge e vuole un termine di paragone consideri che a Roma, ad esempio, le sezioni elettorali più popolose non vanno oltre gli 800 aventi diritto al voto registrati. Se poi dividiamo ulteriormente questo dato per 9, ovvero il numero di ore in cui è stato dichiarato che sarebbero rimasti aperti i seggi, scopriamo che domenica scorsa in Venezuela avrebbero votato mediamente 373,2 persone ogni ora, ben 6 al minuto.
Se davvero così fosse gli antichavisti dovrebbero registrare il record nel Guinness dei primati, magari rimedierebbero pure qualche altro dollaro con cui finanziare il golpe. Ma continuiamo a far finta di credere a questi numeri come il più cretino dei giornalisti nostrani. La cifra sparata dalla Mud è comunque ben lontana dagli 8 milioni di votati indicati come obiettivo prima del “plebiscito” ed è inferiore anche ai voti presi dalla stessa Mud nelle ultime consultazioni elettorali.
Andrebbe ricordato poi, ai feticisti della democrazia borghese, che i venezuelani iscritti nelle liste elettorali sono 19,5 milioni e che quei 7,2 milioni di presunti voti rappresenterebbero comunque una minoranza. Insomma, se doveva essere una prova di forza non è andata poi tanto bene. Anche perché in contemporanea con la mobilitazione reazionaria, milioni di chavisti hanno partecipato alle prove generali delle elezioni dell’Assemblea Costituente. Una dimostrazione di tenuta impressionante da parte del bolivarismo che, ovviamente, non ha trovato e non troverà spazio su nessun mezzo d’informazione occidentale.
L’impressione è che i giorni che separano il Venezuela dal 30 luglio, data indicata per l’elezione dell’Assemblea Costituente saranno i più delicati, con un’opposizione che proverà a giocarsi il tutto per tutto e che già per giovedì prossimo ha indetto una serrata generale e nuove manifestazioni di piazza.
Il “dualismo di potere” che ha caratterizzato la prima fase della rivoluzione bolivariana è destinato a rompersi definitivamente e chi ancora non ha scelto da che parte stare sarà chiamato a farlo. Noi stiamo col popolo venezuelano, con la sua rivoluzione e con Maduro. Senza sé e senza ma.
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